Se la musica è questione di antipatia

Un’ultima cosa su Sanremo e poi basta, lo giuro. Analizzando i voti, salta all’occhio come la Sanremo Festival Orchestra abbia stroncato il duo Dalla-Carone relegandolo all’ultimo posto, e abbia invece premiato la coppia Bertè-D’Alessio con una perentoria seconda posizione.
Qualunque telespettatore di buona volontà non può che insospettirsi dinanzi a giudizi così strampalati (la canzone di Dalla, orchestralmente parlando, era una delle migliori). Che abbia pesato quell’elemento poco musicale, piccino eppure tagliente, come l’antipatia personale?

Grazie alla Contessa.

Rosi che si approva da sola

Aveva l’aria di una che aveva fatto di tutto per essere lì in quel momento e in quel contesto Rosi Mauro, leghista e presidente di turno del Senato, che ha approvato e disapprovato tutto e meno che tutto da sola, come una maestrina indispettita.
Invece oggi la signora è una macchietta della politica italiana che probabilmente maledice quel pomeriggio di untuosa presunzione in seguito al quale è stata consacrata reginetta di un video virale. “Chi è favorevole, chi è contrario, non approvato!”
La verità è che Rosi Mauro, con il suo fiocco verde lega, ci appare come la capoburocrate (privilegiata) di un consesso di burocrati odiato dai superstiti della burocrazia: è in un posto di dominio e non si interroga su quel che accade intorno, ma va avanti secondo i suoi principi piccoli, rigidi e fragili.
In qualsiasi altra nazione una come lei sarebbe stata spedita altrove dal suo stesso partito, perché la politica vive soprattutto di attendibilità e le varie Rosi Mauro, che pur non capendo nulla di procedure sono chiamate a imporle, hanno un problema di credibilità.
Invece l’onorevole sta lì, sugli scranni del Senato a rappresentare un’Italia che non si sognerebbe mai di recitare quella parte doppiamente ridicola perché macchiettistica  e perché invalidata proceduralmente.
Rosi Mauro probabilmente dorme i sonni tranquilli che nessuno di noi, avendo fatto la sua figuraccia, dormirebbe mai. Quanto sia inconsapevolezza e quanto subcultura del neoberlusconismo (che celebra la santificazione delle minchiate) non lo sapremo mai. Il dato incontrovertibile è quello legato al primato di ridicolaggine: quello non glielo toglie nessuno, almeno fino alla prossima finta resa dei conti tra i ministri del Pdl e il Pdl stesso.