Tolleranza

Si fa un gran parlare di tolleranza. Verso gli immigrati, verso gli altri, verso quelli che riteniamo diversi. E nel discuterne si ammanta il termine, e soprattutto il concetto, di un significato quasi sacro quindi assiomatico. Bisogna essere tolleranti perché è giusto esserlo e perché non esserlo rappresenta un danno a se stessi e alla società.
In realtà tutto sarebbe più semplice se si riuscisse a far passare una considerazione elementare: la tolleranza è un atto di estremo egoismo, un sano pensare a sé fingendo di pensare al prossimo.
Ad essere tolleranti si guadagna in salute, si perde meno tempo in pensieri inutili.
Al giorno d’oggi il tollerante è un furbo travestito da altruista.

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

28 commenti su “Tolleranza”

  1. Concordo assolutamente e penso che propedeutica della tolleranza sia la furbizia, sua conseguenza invece l’essere vincenti. Ma quanto è difficile tollerare, quanto?!?

  2. Attitudine a mostrarsi ragionevoli, comprensivi verso idee, credenze religiose, sistemi politici diversi o contrari ai propri: t. religiosa; la democrazia si fonda sulla t.; i fanatici non conoscono la t.
    ‖ estens. Disposizione all’indulgenza, alla comprensione per i comportamenti altrui: mostrare t. per i difetti di un amico; un individuo senza spirito di t.

    C’è qualcosa di sbagliato?

  3. Io preferisco pensare in termini di “comprensione” o di “rispetto delle differenze” (di qualunque natura siano), invece che di “tolleranza”. Ho sempre ritenuto che il termine “tolleranza” contenga una sfumatura che vira verso la “sopportazione forzata”. E la sopportazione forzata la trovo sgradevole e controproducente.

  4. Abbattiamo, sono d’accordo. La tolleranza dovrebbe essere una fase di passaggio. Dovrebbe portare al rispetto.

  5. Che poi si possa fare finta di essere tolleranti quando non lo si è, è abbastanza generico. Si può fare finta di essere un sacco di cose.

  6. Silvia,
    secondo te, quindi la tolleranza dovrebbe condurre al rispetto?
    Io concordo perfettamente con Abbattiamo: la tolleranza è una sopportazione forzata e, credo, trova origine in una forma di educazione al rispetto verso gli altri.
    Quindi non è la tolleranza che porta al rispetto, piuttosto è il contrario.
    La tolleranza è uno stadio successivo, forse un’aberrazione stessa del rispetto, che Gery ha sintetizzato.

  7. Quoto pienamente Abbattiamo.
    Si tollera qualcosa che non si accetterebbe ma si è costretti a sopportare.

    Il credere che si è veramente tutti uguali, per esempio nel caso del colore della pelle, è altra cosa: non richiede tolleranza.
    Detto questo non mi sento per niente razzista a non tollerare, per esempio, il lavavetri str@nz@ al semaforo, che sia palermitano o meno.

    In effetti per quanto riguarda la stupidità e la cattiveria mi sento veramente intollerante.

  8. Un lavavetri-stronzo non l’ho mai incontrato: di solito si suddividono tra gli insistenti, quelli con un sorriso disarmato e quelli che ti vogliono in alternativa rifilare un accendino o una rosa ..,io non fumo ma sono molto romantica e accetto sempre quel che mi vogliono rifilare, un obolo non si nega mai, inoltre, dato i tempi che corrono, è meglio non esagerare con gli epitaffi snob non sia mai che tocchi anche a noi sostare in qualche angolo di strada a corteggiare qualche stronzo di passaggio.

  9. Mi piace molto questa riflessione sulla tolleranza, è un argomento abbastanza inesplorato, almeno in questi termini.
    Sono d’accordo con Giuseppe, la tolleranza è figlia del rispetto verso gli altri, non il contrario.

  10. Giuseppe, mi sembra un discorso di lana caprina quello per cui nasce prima la tolleranza o il rispetto. Li considero figli di una stessa madre, diciamo così. L’intelligenza.

  11. Una domanda: se il tollerante è un furbo travestito da altruista, l’intollerante è un “chi” travestito da “che cosa”?
    Una riflessione: in quanto essere imperfetto e probabilmente non perfettibile, anche a me è capitato di incontrare chi dimostrasse tolleranza nei miei confronti, e più di una volta. Di questo, anche a distanza di anni, e soprattutto col senno di poi, continuo a essergli grato. Nè mi viene da pensare a questa persona x come a un furbo o un egoista. Che fosse semplicemente un individuo più conciliante, maturo o aperto di me, in quel momento? Credo di sì. Le animelle, poi, quelle che cercano di mediare sempre e comunque, solo per non prendere posizione… Be’, quelle sono un altro paio di maniche.

  12. O forse semplicente un cretino convinto che il proprio mondo sia l’unico mondo possibile. Un ottuso travestito da “persona di carattere”. Uno che crede che a nord del proprio nord non possano esistere altri nord. Probabilmente, sul piano politico, un fascista. Sul piano sociale, un disadattato che non sa ascoltare,a cui non va di capire, e che pensa che la curiosità sia una perdita di tempo, la diversità un danno, l’obiezione una minaccia, l’empatia una cosa che si mangia, la pazienza una cosa che gli fa perdere la pazienza, il contraddittorio un mal di denti, uno che si basta sempre e comunque, salvo amare smentite, e nemmeno in quel caso . Insomma, ne abbiamo esempi molto noti. Uff!

  13. Il tollerante è un egoista. Sul fatto che sia anche cretino nutro dubbi, se non altro perché la cretinaggine si spalma, a seconda delle opportunità e delle situazioni, su chiunque, ma ripeto evitiamo niente giudizi ed epitaffi netti.Io tollero chi non mi scoccia: accettare il diverso è una operazione difficilissima ma che porta alla vera solidarietà.Il discorso sulla tolleranza vale anche per l’empatia, di solito la distribuisco a chi riconosco simile a me, difficilmente la riservo ai dissimili, quelli li allontano, li metto a distanza se non altro perché possono intaccare qualche mia sicurezza infantile e molto egocentrica.

  14. Chiarisco brevemente il mio pensiero perché probabilmente potrebbe essere equivocato.
    Io ritengo che la tolleranza sia un valore e invidio chi riesce a goderne appieno.

  15. Un cretino (che è anche il contrario di intelligente) convinto che il suo mondo (convinzioni faticosamente costruite in anni ed anni erette a muri tra sè e gli altri) sia l’unico mondo possibile. Mi piace molto.

  16. Vi riporto un pensiero sulla tolleranza tratto dal libro “La musica sveglia il tempo” del direttore d’orchestra israeliano Daniel Barenboim:

    Il termine tolleranza non mi piace, perchè tollerare qualcosa o qualcuno sottintende una implicita negatività: si è tolleranti nonostante la presenza di certe qualità negative.
    Il significato della parola tolleranza è del tutto improprio se vediamo in essa solo una forma di generosità altruistica. Racchiude in sè qualcosa di presuntuoso: io sono meglio di te. Goethe espresse in maniera sintetica questo concetto quando disse: “Limitarsi a tollerare è un insulto; la vera assenza di pregiudizi vuol dire accettazione”. La vera accettazione, potrei aggiungere, significa riconoscere la differenza e la dignità dell’altro

  17. Tolleranza è il dito pronto sul grilletto della pistola mentre hai un mezzo sorriso stampato in faccia, tolleranza è uno stand-by prima di mollare una timpulàta. Preferisco una sana, sincera, non violenta intolleranza. Forse accettazione è la parola giusta: un’accettazione non passiva, ovviamente, magari critica, che fa le pulci, a difesa di quel che si pensa ma anche di quel che pensano gli altri che, per l’appunto, accettiamo.

  18. La tolleranza, secondo me, è la forma di razzismo più raffinata ed elegante che si possa esprimere in un ambito sociale che ama definirsi “civile”

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