Minimo elogio dell’ira

Adirarsi è facile, ne sono tutti capaci, ma non è assolutamente facile, e soprattutto non è da tutti adirarsi con la persona giusta, nella misura giusta, nel modo giusto, nel momento giusto, e per la giusta causa.

Aristotele
“Etica a Nicomaco”, in “Opere”

Ho frequentato l’ira per qualche tempo (buio) della mia vita. Tuttora combatto per liberarmene in modo definitivo, e non sempre vinco.
Tuttavia trovo che, specie coi tempi che corrono, si tenda a raffreddare gli animi più per intorpidirli che per ricondurli a migliore ragione.
E’ vero, l’ira, a differenza dell’aggressività e dell’odio, non siede al tavolo della razionalità, non si ciba della padronanza delle azioni.
Fare a meno dei sentimenti estremi e autolesionisti è certamente cosa sana e giusta.
Non so che ne pensate, però secondo me bisognerebbe rivalutare il concetto di giusta misura (o modica quantità) dell’ira tanto per salvaguardare un certo mondo di valori che non ha bisogno di sorrisi patinati, di finta calma, di acquiescenza forzata, di ipocrita democrazia, di civilissima noia.
E’ vero l’ira è cieca e acceca.
Come l’amore, però.

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

8 commenti su “Minimo elogio dell’ira”

  1. Ho subito per anni l’ira di un superiore, per nulla cattivo, ma decisamente nocivo per sè e per gli altri. Non l’ho ancora perdonato. L’ira dell’altro può fare molto male. Col tempo può essere compresa, sopportata, a tratti ignorata, ma alla lunga finisce per deteriorare uomini e relazioni.
    Mi è capitato anche di condividere una breve ma interessante amicizia con una persona creativa e profonda, ma dannatamente iraconda. Me la sono fatta alla larga. Non mi interessano i sorrisi patinati, tantomeno i noiosi. Ma all’ira preferisco il cinismo ironico, semmai. E’ altrettanto veritiero, ma almeno è apprezzabile e qualche volta persino divertente.

  2. trovo che lasciarsi andare a manifestazioni incontrollate di ira sia il sintomo esteriore di un’anima e di un carattere forse non ancora completamente forgiati perchè non controllabili,in tempo reale,da una ferrea e lucida analisi mentale che metta nella logica sequenza spazio temporale le proprie azioni con le conseguenze dirette ed indirette delle stesse..è anche vero,però ,che io appartengo a quella categoria di persone “a sangue freddo”,che ,anzichè adirarsi di fronte a situazioni o persone indisponenti o peggio aggressive o addirittura dolorose,ergono immediatamente fra sè e loro un muro provvisorio,fatto di distacco e freddezza,che non può essere ,in nessun modo,definito acquiescenza o passività..io, in quel nano secondo sto decidendo ,come un bravo giocatore di scacchi,qual’è la mossa più adatta da fare in quel minuto ,che, in genere è quella di non rispondere all’esplosione di ira altrui o ad una qualsiasi provocazione ambientale con un’altra di uguale intensità..ma mai mi sono sentita la più debole anzi..la mia forza interiore sta nello scegliere,con lucida determinazione ,quando,dove ,come,perchè e soprattutto con chi adirarmi,sapendo prima esattamente quali saranno le conseguenze…ovviamente, voi potreste obiettare che questa non è ira,ma piuttosto premeditazione,e ve la potrei pure dare per buona se non fosse che questo processo decisionale si realizza in una manciata di secondi..per cui ,mi rendo perfettamente conto che non essere in grado di controllare le proprie reazione sia un vero handicap per chi sia comunque munito di un sufficiente quoziente intellettivo,ma ,per favore, non spacciatelo per genuinità di animo o capacità di provare sentimenti ed emozioni talmente forti,che”debbono uscire a tutti i costi”..io ,che ragiono prima di esplodere,non mi sento nè anaffettiva,nè “addormentata o intorpidita” difronte alle situazioni che mi si presentano..e non mi sento meno genuina degli iracondi.ma forse vivo meglio.anzi scusate,me la cavo meglio..

  3. ira, irosi, iracondi… e collera, scarlatta e senza controllo. sono termini negativi, associati ad emozioni che esplodono sopraffacendo e spesso soggiogando. annientando persino le ragioni che le scatenano.
    relegati nell’apposito girone dell’inferno dantesco i rappresentanti di questo sentimento, ci si scorda forse la “giusta” ira biblica del signore, che nondimeno faceva ferocemente – e senza troppe spiegazioni – piazza pulita degli empi.
    ora, quasi nessuno (tranne forse il nostro premier e qualche altra mente dissestata) vuole paragonarsi a dio, ma una rivalutazione dell’ira va forzatamente fatta, è da troppo tempo auspicabile.
    un’ira evoluta, che non ci soffochi ma ci dia voce, che ci faccia anche soffrire (è un’esperienza dolorosa), ma esortandoci al movimento e alla trasformazione. che ci costringa a prendere atto di ciò che non può e non deve piacerci ed agire di conseguenza. magari, quando è il caso, rivolta persino contro noi stessi, i nostri piccoli tradimenti, tristi dimenticanze e infime indulgenze.
    insomma, un’ira che sia stata capace di germogliare in indignazione, trasfigurarsi in coraggio, e ci accompagni con la sua passione. ricordandoci la dolcezza e la spontaneità della resa ai nostri impulsi.

  4. Glissare e sorridere. Non sempre ci riesco, ma di fronte agli accessi d’ira il mio primo istinto è quello di defilarmi, gettare lì una battuta acida, un mezzo sorriso amaro, girare i tacchi e via! Lontano dalle smorfie di rabbia, dalla violenza delle parole urlate. Tutto così tossico e inquinante.
    E poco mi importa se questo atteggiamento viene scambiato per acquiescenza o arrendevolezza.

  5. Beh, stando a quanto dice Aristole in qualcosa si sbaglia sempre. Non è da tutti ammetterlo.

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