Ma sui dialetti la Lega non ha torto

L'illustrazione è di Gianni Allegra
L'illustrazione è di Gianni Allegra

di Roberto Puglisi

Se uno toglie il superfluo, il polemico, l’inutile, magari riconoscerà che l’idea leghista di insegnare il dialetto a scuola tanto malvagia non è. E non lo è perché l’identità regionale non deve essere per forza una pistola puntata contro l’unità nazionale. Capisco l’obiezione diabolica, ciò che dicono i vari Bossi e Calderoli si fa fatica a considerarlo un semplice contributo al dibattito accademico, fornito con sincero spirito di collaborazione. E questo perché è sempre meglio non fidarsi degli zecchini d’oro promessi dal gatto e dalla volpe. Ma se la cittadinanza è un elemento di civiltà sovranazionale, perché ognuno può diventare cittadino del mondo o di un luogo senza per forza l’obbligo della culla, l’appartenenza alla terra si iscrive a visceri e sentimenti diversi. Possiamo negarlo finché si vuole, il legame. Esiste comunque. E a far parte di una Nazione – senza che questo implichi per forza parate militari o discorsi al balcone – si impara da piccoli, mangiandone e bevendo i frutti della terra. Che insegnano la peculiarità di ogni discendenza (il dialetto) in un disegno (lingua) più grande. E’ un passaggio obbligato. Non possiamo dirci italiani, se non impariamo a dirci siciliani. Se non consideriamo che il locale e il generale non devono sfinirsi e  lottare per sempre, se di mezzo c’è il filtro dell’intelligenza. Perfino il Carroccio e la Coppola, il “Minga” e il “Cu è” possono andare a braccetto, fino ad amalgamarsi – senza sperdersi – nello stesso riflesso unitario.

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

18 commenti su “Ma sui dialetti la Lega non ha torto”

  1. il problema non è l’uso del dialetto, il diialetto che è stato sempre presente in tutte le “contrade” (non scrivo regioni perché le regioni sono frutto di geografie a tavolino) e nessuno vuole ucciderlo.
    Quello che da fastidio è l’atteggiamento dei leghisti. E’ un atteggiamento paragonabile a quello degli yankee americani.

  2. Non credo si possa prescindere dal fatto che l’idea di insegnare il dialetto a scuola, sia stata avanzata da personaggi squallidi e ben conosciuti che, di certo, non hanno a cuore l’identità nazionale.

    Credo che il dialetto, così come le tradizioni regionali, vadano tramandati, piuttosto che insegnati. L’attaccamento alla propria terra è un sentimento spontaneo (per noi isolani, direi un’ossessione), non necessita della didattica perchè si sviluppi.
    Si pensi, piuttosto, a migliorare l’insegnamento dell’inglese nelle scuole, considerato che in Italia, la lingua più diffusa nel mondo si parla poco e decisamente male.

  3. Concordo appieno con la contessa.
    E direi che non sarebbe male se Bossi & soci si preoccupassero soprattutto dell’italiano, che loro per primi parlano malissimo. Mi sembra quella la vera priorità.

  4. Io sono convinto che il problema non si ponga per i siciliani. Di identità locale (e sfoggio di) ne abbiamo a sufficienza. A volte anche troppa. Se un’identità ci manca, non è quella locale. E’ quella nazionale (e, allargando il raggio, europea), lingua compresa. Con tutti i vantaggi e i guai che ne conseguono.
    @contessa: sono d’accordissimo con lei. Soprattutto per quanto riguarda l’ultima considerazione.

  5. QUANDO TAFAZZI NON SMETTE DI COLPIRSI

    Leggere di introdurre il dialetto nelle scuole non può che riportarmi alla mente l’immagine di un uomo in calzamaglia nera, sopensorio e bottiglia di plastica (si spera vuota!) che ritmicamente si colpisce. E non posso non concordare con il Cacciatorino. E inoltre: ci sono scuole dove gli alunni sconoscono l’italiano, scuole dove gli insegnanti sconoscono l’italiano, altre , le più fortunate in cui nessuno lo parla, al più viene insegnato come seconda lingua. Pensare di insegnare il dialetto in zone degradate socialmente e culturalmente come buon parte del nostro meridione non è ne più e ne meno che darsi un bottigliata (ma la bottiglia è piena!!) senza sospensorio.

  6. Si può insegnare l’uno e l’altro e pure l’inglese. Il punto è che l’idea viene dalla Lega, la cara Lega a cui la sinistra qui ben rappresentata ha lasciato campo libero sul federalismo perchè parlarne era sconveniente. E i bei risultati si sono visti. Ed è sempre la sinistra a continuare a darsele sui cosiddetti con le sue chiusure a prescindere. Altro che Tafazzi.Chi le tramanda le tradizioni, Contessa, i nonni di oggi? Per piacere un minimo di sentimento della realtà, se si vuole discutere secondo buonsenso e non secondo retorica, o ideologia.

  7. La proposta della Lega equivale ad aprire una pasticceria in un reparto di diabetici. Certo si farebbero affari d’oro, ma …
    Immagino già il pasticciere festeggiare con i cannoli (magari sarebbe cool farsi fotografare)

  8. Roberto, si spieghi meglio: pensarla diversamente da lei significa automaticamente ragionare secondo retorica e ideologia? E, ancor peggio, essere iscritti d’ufficio a un partito di sinistra?

  9. Gery, capisco la difesa d’ufficio. Ma non è vero. E la cosa riguarda anche me, visto che non abbiamo l’esclusiva del buonsenso. No, Contessa. E l’ha capito benissimo a cosa mi riferivo. Ma se non resiste al brivido della battuta-tiratina d’orecchi, invece che dibattere sul punto, vuol dire che la discussione non le interessa. Con cari saluti al buonsenso.

  10. Roberto, sa invece cosa non mi interessa? Discutere di un argomento così interessante con chi ha solo voglia di dire una cosa “contro” giusto per vedere l’effetto che fa. Se a questo si aggiunge un tono inutilmente polemico, allora succede che proprio mi annoio.

  11. Roberto, qui non c’è alcuna difesa d’ufficio.E l’allusionuccia del noialtrisappiamo è fuori luogo.
    C’è invece una regola fondamentale e riguarda proprio il buonsenso, che nello specifico si applica ascoltando le opinioni altrui e ragionando a mente libera.
    Non capisco il motivo della tua aggressività, dal momento che qui sei stato accolto come ospite gradito. Se io vengo a casa tua uso toni e modi appropriati. Quelli che stai usando tu non lo sono assolutamente. Con cari saluti al buonsenso.

    Per non tediare né te né i lettori ritengo chiusa la polemica.

  12. Io no. Accusato di aggressività solo per avere espresso un parere non conforme alle direttive della casa. E’ questo il vero capo d’imputazione. Alla fine, quando mi parlano della libertà assoluta dei blog rispetto alla cattiva stampa, è facile citare innumerevoli esempi come questo e sorridere. Perchè oltre un certo limite (ed è curioso che si accusi di aggressività me, tralasciando l’eleganza di quel signore che mi invita a darmele nei cosiddetti) il “grazioso” diventa insopportabile, come uno che si infili la mano nell’orecchio a tradimento all’Hollywood Party di turno. L’unico fatto assodato è questo: nessuno mi ha risposto sul punto, ma con sgarbo, sarcasmo, complesso di superiorità, più o meno velati – come si risponde al villano o allo scemo del villaggio – perchè il mio parere non era – come dicevo – conforme e dunque doveva essere il frutto di una volontà polemica che non ho mai inteso. Ecco perché – serenamente – non accetto i trenta secondi di educazione civica che garbatamente mi proponi, Gery, pur considerandoti immutato nell’affetto e nella stima. Perchè non sono obiettivi.
    Ps. Contessa, se si vuole annoiare faccia pure. Capisco che certi argomenti in contrasto con la sua visione le risultino – come dire – plebei.

  13. La riscoperta dei dialetti non la si può definire un’idea del tutto peregrina.
    Certo, la scuola italiana ha da turare parecchi buchi prima di occuparsi anche della riscoperta delle identità regionali.
    Semmai , lascia non pochi dubbi il motivo per cui la Lega lanci questa provocazione.
    La polemica su presidi e insegnanti del sud puzza troppo…
    Sul fatto che poi sia stata proprio la Lega a togliere consensi alla sinistra, rivendicando – specie nelle fabbriche – il ruolo che prima era dei sindacati, è cosa risaputa e sulla quale la mancata autocritica della sinistra ha permesso di trovarci con un’opposizione da operetta…

  14. La dignità delle lingue italiane deve essere fuori discussione. SI sente il problema del loro insegnamnento e ufficialità per l’azione aggressiva e violenta di una volontà di appiattimento e omologazione a modelli comportamentali e linguistici estranei. Ciò avviene in Italia come all’estero. Ogni lingua e dialetto reca in sè una diversa visione del mondo. Uccidere i dialetti significa uccidere la libertà. Le lingue deboli, quelle tramandate oralmente, anche quando forse hanno una illustre letteratura plurisecolare, non hanno futuro nell’odierna situazione. Il problema non si poneva fino a circa 30 anni fa. Io le renderei obbligatorie.

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