La solitudine di Saviano

savianoHo visto ieri lo speciale “Che tempo che fa” con Roberto Saviano. All’opera dello scrittore abbiamo dedicato su queste pagine molto spazio, in passato. E i toni del dibattito sono stati accesi. L’apparizione televisiva di ieri ha però dato una quarta dimensione al personaggio: quella di un ragazzo (non ha ancora 30 anni) che vive della sua emergenza. Il disagio di una vita blindata, e tutto sommato impossibile, traspare infatti in ogni sua parola. E a poco valgono i milioni di copie vendute con Gomorra, le traduzioni in cinquanta Paesi, l’invito all’Accademia dei Nobel, le mobilitazioni di scrittori di tutto il mondo, i soldi e la fama. I racconti accorati dei misfatti di malavitosi e amici dei malavitosi, di una stampa criminale che infanga prima e dopo le pallottole,  dell’inaudito consenso riscosso dai clan tra i ragazzi di Casal di Principe, nella voce di Saviano sono lacrime trattenute e rabbia compressa.
Ieri lo scrittore simbolo della resistenza contro il Male ha mostrato le cicatrici per un combattimento su un altro fronte: quello della sua resistenza personale.
C’è mancato poco che non si liberasse in una maledizione del suo romanzo-denuncia. Per fortuna ciò non è avvenuto – almeno in toni espliciti – e tutti noi possiamo auspicare che la solitudine che egli avverte sia quella dei pensatori sofferti, dei simboli controvoglia e contronatura.
Roberto Saviano è uno scrittore e chi vuole farne un Dorian Gray dell’antimafia militante non gli rende un buon servizio. Scriva, racconti e guardi avanti, per quanto difficile la strada può apparire. La sua testimonianza, ieri, mi ha fatto riappacificare per quasi due ore con la televisione.

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

21 commenti su “La solitudine di Saviano”

  1. Ieri ho trovato Saviano un ottimo narratore orale, che sa calamitare l’attenzione. Mi è sembrata interessantissima e soprattutto molto utile la disamina della stampa casertana che spalleggia la camorra. E’ un fenomeno allucinante che Saviano ha portato giustamente all’attenzione nazionale. E mi vergogno di essere rappresentata, come giornalista, da un ordine professionale che omette di prendere provvedimenti contro i direttori di testate controllate dalla criminalità. Per questo, affiderei a Saviano una trasmissione settimanale per parlare di lotta alla camorra. Credo che sarebbe un ottimo servizio pubblico. La Rai ci pensi su, se ancora sa essere una tv utile.

  2. Fossi stato Paolo Ruffini, direttore di Raitre, ieri sera, mi sarei dignitosamente dato la morte con poche gocce di cianuro sulla poltrona del salotto di casa, al di là di ogni benemerita riscoperta di senso civile del servizio pubblico e di ogni sbavante lettura dei dati Auditel.
    Salvatore Rizzo (ex critico televisivo)

  3. E nello stesso giorno Antonio Ingroia rilascia una intervista in cui dice: “Spero che Roberto Saviano riesca a liberarsi dal personaggio che gli è stato appiccicato addosso E’ opportuno utilizzare i media per poter lanciare messaggi positivi soprattutto ai giovani. Non bisogna, però, apparire come coloro che vogliono fare professionismo”. Ma che tempismo!

  4. Attenzione: io non parlo di professionismo dell’anticamorra, ho il massimo rispetto per Saviano che è uno che – quotidie – rischia una pallottola (o più) in fronte. Io non parlo nemmeno di stritolanti dinamiche mediatiche (chi ne è oggetto, consapevole o meno, se è un po’ furbo e un po’ bravo, sa come svincolarsene). Io parlo di tecnica televisiva, di tempi, di ritmi. Ah, le facce di Fazio, ad esempio! Ah, ci fosse stato uno come Paolino Beldì, al posto di Duccio Forzano! Ma non sarebbe stato funzonale allo scopo e allo svolgimento etico-televisivo della serata (le facce di Fazio ormai sono assimilabili per qualsiasi ospite, da Bocelli a Lapo Elkann, metà bimbo in gita scolastica/metà visione nella grotta di Lourdes).

  5. @gery: ex nel senso che oramai è solo divertissment, sono divagazioni bloggistico/confidenziali o cattiveria allo stato puro nel living (apprezzi, contessa) di casa…

  6. Io una eventuale trasmissione settimanale di Saviano la preferirei più personale (tipo quella di Lucarelli), più asciutta e soprattutto senza Fazio che fa le facce. Purtroppo Fazio è ormai la caricatura di se stesso.

  7. Ma come mai nessuno vuol prendere in considerazione l’ipotesi che Saviano si metta a scrivere un altro libro? Che si scrolli di dosso il polverone del fenomeno e indossi di nuovo i panni di autore? Insomma, è uno scrittore. Credo che la scrittura sarebbe (dovrebbe essere?) la continuazione/reazione più naturale (e salutare) per tutto quello che è successo. Ieri Grossmann gli ha dato un prezioso consiglio: un diario del Saviano post-Gomorra. E azzardo che che sarà proprio questa la prossima opera di Saviano. Sarebbe interessante, direi.

  8. Fazio ieri in certi momenti mi ha ricordato Bonolis quando fa l’intenso. Faccia drammatica, così posticcia che una corrente d’aria avrebbe potuto strappargliela da un momento all’altro. Se già Saviano stava dando una testimonianza così intensa, che bisogno ha il conduttore di caricarla mettendoci del suo? Perché in tv deve essere sempre tutto “di più”, come a volersi mettere al sicuro che lo spettatore, più che assimilare delle emozioni in modo naturale se ne strafoghi? La volgarità della televisione penso che consista anche in questo: non c’è quasi mai un banchetto garbato. Si cerca sempre e comunque l’abbuffata di sensazioni.

  9. Caro Salvatore, apprezzo molto.
    Io però non sarei così severa con Fazio. Rimane uno dei pochi professionisti della tv, con tutti i suoi limiti e le sue faccette.

  10. @Gery: nessuna tesi. Solo un certo fastidio, forse irrazionale, per delle parole che leggo come il tentativo di spostare l’attenzione da un contenuto alle motivazioni che stanno dietro l’elaborazione di quello stesso contenuto. E’ possibile che questa mia interpretazione sia sbagliata, ma, guardando ieri la trasmissione e leggendo quelle dichiarazioni, ho non poche difficoltà a vederla diversamente.

  11. Speriamo solo che il prossimo libro non si intitoli “Il Sodomizzato”

  12. Mi piace il modo in cui Saviano non fa mistero della sua fragilità, la forza e l’urgenza con cui esprime la sua indignazione. Come lui stesso dice è ossessionato e si vede. Appare prigioniero di se stesso nell’assolvimento di un compito la cui importanza sembra quasi dettata da qualcuno altro-da-sè. Mi da l’impressione di chi ha compiuto un gesto, lo scrivere, senza calcolarne i reali effetti. E mi ha colpito l’affermazione “io sono vivo solo quando sono qua, quando parlo, quando do testimonianza “. Una missione la sua; possibile per un uomo capace di esprimere tenerezza con tale forza.

  13. Mi piacerebbe che Saviano si sentisse, un giorno, libero di scrivere senza dover ricordarsi, in ogni secondo della sua infelice esistenza, di essere sotto scacco: della camorra e del cannibalismo dei media. Che mi paiono molto malati. Anche loro sotto scacco.

  14. Certo, storicamente si insegna ai maschi a non piangere perchè segno di debolezza. Fa impressione quando succede.

  15. Ce ne fossero di più, ragazzi, scrittori, uomini, così.
    Fazio, francamente non mi ha per nulla disturbato.

  16. Il grande merito o demerito di Saviano , a secondo dei punti di vista e’ quello di non volere dare alla sua sacrosanta battaglia un colore politico come e’ avvenuto in sicilia.Ha fatto capire a tutti che la lotta alla criminalita’e’ patrimonio comune. Saro’ forse molto anziano ma Fazio mi ha fatto rimpiangere le bellisime interviste di E.Biagi

  17. @d’artagnan:
    Fazio-Biagi. Proprio quello che lui imitava ad inizio carriera. Dalla parodia alla copia. Brutta copia, aggiungerei. Biagi non era fan di nessuno, però. Forse solo di Benigni.

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