Non riesco ad avere un’idea precisa sul suicidio assistito perché se da un lato mi colpisce che uno, un giorno, decida che vuole morire e va a concludere la faccenda come se decidesse di operarsi di appendicite, dall’altro ho ancora impressi nella memoria certi numeri dei nostri politici e dei nostri preti sull’eutanasia e sull’accanimento terapeutico.
E quando non si hanno le idee chiare forse la scelta migliore è quella di misurare il tasso di libertà che la nostra posizione taglierebbe o incrementerebbe se fossimo chiamati a decidere.
Una scelta consapevole, in simili questioni personali, non può trovare appiglio né ostacolo nei pronunciamenti di massa. Ci si può semplicemente uniformare o dissentire.
Se sono contro il suicidio assistito, cerco un ospedale per curarmi e non una clinica svizzera. Non sarà una legge scritta da tromboni incipriati a influenzarmi.
Se invece i miei giorni diventeranno insopportabili vorrò valutare tutte le possibilità. Tutte tranne quella che qualcuno mi imponga di vivere in un corpo che non voglio più.
Peró, se non sbaglio, Magri non era malato. Solo stanco della vita. Questo, in qualche modo, cambia la prospettiva.
Non di corpo si trattava, ma di animo-a.
Le vostre indicazioni rafforzano il mio dubbio. L’unica certezza che mi ritrovo è nell’ultima frase del post.
la depressione può essere una malattia terribile, e, qualche volta, incurabile.
molti decidono di risolverla da soli. avere qualcuno che ci aiuti, in un modo più umano, e meno cruento, è un’ipotesi che conforta.
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