Della vergogna e altre amenità

La foto è di Paolo Beccari

di Verbena

Della vergogna e altre amenità.
Io non mi vergogno di arrossire, qualche volta.
Io non mi vergogno di non aver mai marinato la scuola.
Io non mi vergogno di essere antifascista e di farlo sapere al mio capo che vota Silvio.
Io non mi vergogno di non ricordare più i sette re di Roma.
Io non mi vergogno di barattare qualunque serata vip per un buon film.
Io non mi vergogno di non avere un animo rock.
Io non mi vergogno di rubare le caramelle gommose dalla stanza del capo, sempre quello.
Io non mi vergogno di guidare piuttosto male e di orientarmi pure peggio.
Io non mi vergogno di essermi addormentata addosso alla vicepreside, in discoteca, durante la gita a Vienna.
Io  non mi vergogno di amare la cipolla, cruda.
Io non mi vergogno di sorridere agli uomini belli, per strada, se li incontro.
Io non mi vergogno di andare in giro senza trucco, se non mi va.
Io non mi vergogno di usare solo profumi costosi.
E non mi vergogno di fare buon sesso, che dio lo benedica.

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

21 commenti su “Della vergogna e altre amenità”

  1. io non mi vergogno di dire che ho sbagliato e non mi vergogno di dire che non so qualcosa o che non conosco qualcuno.

  2. io non mi vergogno di amare,anche contro le ipocrisie sociali,e non lo nacondo,non freno il mio sorriso,una carezza,un abbraccio,un bacio,perchè l’amore vince sempre,l’amore dà senso alla vita,e dunque io non mi vergogno di amare

  3. Avete mai osservato quei bambini (oggi, sempre più rari) che si impappinano, arrossiscono violentemente (le loro faccine virano dal rosso al cianotico) e non dicono tutto quello che vorrebbero dire, perhcé si vergognano? Io li adoro. Ero un bambino così: ma vi assicuro, si soffre da morire.

  4. Io vorrei non dovermi mai vergognare della verità. Ma è un lavoraccio…
    Brava Verbena!

  5. Io non mi vergogno di aver avuto un pessimo padre, di aver provato per lui solo compassione da vivo, e di averlo cancellato da morto.

  6. La vergogna è paura di essere quello che sei.
    Ti insegue, ti bracca, ti impedisce di essere te stesso.
    Quante volte arrossisci solo perchè la tua bocca decide di non ascoltare la testa, ma invece fa eco a ciò che è scritto nel tuo cuore.
    Se hai un cuore puro non preoccuparti, non arrossire, parla e basta.
    Non dimenticare però che la vergogna, a giuste dosi, ti impedisce di fare cose di cui potresti un giorno pentirti. Un personale campanello dall’allarme.
    Quella giusta non sempre è la via di mezzo tra quello che ti passa per il cervello e quello che ti passa per il fegato.
    Molto spesso è la vergogna che ti suggerisce la strada, usala allora a tuo vantaggio. Quantomeno per capire che ne dovresti provare.
    Chi non prova vergogna solo perchè non è nel catalogo dei suoi sentimenti mi fa invece vergognare di essere uomo.
    Chi non ha vergogna perchè “Io non sbaglio mai” è solo un’egoista da emarginare.
    Chi ha vergogna perchè ha sbagliato è solo un buon amico che va perdonato.

    Se potessi regalerei un po’ di vergogna a personaggi ben selezionati. Personaggi che si sono venduti la coscienza, se mai ne hanno avuta una.
    Ci sono due tipi di persone che non hanno mai vergogna, quelli che sono senza anima e quelli che sono anima.
    Per questa ragione amo stare lì in mezzo.

    Io ho un’anima, di questo non mi vergognerò mai più.

  7. Credo, anzi sono certa, di essere stata una bambina con una predisposizione naturale alla vergogna. Di essere magra, di essere alta, di non avere mai avuto un brufolo, di non essere pelosa. Di avere trascorso qualche anno incernierata dentro un busto correttivo. Successivamente del souvenir chirurgico che corre lungo la mia schiena. Della voce di mia madre, di qualche decibel più alto della norma (era un pò sorda)e delle sue incorregibili storpiature, traduzioni estemporanee dal dialetto madonita alla lingua nazionale. Mi vergognavo di lei nelle occasioni pubbliche (ricevimenti scolastici, shopping,riunioni tupperware, incontri con le mamme delle mie compagne di scuola. Tre anni fa, il giorno del mio compleanno, ho ricevuto un regalo devastante: ho lasciato la tavola imbandita, gli amici dietro la porta, e sono corsa, ignara di ciò che mi attendeva, al pronto soccorso di Villa Sofia. E’ lì che ogni giorno, due volte al giorno, per una settimana, mi è stato concesso di vederla. Coma, fulminante e irreversibile. Ho provato a parlarle, ma non mi ha risposto. Le ho fatto sentire la voce della mia bambina, niente. Non è andata bene, non è accaduto il miracolo. In tre anni sarò andata al cimitero tre volte. Mi vergogno di questo, ma mi faccio male, troppo male. Non ho mai visto mia madre nuda,(figuriamoci mio padre). E mi vergogno da morire della nudità, mia e altrui. Fino a qualche annetto fa, mi vergognavo di vergognarmi, perciò non lo davo a vedere. Anzi credo di avere diffuso una immagine di me abbastanza “spavalda”, cosa che mi ha procurato non pochi guai, dal punto di vista affettivo -sentimentale. Poi, raggiunta la maturità, un pò tardivamente, ho iniziato a vergognarmi un pò meno. Perciò,come Mara, non nascondo le mie lacune nozionistico-culturali, e ammetto senza difficoltà i miei errori. E come Giusicilia, ho amato e amo. Amo la mia famiglia, amo la natura selvaggia (come la zebra di Madagascar), amo la vita pazzamente, amo gli amici di una vita, ma anche l’ultima conoscenza in ordine di tempo. Mi vergogno ancora delle mie umili origini, in certe occasioni, ma sempre meno. Sarà che ho frequentato la gente “in”, e nonostante fossi affaccendata a darmi un tono, mi è rimasto acceso qualche neurone per accorgermi che nè il blasone nè il borsone fanno INtelligente di default. E rimanendo sul binario della vergogna, non vi dico chi sono, ma vi saluto con amicizia.

  8. peccato non sapere il tuo nome. Giusto per sapere da chi siamo considerati oggetto di amicizia e meritevoli di uno sfogo così sincero.

  9. @vergognosa: che “né il blasone né il borsone fanno intelligente di default” lo trovo inoppugnabile. E, più in generale, hai scritto un bellissimo commento.

  10. Io ora non mi vergogno di arrossire.. mi capitava quando ero bambina e mi piaceva tanto studiare storia, ma non alzavo mai la mano perchè mi vergognavo di arrossire…
    Adesso quando sento salire la vampata sulle guance, mi pare una risorsa, quella ricchezza che è rimasta, diventando grande e perdendo tante delle piccole-grandi cose dell’essere bambini.
    grande Verbena

  11. Vedo che il finto pudore non abita da queste parti. Ne sono felice, grazie a tutti, davvero. Sono particolarmente orgogliosa di avere suscitato un’emozione particolare in Vergognosa: ci ha fatto assistere ad un’intera esistenza in poche pennellate. Decisamente magica, questa (inesistente) vergogna di vivere.

  12. Io mi sono commossa più volte leggendo questi commenti. Da Tanus a Vergognosa, passando per Gianni Allegra e i bimbi che inciampano nella timidezza…Tante le cose di cui non mi vergogno…benché qualche volta qualcuno ci abbia provato ad iniziarmi alla pratica…Non mi vergogno dei miei limiti e dei miei difetti, delle mie fragilità…né di vivere ancora con la mia famiglia, i miei genitori, nonostante l’età che farebbe rabbrividire Brunetta…Forse potrei decidere risolutivamente di andare via e decidermi a fare l’adulta…ma io adulta lo sono, e lo so…e non mi tiro mai indietro…e mi sento sempre più spesso io responsabile per loro in alcune circostanze…con una tenerezza – che a volte è rabbia, altre semi-intolleranza – che ancora riesce a darmi, anziché togliermi…sia indipendenza che emozioni. Grazie a Verbena, grazie a tutti voi.

  13. Ho sofferto per anni di vergogne che avrebbero dovuto provare altri. Avrei voluto spesso sostituirmi ai miei genitori e aggiustarli da dentro, impedire loro di dire e fare certe cose. Non potendo, me ne sono preso il carico. Così, gravato da antiche vergogne che non mi appartenevano, me ne sono appropriato, le ho assorbite, ne sono stato contagiato e ho cominciato a vergognarmi per conto mio. Ma la vergogna è una valanga, una volta messa in moto chiama altra vergogna, e ti paralizza. Oggi mi vergogno di meno. Credo di essere diventato un estroverso, ma con improvvise paralisi, attimi in cui risprofondo nella trappola e, annaspando, pongo le basi per nuove cose di cui vergognarmi. Però, e per fortuna, con gli anni capisco che le cose di cui vergognarmi sono davvero sciocchezze e che, tutto sommato, sono un brav’uomo, con tanta buona volontà e alla continua ricerca di ciò che di buono posso dare agli altri e a me stesso. Oggi, più che vergognarmi, comincio a volermi bene e a esserMI grato, difetti compresi.

  14. Sulla timidezza vorrei aggiungere: secondo me è una benedizione, quando non diventa un cappio. Io da bambino ero molto timido. Non riuscivo nemmeno a salutare gli adulti, e se ricevevo un rimprovero potevo precipitare in un inferno, con singhiozzi silenziosi, magoni che duravano per ore, mutismo, isolamento. Però la timidezza mi ha costretto all’introspezione. Stando a margine dei giochi, potevo osservare le cose e i fatti da un angolo speciale, nascosto e solitario. Chissà come deve essere difficile e drammatico oggi, per un bambino timido, cavarsela in un mondo in cui tutti urlano, sgomitano e si mettono in mostra. Ma io ho una grande simpatia per gli “ousiders” di ogni epoca e collocazione geografica. Di solito salvano il mondo. E, più spesso, se stessi.

  15. @Cacciatorino:
    Eravamo un mondo di timidi, poi il mondo è cambiato. Siamo cambiati anche noi del resto.
    Anch’io sono diventato un estroverso, è stata la maniera per combattere l’eccessiva timidezza. Avevo capito che altrimenti non andavo da nessuna parte (vedi ragazze per esempio).
    Ogni tanto mi blocco ancora, ma riesco a gestire e superare l’enpasse in surplasse.

  16. La timidezza, ora, è per me una benedizione. Anni fa la odiavo e odiavo me stessa quando cominciavo a sudare prima di un’interrogazione e non perchè non fossi preparata, quanto perchè il solo fatto di rimanere immobile, davanti la lavagna, di fronte allo sguardo inebetito e giudicante della maestra mi faceva desiderare di essere altrove.
    Qualche anno dopo, alle medie, cominciai a invidiare le mie compagne precoci, che ammiccavano, rispondevano a tono, non indovinavano mai l’accento sulla e o il congiuntivo, ma mi sembravano la quintessenza di ogni scienza.
    Adesso sono felice di arrossire, di avere la tremarella e il mal di stomaco delle “grandi occasioni”. Lavoro, paradossalmente, in mezzo alla gente ed è un’emozione anche questo: essere fieramente timidi, laddove tutti si sforzano di avere la faccia come il culo. Non fingere più è diventata una ricchezza e una tappa nel diventare grandi…

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