Fino a qualche tempo fa

L'illustrazione è di Gianni Allegra
L'illustrazione è di Gianni Allegra

L’attimino fuggente

di Giacomo Cacciatore

Fino a qualche tempo fa  non nutrivo un’eccessiva simpatia per Michele Santoro. Lo trovavo  istrionicamente fazioso.
Fino a qualche tempo fa non nutrivo un’entusiasmante simpatia per il quotidiano “la Repubblica”. Pur avendo a lungo collaborato con l’edizione palermitana dello stesso giornale (o forse proprio per questo), lo trovavo snobisticamente fazioso.
Fino a qualche tempo fa giuravo a me stesso che non sarei mai stato fazioso. Mi sembrava un atteggiamento da ragazzino dei centri sociali (luogo che ho spesso frequentato), legato a slogan facili e digiuno di senso critico indipendente.
Fino a qualche tempo fa non avrei mai creduto che essere faziosi potesse diventare, nel nostro paese, qualcosa di più che una posa, ovvero un’esigenza, un’urgenza, una necessità.
Fino a qualche tempo fa, non avrei mai sognato, nemmeno nei miei incubi peggiori, di sentire la voce critica del mio paese ridotta a pochi solisti testardi (e, visti i tempi, coraggiosi o incoscienti). Tra questi un giornalista televisivo, un giornalista-saggista, un vignettista satirico e una sola, agguerrita testata di giornale.
Da qualche tempo sono fazioso, ricompro “la Repubblica” e non mi perdo una puntata di Annozero.

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

32 commenti su “Fino a qualche tempo fa”

  1. Non posso fare a meno di osservare che nel nostro bel paeses si usa indicare come “fazioso” chi esercita il “diritto di critica”. Il diritto di critica non poggia sull’obiettività. Non è finalizzato ad informare, ma a stimolare un dibattito. Non enuncia una realtà obiettiva (cronaca) ma da un punto di vista e si basa su valutazioni soggettive, fatte per essere accolte o contrastate, ma comunque dibattute.
    Il diritto di critica è alla base dell’art. 21. Diritto di critica che non è informazione ma “legittimo attacco”.
    Santoro e Repubblica esercitano semplicemente il loro “diritto di critica”

  2. Sono sempre più convinto, e insisto, che il nostro problema in italia è culturale. Se Santoro, Grillo, Ricca, Travaglio fanno una critica, difficilmente nasce una discussione articolata tra gli ascoltatori-sostenitori. Si continua a delegare la critica senza che questa diventi spunto per un pensiero autonomo. Conosco persone che ripetono in continuazione le parole dei “protagonisti della critica”, ma non approfondiscono mai perchè lo trovano noioso, gradiscono “pappa pronta” all’uso. Questa sudditanza priva di pensieri autonomi, è molto diffusa.
    @Cacciatore: Non compro Repubblica, ma se diventi direttore mi faccio l’abbonamento. Giuro!

  3. I giornali cartacei sono in crisi, tutti. Credo che i migliori vadano sostenuti. Non riesco a immaginare l’informazione solo digitale. Mi pare, senza giri di parole, che Repubblica (cartacea) stia facendo egregiamente il proprio lavoro. A giudicare da quello che si legge in giro: più che egregiamente. Tutto quello che di buono puà servire alla democrazia e al diritto di cronaca-critica (da questo blog alla corazzata giornalistica) va incoraggiato concretamente.

  4. @cinema@cigarettes: io ti ringrazio ma se sono riusciti a non farmi fare più il collaboratore (alla fine per scelta mia, eh?) … figurati il resto.
    @fm: io sono invece convinto, forse con presunzione, che una critica priva di obiettività perda gran parte della sua efficacia. Si possono fare gli “attacchi” più spietati a qualcosa/qualcuno, ma sempre con lucidità. E più è lucida la critica, più costruttivo sarà il dibattito. Mi sa che proprio la confusione tra “critica” e “attacco” sia invece divenuta una costante del nostro bel paese. Si usa sempre più spesso il secondo quando si intenderebbe usare la prima. Si veda quello che succede in tv ogni sera. Mi fa sorridere un paradosso: quando è capitato, proprio in questo blog, di sferrare una critica più aspra di altre a qualcosa, c’è stato chi ha urlato alla faziosità, o al cinismo o al qualunquismo. Ne deduco che la linea di demarcazione tra diritto di critica e attacco fazioso sia questione del tutto soggettiva e, aggiungo, basata sulla convenienza e su “distinguo” del tutto personali.

  5. Fra l’altro, il senso del mio post era proprio quello di reclamare la necessità di essere “faziosi”. Quindi esprime una visione positiva del termine “faziosità”. Personalmente, non sopporto la faziosità quando non è dettata da un’urgenza importante. La giudico un’arma estrema, da sfoderare a mali estremi. Ma è tutto scritto nel post, più o meno (meno, mi permetto di dire) tra le righe.

  6. Appena letto. Berlusconi teme piano eversivo contro di lui. Un antropofago che si scandalizza se uno è carnivoro?

  7. E pensare che quei tre (giornalista, saggista e vignettista) hanno potuto fare la loro trasmissione solo perché un giudice ha obbligato la rai a fargliela fare. Altrimenti nemmeno quella ci sarebbe stata.

  8. @fm. Per definizione, il diritto di critica ha molto a che fare con la libertà. La faziosità con la violenza e gli istinti settari. Diritto di critica e faziosità sono due cose ben distinte, come del resto si desume dall’articolo 21 della Costituzione. Il primo prevede che ci sia un’altra parte (la democrazia è fatta di “altre parti”, no?), la seconda no (quindi è teoricamente contraria alla democrazia).
    Certo, siamo in tempi malvagi e uno può arrivare a pensare che la soluzione sia il peggio, o che il meglio sia solo una droga. Però l’importante è capirsi.

  9. Fino a qualche tempo fa la politica mi annoiava a morte e non riuscivo a leggere un quotidiano o a guardare un tg per intero. Ora ho capito che devo farlo perchè è anche del mio presente/futuro che si parla e di quello di mia figlia!

  10. @silvia: capisco il tuo sentimento, e il mio post riguarda anche questo. Un risveglio brusco davanti alla proverbiale “misura colma”. Una necessaria preoccupazione che esige un ridestarsi delle coscienze.
    A margine: a me è sembrato di notare un atteggiamento molto diffuso negli ultimi tempi. Che è l’opposto di quello, altrettanto diffuso, critica=attacco, e non meno allarmante e sterile. Vale a dire, il “lasciar perdere”, il “tanto sono tutti uguali”, il “non cambierà mai niente”; una specie di resa o sfinimento morale che poi, in cabina elettorale, potrebbe corrispondere grosso modo all’astensionismo. Che c’è stato. Anche a fronte di questo, dico che la faziosità (sempre lucida e motivata, sottolineo) si rende necessaria. Come a dire: dichiaro (o rinvigorisco) la mia protesta, faccio una scelta, ci metto la faccia piuttosto che sprofondare nelle paludi della maggioranza (o minoranza) silenziosissima e della stretta di spalle pavida o comoda. A fronte di questo, riconosco il valore di chi porta avanti delle idee “vive” (anche boccheggianti) e mi ci associo. Questo non vuol dire urlare e assumere atteggiamenti estremi a tutti i costi.

  11. Direi che forse valgono più la perseveranza e la motivazione protratta nel tempo che il fuoco di paglia, lo strepito, la protesta ad effetto.

  12. E tanto per ricordarci di quanto sia diventata innocente e quasi pura l’idea di “faziosità”, vi riportò una delle ultime mostruosità dell’uomo che ha in mano il governo italiano, declamate all’assemblea dei giovani industriali (la fonte è il corriere online): “La situazione della crisi è quella che conoscete, bisognerebbe non avere una opposizione e dei media che tutti i giorni cantano la canzone del pessimismo, del disfattismo, del catastrofismo. Penso che anche voi dovreste operare di più in questa direzione, per esempio non date pubblicità a chi si comporta così”.
    Poi, ovviamente, ha smentito o ha dato ordine ai suoi scherani di smentire e correggere.

  13. E si sa bene che cosa significherebbe per un giornale non avere le pubblicità. Chiudere. Ecco il tipo di invito che si urla dal podio: boicottare le voci dissonanti. Senza contare le multe mortali previste nell’ormai famigerato ddl per i giornali che dovessero informare su cose non gradite. Si farebbe prima a dar fuoco alle redazioni. Non dico che accadrà, ma a volte sono anche l’intenzione e l’idea a destare raccapriccio.

  14. Si aggiungono, notati da Ezio Mauro, i temi della paura e del vittimismo, quello del delirio di un progetto “eversivo” e addirittura di uno spodestamento (con sostituzione coatta del re, complice Draghi) a cura della sinistra. Tutti tremori shakespeariani che coincidono con una spropositata (e pericolosa) concezione di sè, con l’idea che il popolo capisca e si compenetri:
    “(…) Reagisce minacciando: l’imprenditore campione del mercato invita addirittura gli industriali italiani a non fare pubblicità sui giornali “disfattisti”, quelli che cioè lo criticano, perché la sua sorte coincide col Paese. Poi si corregge dicendo che voleva invitare a non dar spazio a Franceschini, come se non gli bastasse il controllo di sei canali televisivi ma avesse bisogno di un vero e proprio editto. E’ qualcosa che non si è mai visto nel mondo occidentale, anche se la stampa italiana prigioniera del nuovo conformismo preferisce parlar d’altro, come se non fosse in gioco la libertà del discorso pubblico, che forma l’opinione di ogni democrazia.
    In realtà Berlusconi minaccia soprattutto se stesso, rivelando questa sua instabilità, questa paura. Se sarà coerente con le sue parole, c’è da temere il peggio. Cosa viene infatti dopo la denuncia del golpe? Quale sarà il prossimo passo? E se c’è una minaccia eversiva, allora tutto è lecito: dunque come userà i servizi e gli altri apparati il Cavaliere, contro i presunti “eversori”? Come li sta già usando? Chi controlla e chi garantisce in tempi che il premier trasforma in emergenza?”

  15. @Giacomo: qualcosa mi dice che farà di tutto, il priaper (il premier priapo) perché Repubblica entri in crisi. Cercherà di tutto (e forse qualcosa troverà) per togliere la linfa principale: gli introiti pubblicitari. Se questo dovesse accadere anche nel medio termine, tra qualche tempo l’unica voce dissonante non potrà dissonare al meglio, e tra tagli necessari e contingenze varie, si ridurrà come il Manifesto. Ecco perchè sono dell’avviso che la corazzata cartacea unica a contrastare come Dio comanda il priaper, debba essere sostenuta concretamente.

  16. caro maestro, condivido la sua scelta di ritorno alla faziosità.
    E in risposta anche alle domande di Gery di qualche post fa le segnalo la prima parte dell’intervento di Beppe Grillo l’altro giorno in Commissione Affari Costituzionali: http://www.youtube.com/watch?v=0QYFnaMcZRw&feature=related
    2 anni per avere udienza, 8 minuti di discorso, 30 (!) minuti e passa di “domande” dei parlamentari presenti e poi circa 6 minuti di controreplica, che non ho ancora ritrovato su youtubem na certamente c’è.
    Io Grillo lo trovavo demagogico e ho ancora molti dubbi, ma quello che dice è sacrosanto e ascoltare tutta l’audizione un utile esercizio di sopravvivenza.

  17. @iko: carissima, ho come lei molti dubbi su Grillo. Ma sono convinto che ascoltarlo può essere, se non altro, “informativo”. E certo male non fa. E’ quando si creano dei guru (anche presidenti del consiglio) che cominciano a venirmi i brividi.

  18. @maestro, dopo aver ascoltato tutta l’audizione, i miei dubbi sono stati rafforzati, non credo al suoprogetto e devo aggiungere un ahimè. Ahimè perchè non credo che in questo paese la politica possa essere riformata dall’esterno, nè da Grillo nè da altri e dall’interno non vedo nessuno che abbia intenzione di provarci. Grillo racconta dei consiglieri eletti nelle sue liste, del successo di De Magistris e dell’Alfano, tutte persone che poi si dovranno sedere in un qualche aula e giocare alle regole della politica. Se va bene, voci nel deserto.
    Ma credo bisogni ascoltare Grillo e tutti quelli che dissentono da questo sistema: è una specie di dovere morale, quanto meno per tenerci svegli.

  19. x giacomo cacciatore: musica per le mie orecchie. d’accordo su tutto, essendo io fazioso, repubblichino ed ex manifestino.

  20. Ma a patto che la faziosità non diventi cecità e non si estenda, per amore o per forza (e in modo pretestuoso) alla libera espressione, soprattutto quella artistica. So dovrebbe essere abbastanza scafati ed evoluti da non ripetere gli errori del passato e diventare bigotti. Un ritorno delle parole “impegno”, “messagggio” e “gggiovani” nel campo della musica, letteratura e cinema, per esempio, non lo digerirei. Si farebbe il gioco dell’altro.

  21. Quando saremo sui monti a intonare canti partigiani per scacciare il freddo (o il caldo, dalle mie parti) voglio essere chiamato “Cacciatorino”!

  22. @giacomo: d’accordo su tutto con il tuo post.
    @iko: ti ricordi quando dicevamo/speravamo che Alfano (ancora non ministro, ma papabile) fosse meglio, o meno peggio, degli altri? Quanto ci siamo illuse.

  23. azz, non lo avevo confidato a nessuno perchè un po’ me ne vergogno, ma a me accade esattamente lo stesso. ma proprio uguale uguale

  24. @holdenC: Cosa? L’illusione alfaniana o il ritorno di fiamma per Santoro e Repubblica?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *