Doppio Natal

L’attimino fuggente

di Giacomo Cacciatore

Credo che esistano ancora due tipi di Natale italiano. Uno antropomorfo,  l’altro legato al meraviglioso mondo della flora. Nel primo caso si torna bambini: si gioca e si pasticcia col minuscolo, si ricreano universi in scala, mondi che vorremmo, profumo di mangiatoie, calore di fiamme nella notte di gelo. Nel secondo, si agisce sotto l’impulso di qualche antico culto totemico, forse ereditato da fantasmi con gli elmi cornuti e i piedi freddi, forse dagli indiani dei film di John Wayne. Insomma, sto parlando di chi, a Natale, perde la testa con il presepe e di chi invece si impelaga in studi di fisica ed estetica per arrangiare l’albero. Posso sbagliarmi ma, senza avventurarmi nelle solite classificazioni da sociologi d’accatto (il pandoro è di sinistra, il panettone di destra)  ho sempre avuto la sensazione che il presepio fosse cosa di vicolo, di case popolari, e l’albero appannaggio dei quartieri alti. Tralascio le novità del tipo “babbo natale che si arrampica sul balcone”: ho idea che li abbiano inventati per chi passa le feste agli arresti domiciliari.
Io un tempo ero “presepista”. Nel senso che appartenevo a quella categoria di bipedi che il giorno dopo l’otto di dicembre, ancora caldi di letto, in pigiama, con occhi bambini e gesti da vecchi, scivolano verso l’angolo del salotto o il ripiano del soggiorno per controllare il pasticcio di pastorelli, sugheri, laghetti di specchio circondati da muschio che hanno combinato la sera prima. Una mesta categoria di ossessivi e idealisti, nobilitata dal genio di Eduardo De Filippo. Il presepio, in quanto via di mezzo tra il bricolage e il rito apotropaico, a mio modo di vedere rispecchia – molto più dell’albero – non solo la classe sociale e la condizione economica di chi lo ha azzizzato, (per numero di pastori, qualità delle lampadine e imponenza delle montagne di sughero) ma anche il suo stato d’animo, il livello di serenità propria e di chi lo circonda, il grado di stabilità familiare.
Il mio presepio è sempre stato precario, sproporzionato, incurante della verosimiglianza prospettica: più simile a un’allucinazione espressionista che all’armonia oleografica della prima puntata del
Gesù di Zeffirelli.  Pastori zoppi, un bue formato brontosauro, un San Giuseppe minuscolo rispetto a una Madonna-matrona. Nei volti di plastica o di creta della mia natività si leggeva un velo di inquietudine. Sapevano di essere destinati, prima o poi, al tracollo. Quando i miei genitori litigavano – e spesso succedeva proprio a Natale –  il primo a subirne le conseguenze era il presepe. Una gomitata, uno sbattere di porta, un urlo più forte degli altri, e il paesaggio di Betlemme diventava uno scenario da dopobomba. Morti e feriti. Con pazienza, mi improvvisavo responsabile della protezione civile di magi, ciabattini e pecorai con l’agnello a tracolla finiti a gambe all’aria.
Ero presepista, sì, ed ero più triste di oggi. Ho sposato una donna che appartiene, per tradizione e condizione, alla categoria degli alberisti. E’ lei che mi ha introdotto nel magico, ordinato mondo dell’abete (ecologico).  Mi ha salvato la vita, credo. Ma la tentazione di mettere su un presepe che regga agli urti, mi resta.

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

85 commenti su “Doppio Natal”

  1. mi piace il Natale, lo so è talmente assurdo da suonare snob, ma giuro, è la verità: mi piace.
    Mi piace il freddo pungente e l’odore degli abeti, mi piace fare i pacchetti e metterli sotto l’albero, mi piacciono le decorazioni e i cenoni, mi piacciono le lucine e le corone fuori dalla porta. La smetto con l’elenco, semplicemente mi piacciono i riti antichi. Non potrei non amare il presepe, a casa dei miei genitori ce n’era e ce n’è ancora uno completaemnte sproporzionato, con personaggi eridati dalle varie famiglie, orribili pupazzi di creta fatti da me e mia sorella alle elementari, una bella capanna e alcuni pezzi decenti. I Re Magi attraversano la casa un passo al giorno fino a raggiungere la culla il 6 gennaio, il bambinello compare per magia solo a mezzanotte del 24. A casa mia troneggia un meraviglioso (ai miei occhi) presepe napoletano che mi è stato regalato, a misura come qualunque oggetto debba trovare posto dalle mie parti. Non ho spazio per l’abete: ne ho regalato uno e lo andrò a decorare in trasferta (come il ripieno dei tortelli ospite nei freezer altrui!).
    Però odio Babbo Natale, lo so è incoerente, ma proprio non lo sopporto. C’è un limite all’importazione delle tradizioni altrui. E darei i domiciliari a chi lo appende fuori dal balcone sulla scaletta.

  2. Tema

    Il tuo presepe

    Di presepi ne ho tanti: quello mignon in terracotta che faccio sul primo scaffale della libreria di casa mia (ricordandomi sempre di cambiar posto – giuro, è una questone di rispetto – a qualche volume di contenuto ambiguo o scabroso), quello peruviano che mi regalò anni fa un amico che oggi non c’è più, quello di pupazzetti in plastica tipo playmobil, dono di un’amica sincera e un po’ pazza. Ma l’unico, autentico, importante si trova a casa dei miei figli (che per molti anni è stata anche casa mia) dove ho lasciato quello storico di famiglia, piccolino, presepe da quando son nato, sovrabbondante di lucine colorate incastonate ovunque che la grotta sembra il terzo piano della Rinascente, talmente sovraffollato – col passare degli anni – di pecorelle e tacchini e galline di così diversa taglia che nemmeno la buonanima di Dolly avrebbe compatito certe devianze genetiche, che mio padre incollò e reincollò più volte nelle sue parti architettoniche (il tetto era uno dei punti deboli). Dopo mezzo secolo di onorato servizio, suscita ancora emozioni. E’ un patchwork di ricordi, un badile che scava tra le zolle della memoria. Senza farsi troppi scrupoli, senza tanti scusi & prego. E se dal punto di vista estetico è oramai discutibile, se il suo consolatorio realismo fine anni ’50 è adesso quasi cinico surrealismo, con tutte quelle superfetazioni degli anni, è e resta comunque il mio presepe, bellissimo. Kitsch e allegro. Quasi una Broadway dei poveri.

  3. Sono alberista e presepista per transitività (la mia famiglia d’origine non amava i riti decorativi): a casa mia, ora (da una quindicina d’anni), albero ecologico di medie proporzioni e presepe ordinato-sgangherato (un presepe ossimoro). Che ho contribuito a rendere, come dice Giacomo, espressionista: ho dipinto qualche anno fa un cielo illuminato da stelline luccicanti con tanto di spoporzionata (enorme) cometa naif. Mi piace ma potrei fare meglio: l’anno prossimo provvederò. Più una serie di presepi artistici (più o meno, compreso quello carillon sotto bolla di vetro e neve: a Palermo si dice “tascio”) permanenti, disseminati per casa, di piccole proporzioni. E una piccola biblioteca che studia e analizza i presepi napoletani (ho qualche pezzo pregiato proveniente da San Gregorio Armeno). Quest’anno da Napoli abbiamo ricevuto un angelo e un pastore (settecenteschi?) di rara bellezza. Se da bambino dovevo accontentarmi di un alberello bonsai che i miei ordivano per mettere a tacere eventuali complessi d’inferiorità rispetto agli bimbetti (che ostentavano alberazzi iperbolici), da grandicello mi ritrovo ad osservare il rito nelle sue molteplici manifestazioni. E non finisce qui: ho intenzione di acquistare una cermanica da De Simone: esistono ancora i calchi del grande Maestro e presto farò una capatina in fabbrica. Sto cominciando a scegliere il “mio” prsepe.

  4. Tanta tristezza mi mette il capodanno (lo salterei a piè pari) tanto il Natale mi scalda e mi conforta. sempre stato così sin da quando ero piccola.
    La prima settimana di Dicembre mio padre ci portava a piano battaglia,lui comprava la ricotta appena fatta da un pastore allocato proprio alla battaglietta (mia madre,una pasqua di queste si buscò la brucellosi),noi bambini raccoglievamo pigne, muschio, fogliami vari, anche bei rami di ilex aquifolium(assassini!!). A casa spruzzavamo alcune pigne con delle bomolette spray dorate (l’interno dei nostri polmoni ne è rivestito interamente) e su delle spugne da fiorista facevamo ghirlande e festoni niente male, ci mettevamo semi di anice stellato, stecche di cannella, chiodi di garofano e una sacco di frutta secca.Mia madre si occupava dell’albero, mio padre del presepe.
    Oggi, a distanza di un trentennio il mio entusiasmo è immutato.
    Porto la prole raccogliere bacche e fogliami(mai più agrifoglio),
    la sera del giorno sette addobbo due alberi che hanno l’età dei miei figli più grandi e che diventano ogni anno più ricchi, la più piccola si occupa di decorare un presepino di terracotta, che comprai a Oaxaca (Messico) , niente di pregiato a parte l’espressione serena e ingenua in tutti i volti dei personaggi.
    Su quel “ladrone” made in Zamundia…meglio stendere un velo pietoso!

  5. @giacomo: sempre un bel leggere, sempre un sorriso leggero e che non stanca.
    Buon Natale!! al suo presepe e all’ abies amabilis della sua consorte.

  6. Io vado a fasi alterne. Da due anni sono diventata “lagnusista” come C. Ho un albero sintetico nano: mi arriva poco sopra il ginocchio e ci vogliono trenta secondi per addobbarlo.

  7. @Faguni: anche a me il capodanno mette un filo di tristezza. Sono di buon umore appena la befana tutte le tentazioni porta via. Mi piacciono le trasgressioni non comandate.
    Ma nessuno possiede un presepino sotto bolla di vetro, tascissimo?

  8. @Gianni allegra:altro che “filo” la mia è una matassa di tristezza! incapacità
    ad assorbire questa festività, con annessi premi e cotillon.
    Anche io ho diverse bolle di vetro con nevicata interna. Di natalizie ho: una
    natività, un babbo natale con slitta colma di doni, un omino di neve e una bella casetta inglese con scena familiare all’interno che si illumina tutta e poi diversi carillon con musiche che spaziano da” Tu scendi dalle stelle” (effetto “incompreso”) a “White Cristhmas” (Da ” ultima neve di primavera”) più un Babbo Natale altezza ragazzo che canta e balla “Jingle Bells” (da “il piccolo lord” a “The Champ”).

  9. @gianni: io ho di peggio. Una mia amica inglese mi ha regalato una bolla con la neve che contiene una foto sua e una mia con mio marito… Tascissima!

  10. Io! io possiedo proprio la “bolla-carillon” con neve e natività all’interno su base decorata. Oltre a ciò ogni anno nell’angolo del mio soggiorno troneggia abete ecologico di ca. 1,80 decorato in oro e rosso, oggetto di divertimento del gatto da poco ereditato.
    Da bambina collaboravo anch’io alla costruzione del presepe con sugheri, laghetti, pecorelle e cammelli. Pezzi di cartapesta misti a quelli di plastica di dimensioni differenti. Molta confusione e tenera suggestione.

  11. Dovremmo istituire il “Bolla Tascia Award”… Premio: una bolla tascia, ovviamente.

  12. Non so cosa darei per possederne una con dentro un carrettino siciliano addobbato con specchietti e campanacci!! certo,magari al posto della neve petali di gelsomino. In uno dei miei vari traslochi ho perduto un pomolo di cambio, di una “Acentururici”. Era in silicone e dentro c’era proprio un piccolo carretto.

  13. Scusate ma se parliamo di bolle di neve, altresì denominate palle, intervengo a gamba tesa.
    Io ho una collezione vastissima: circa 380 pezzi anche degli anni 50 e 60 di tutte le città del mondo. Un giorno varrà un sacco di soldi. Un giorno.

  14. @Cinzia: complimenti!! che invidia!! E vogliamo parlare pure di “appiccicoselli” (magneti da frigo) e misirizzi o dei piatti del buon ricordo (Anche se di questi ultimi io non ne possiedo )

  15. Sì in effetti sono fuori concorso..
    I piatti del buon ricordo li odio. Magneti sì,tanti e molti anche rotti e incollati….
    Secondo me le collezioni devono essere tascie perchè al tasciume non c’è mai fine. Tante cose tascie insieme sono belle.

  16. No, ragazzi, così mi attizzate: i magneti hanno preso il sopravvento e lo sportello del frigo è una composizione pop pazzesca (non c’entra più uno spillo): ma sono anni che colleziono cartoline (rigorosamente illustrate; non fotografiche: provenienti dalle città che visito: per adesso il campionario migliore Marsiglia, visistata per un giorno…). Peccato Londra, solo magneti. Bellissimi quelli della tube. Giacomo, hai dato la stura all’outing sul “feticismo” (e non mi pare di essere il solo da queste parti).

  17. Dimenticavo: colleziono matite, ne ho oltre trecento. Le più belle sono di un tascio inenarrabile. Ma cosa penseranno gli amici forestieri di questo slang stretto?

  18. Bellissimo post, Giacomo. Parole perfette, frasi perfette… L’ho riletto più volte, un piacere puro.

  19. Gianni, se non la fai tu la collezione di matite chi deve farla????!!!

    @ faguni.. sì, hai ragione, l’importante è essere tasci consapevoli. Ci sono tasci che si fanno chiamare artisti. Ma questa è un’altra storia…

  20. @cinzia: dài, raccontala quest’altra storia: se non ora, quando? Non chiedo nomi e cognomi (magari solo i nomi!) ma situazioni e aneddoti (decifrabili).

  21. Non mi riferisco a qualcuno in particolare ma a quelli che magari fanno solo una fotografia e si fanno chiamare fotografi. Quelli che scrivono un solo libro e si definiscono scrittori. Coloro che magari disegnano una cosa e si proclamano disegnatori.

  22. Ma si,il tascio è dovunque ci sia la convinzione e la certezza di non esserlo.Stessa cosa per il conformismo, più ci si sente “anti” più si uccide l’autenticità.

  23. Io colleziono block notes comprati nei bookshop dei musei delle città che ho visitato, e tazze, anche quelle acquistate (più spesso rubate, lo confesso) nei bar e caffetterie dei posti dove sono stata. Non sono cose tascie, però…

  24. @cinzia: non amo i sedicenti artisti (con autocertificazione) che si lamentano e piagnucolano e invidiano e sguazzano depressi nella loro mediocrità. E non mi piacciono quelli di medio calibro che diventano improvvisamente di eccezionale levatura se pompati da maestranze maneggione.

  25. @gianni.. la pensiamo allo stesso modo.
    Io di artistico non so fare nulla. Però lo faccio in modo sublime!

  26. @tutti: tasce senza i, direi. Al plurale, dopo la doppia consonante (come in “frecce”) la i non ci va.

    Io ho una collezione – metà raffinata e metà tascissima – di segnalibri. Tra quelli tasci ce n’è uno che mi riempie di orgoglio: un finto papiro egiziano antico (in realtà è una moderna imitazione, ma comprata da una mia amica in Egitto) con i geroglifici, i faraoni, le mummie…

  27. mi candido per il concorso ” bolla tascia”. in più posso concorrete con civette e gufi di ogni materiale e dimensione facenti funzione di magneti da frigo, segnalibri, apribottiglia, posacenere, portachiavi

  28. @abbattiamo: Grazie, in effetti mi suonava strano.

    @ladispersa: la prego, no! Gufi e civette in casa no! Portano sfiga. Mia nonna gliele avrebbe fatte sparire nottetempo…

  29. ho dimenticato di dichiarare un’imprecisata quantità di cartoline in bianco e nero con didascalia roproducenti le varie sedi di un istituto religioso con sedi sparse in Italia e all’estero (regalo della mia maestra delle elementari). Incredibile non ci pensavo più da anni…

  30. @tutti: ahimè!, chi tardi arriva male alloggia…
    A forza di duetti e controduetti, disfide e tenzoni, l’argomento iniziale s’è allargato in un enorme ventaglio di opzioni possibili, a dimostrare che di natali non ce sono soltanto due possibili, ma un’infinità di altri. Basta saperseli creare, uscendo fuori dal solco della convenzione…

  31. Olte agli svariati errori di grammatica mi sono accorta di avere scritto per ben due volte!! fogliami!!!!
    Tascia tascia tascia!!

  32. Posso aggiungere la mia collezione di cartoline? Conservo quelle più strane o più tasce che mi hanno spedito: ho quelle con le donne in costume tradizionale con gonnellina a frange mobili e in rilevo, ma anche quella di un anziano crooner americano sdraiato nudo sul pianoforte con una palla da baseball a coprire i gioielli di famiglia.

  33. Mi sto divertendo un sacco. Dimenticavo di dirvi della mia collezione di balene: non me ne curo più da anni, forse è stata una collezione momentanea. Ma amici, conoscenti e parenti memori dell’antica passione continuano a impinguare la bacheca: una settantina. La più bella un moby dick in ceramica realizzato da una amica ceramista raku di Donnalucata. Segue balena gialla tascissima in gomma per gioco acquatico (vasca da bagno) infantile.

  34. Una cosa mi viene in mente sul Natale…
    Questa fantasmagoria di commenti mi porta a visualizzare un enorme albero di Natale che, tutto scintillante di luci, di cromatismi, di oggetti come cartoline, appicicoselli, palle di neve, carillon e quanto’altro, gira e gira al suono di cornamuse, poggiato su una bella giostra di cavallini caracollanti.
    Forse è questo il natale che stiamo costruendo…

  35. Sono d’accordo: siamo tutti un po’ caracollanti, e consapevoli di esserlo, ma non ci neghiamo qualche frivolezza. Mi sembra l’atteggiamento giusto.

  36. Che bellezza i mostri di gomma! tarantole giganti, draghi dagli occhi fluorescenti, triceratopi dal collare aguzzo, piovre e quan’ altro.Tutta colpa di Jules Verne!
    Ah,dimenticavo le conchiglie, ne ho centinaia. Alcune comprate, quasi tutte raccolte sulla spiaggia. Lo so lo so, non si fa ma è più forte di me, ogni mattina, durante la passeggiata coi mie cani, ne sottraggo alla battigia qualcuna. Ne ho barattoli colmi.Chissà che un giorno non mi venga in mente di liberarle.

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