Da soli

Partire da soli. Senza fuggire da qualcuno o da qualcosa. Senza cercare qualcuno o qualcosa. Per una scelta che non va giustificata, ma al limite raccontata. E raccontiamola.
È stata un’esperienza nuova, scrivo adesso quand’è praticamente conclusa.
Sono stato sulle Dolomiti.
Da appassionato di sci mi è capitato moltissime volte di sciare da solo: per me scivolare tra le montagne è uno stato della mente, più che una questione fisica. Parto la mattina e non mi fermo manco per pranzo, vado e basta: lo slalom tra le cunette e tra i pensieri, la musica negli auricolari che riempie i vuoti delle risalite, l’occhio che si sazia dei panorami che ha sognato per mesi.
Stavolta ho provato una sensazione più radicale, stare da solo prima durante e dopo le cinque-sei ore di sci indefesso e quotidiano. E ne ho tratto alcune considerazioni che, per uno strano gioco del destino, coincidono con quelle che stamattina  Alessio Cracolici ha ripreso dal blog di Maurizio Crosetti.

Potersi isolare, ma davvero, dal resto del mondo e dalla parte più rumorosa di se stessi. Decidere qualcosa di veramente importante facendo precedere il silenzio alla scelta. Rinunciare alle connessioni, al “campo”, alle tacche. Sapere che certe decisioni non dipendono solo dall’interesse, dall’opportunità personale, da logiche di potere: un po’ sì, ma non del tutto. Cercarsi dentro una risposta che già esiste, però è come soffocata dalla confusione e dall’abitudine. Non avere paura di essere soli, o di rimanerlo. E infine scegliere la persona giusta: non aver paura, potresti persino essere tu.

C’è una maledizione che, in tempi di condivisione forzata, ammanta il solitario: e cioè che è uno sfigato. Ci vorrà il conforto del destino e la carezza impalpabile del futuro per capire che, magari, quel tipo che sta da solo, lì in mezzo a una moltitudine che è solo un rumore di fondo, sta semplicemente prendendo la rincorsa. Che non sta scontando né infliggendo alcuna pena perché invece vuole spostarsi, e rimanerci il più possibile, in una landa isolata da ogni giudizio. Che la sua è una scelta reversibile, come ogni scelta libera e quindi felice, lontanissima da pressioni emozionali, giacché la pressione comprime e il suo contrario, la rarefazione, distende. E distendersi è un modo per allungare la visione dell’universo, oltre che i muscoli.
In questa settimana ho avuto modo di rivalutare il silenzio, non in modo assoluto ovviamente: ho mantenuto i contatti col mondo, ho scritto, comunicato, ma con un rigore che consiglio agli ossessivi compulsivi come me (pochi, per fortuna). Saper scegliere l’indispensabile è una forma sublime di autostima. L’eremitaggio è altra cosa, come l’ascetismo e per certi versi la santità: non è questo il caso, per carità. Lontano da me!
Insomma domani torno alla normale vita di relazione, quella fatta di rassicuranti consuetudini e di inderogabili ipocrisie, di felice e insostituibile raccolto nell’orticello domestico e di snervante caos sociale, di speranze a chilometro zero e di delusioni a lungo raggio. Di inseguimento di una verità almeno accettabile.
Nulla di eccezionale, lo so. È la vita di tutti noi fortunati che possono concedersi una scelta. Io magari la vedo da un abbaino privilegiato per il mio credermi osservatore da un abbaino privilegiato. Ma funziona così, rassegniamoci: viaggiare da soli è importante come il La per accordare una chitarra.
Se non ti interessa la musica non capisci. Se detesti la musica sono cazzi tuoi.

Musica per le vacanze (con sorpresa)

imageQuest’anno per le vacanze mi sono concesso un rito al quale mi ero sottratto da troppo tempo: preparare una compilation musicale ad hoc. Come gli animali che si curano da soli col cibo, ci ho messo dentro quello che mi serve per riparare i miei neuroni stressati. Ho iniziato coi Doobie Brothers, perché non c’è viaggio spensierato senza Listen To The Music. Poi mi sono portato appresso i Talking Heads perché Road To Nowhere mi fa essere sempre dove vorrei anche se sbaglio strada. Ho ripescato Mike Stern perché Chromazone e Jigsaw per un appassionato di chitarra sono la forma di droga legale più simile alla cocaina e pur dando dipendenza non hanno gravi effetti collaterali. E ancora Reflex, Level 42 e Wang Chung perché volendo o no siamo tutti figli (o nipoti) di un “video singasong”. Ho ammesso alla mia corte musicale persino Adam Levine, solo perché la sua Lost Stars piace a mia moglie e io la ascolto turandomi le orecchie, tanto dura poco. Una Let It Be in caso di tramonto solitario, pochi Toto, Allman Brothers e Matt Bianco a mo’ di macedonia perché a me piace ogni forma di contaminazione, anche al limite dell’inascoltabile: pensate a una successione di Jessica, More Than I Can Bear e Waiting For Your Love e dimenticate un filo logico. Infine ci ho piazzato con le pinze gli Imagination da ascoltare a tutto volume di nascosto. Perché io e solo io so da dove provengo.

Blu

san vito lo capo

Oggi San Vito lo Capo era così.

La finta libertà del telefonino-dipendente

dipendenza da telefonino

Ho vissuto per qualche giorno in un posto bello e isolato. Niente connessione con internet, niente telefono, niente tv. E’ una di quelle esperienze, moderne al limite dell’imbarazzante, in cui ciò che è regolare, normale e ordinario diventa straordinario, eccezionale.
Parlare con la persona che ti sta accanto senza un trillo che ti interrompa, leggere un libro prima e dopo cena fottendosene del tg, non chiedersi cosa diranno di te quelli che normalmente hanno molto da (ri)dire su quello che scrivi e pubblichi grazie a quei mezzi che adesso non hai: sono frammenti di una vita che sa di vacanza vera e che inesorabilmente si porterà appresso una scia di nostalgia quasi indelebile (il bello di una vacanza indimenticabile è che fa da appiglio per una nuova).
Perché il vero effetto di un ritorno a quelle che potremmo definire relazioni analogiche è la constatazione che la reperibilità eterna e la condivisione continua riempiono le nostre esistenze di una sorta di polistirolo emotivo. Che stabilizza e, soprattutto, isola.
Il resto sono solo frammenti di conversazioni iniziate con uno e finite con centomila, scuse che rimandano al controllo perenne del cellulare (“devo vedere la posta elettronica”), sintomi di noia inconfessabile, brandelli di personalità diluita in invii multipli e polluzioni da social network.
Pensateci quando fate finta di sentirvi liberi e indipendenti.
Ve lo suggerisce uno che con internet ci campa da qualche annetto.

Vita analogica, ogni tanto

Non sono un tifoso sfegatato della carta. Leggo, dopo un anno di regolare allenamento, anche su supporti tecnologici ad alto rischio incazzatura (provate a mettervi d’accordo con un tablet particolarmente sensibile allo sfioramento, quando voltate pagina senza la risolutezza che serve). Però in questo periodo mi è capitato di vivere in una dimensione molto analogica, senza connessioni che non siano di reale vicinanza: si parla perché si è seduti accanto, si gusta il silenzio poiché le parole non sono infinite, ci si guarda in faccia per capirsi. Continua a leggere Vita analogica, ogni tanto

L’esperimento

Ho trascorso un periodo relativamente lungo in una località di mare nella quale ho portato anche i miei strumenti professionali: un computer e un iPad. E in questo periodo ho provato a gestire la mia vita in modo diverso dal solito: lavorare quando si è in continua tentazione vacanziera è una costante prova di resistenza.
La notizia è che credo di avercela fatta.
Il nostro sistema di relazioni, di convenzioni, di schemi rigidi, prevede il riposo come alternativa netta al lavoro. In realtà – e questo è stato l’esperimento che ho condotto su me stesso – si può diluire il dovere nel piacere a patto di rinunciare a un po’ di quest’ultimo. Al posto di una settimana di completo relax, se ne possono fare tre di parziale relax.
Badate, è una scelta che non è priva di controindicazioni. Ci sarà sempre un momento in cui invidierete gli altri, i vacanzieri veri, quelli che hanno optato per la linea tradizionale, e questo rischierà di pesare sul vostro rendimento. Non dovrete cedere alle tentazioni di allungare gli spazi di riposo a discapito dei momenti dedicati ai committenti. La missione è essere diversi pur garantendo ai vostri datori di lavoro il normale rendimento.
Alla fine della giornata non sarete proprio riposatissimi come tutti gli altri, ma di certo sarete più felici di quelli che hanno esaurito la vacanza prima di voi e che vi mandano sms di nostalgia dall’ufficio.

Che meraviglia!

Tutto credevo di poter fare, tranne che coronare un antico sogno: trascorrere qualche giorno in una casa su un albero.

A ognuno il suo mare

Mentre l’Amia affonda in un mare di melma, il sindaco Cammarata nuota in un mare tropicale.

Vacanza al tramonto

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La foto è di Daniela Groppuso.

Sua altezza, le Mont Blanc

Foto di Daniela Groppuso
Foto di Daniela Groppuso

Cari amici,
mi prendo qualche giorno per andare a vedere che si dice a 4.000 metri al di sopra del livello del mare. Questa settimana il blog sarà un po’ meno aggiornato, ma sempre vivo.