La crisi della responsabilità

Che cosa penseranno in queste ore, leggendo nelle cronache delle belle imprese dell’onorevole Milanese, i suoi elettori? E che cosa avranno pensato ieri o l’altrieri gli elettori dei vari Cosentino, Papa, Brancher, Romano, e di non pochi altri senatori e deputati, a vario titolo indagati, rinviati a giudizio, condannati da un tribunale? La risposta è semplice: non hanno pensato niente. Per una ragione altrettanto semplice: perché quegli elettori in realtà non esistono.

Ieri, sul Corriere della Sera, Ernesto Galli Della Loggia riassumeva così il catastrofico risultato dell’attuale legge elettorale italiana. Come infatti sapete, i deputati e i senatori, e non solo loro, non sono scelti direttamente dal popolo, ma dai capi di partito. Ne consegue un’interruzione del rapporto tra causa ed effetto che allontana sempre più la gente dalla politica e al contempo consegna il governo di una nazione all’onanismo di un oligarca.
Non si è rappresentanti del popolo se il popolo ignora chi lo rappresenta. Se la scelta di un deputato è demandata al capo di un partito, nonostante l’esito delle urne dove pure sono contenuti nomi e cognomi, il merito oggettivo diventa il suo contrario: raccomandazione, privilegio, favore.
Il momento politico che viviamo ormai da un decennio è inquadrabile, molto sommariamente, in un ambito di crisi di responsabilità. Ci arrabbiamo se nella Finanziaria qualcuno mette una norma che non c’entra nulla coi conti dello Stato ma solo con quelli di un malfattore. Ci indignamo se in un anno di attività parlamentare la maggior parte del tempo se ne va nel discutere la riforma di una giustizia che non piace sempre al solito malfattore. Ringhiamo davanti ai palinsesti di una tv pubblica depredata delle sue forze migliori solo perché non sono allineate col potere (frase trita, lo so, ma chiara…). Ebbene, dovremmo risparmiare le forze per incazzarci a monte. Tutto ciò accade perché chi vota questi provvedimenti, di qualunque partito sia, non ha una responsabilità diretta nei confronti dei suoi elettori. Esiste solo un maledetto cordone ombelicale col leader del partito: suo è il regno, la potenza e la gloria nei secoli dei secoli.

Cari lettori, non siamo fessi

Sembra che il dato rilevante di queste elezioni sia la scarsissima affluenza alle urne.
Se fossi il direttore di un giornale proibirei di titolare su questo elemento (mentre vedrete che oggi i quotidiani lo porranno in evidenza) a meno che non ci fosse una postilla in prima pagina: “Cari lettori, non siamo fessi”.
Perché stupirsi (quindi farne una notizia) di un evento abbondantemente annunciato è un po’ da ingenuotti.
Se tu non spieghi alle persone cosa accade se vanno a votare – ergo se non dai modo ai candidati di esporre i programmi – perché mai le suddette persone dovrebbero andare a votare?
Se il premier evita qualsiasi confronto diretto con il capo dell’opposizione sui temi cruciali della competizione elettorale e poi, previo blocco dei programmi sgraditi, fa un comizio a poche ore dal voto sui principali telegiornali nazionali, perché mai un cittadino dovrebbe appassionarsi a una storia già scritta, una musica già suonata, un film già vecchio?
La scarsa affluenza alle urne – ma potrei sbagliare – è il risultato aritmetico dei colpevoli menefreghismi (endemici) e di un’ignoranza endemica (colpevole).
Tutto previsto, tutto noto, come marzo pazzo, come trenta dì conta novembre e come natale con i tuoi.
Solo che a Capodanno con chi vuoi i giornali non dedicano il titolo di apertura, senza opportuna postilla che spieghi (non so come): “Cari lettori, non siamo fessi”.