Elogio di Stieg Larsson

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Ho finito di leggere la trilogia Millennium di Stieg Larsson, un genere di libro che gli intellettuali leggono di nascosto come accadeva anni fa con Sidney Sheldon e certe cose di Ken Follet. Una buona fetta dell’intellighenzia ritiene infatti che il divertimento scritto sia poco elegante, come un abito comodo acquistato coi saldi. Siccome io non sono un intellettuale, vesto malissimo e non ho nulla contro i saldi, posso parlare bene di Larsson e della sua opera senza nascondermi dietro uno pseudonimo.

Larsson è, o meglio è stato, un gran tessitore di storie. L’architettura della serie Millennium è perfetta. Ogni libro basta a se stesso pur essendo collegato indissolubilmente agli altri. I personaggi sono talmente vivi che gli si perdona qualche dialogo superficiale, proprio come accade alle persone che ci circondano. La vicenda sulla quale sono imbastite le trame dei tre libri è avvincente e originale. Ci sono spie, ricchi enigmatici, giornalisti d’assalto, poliziotti coraggiosi, giganti malvagi, padri infedeli e figli degeneri. E soprattutto ci sono donne di ogni genere: ricche, diseredate, violentate, affamate di sesso, timide, disinibite, deboli, forti.

Il primo volume della serie, Uomini che odiano le donne, ha un avvio un po’ lento: dopo le prime sessanta pagine però la storia decolla.
Il secondo, La ragazza che giocava col fuoco, è dal punto di vista dell’azione il più coinvolgente, nonostante qualche crepa nella verosimiglianza: ma anche certe forzature – un personaggio che non riesce a morire nonostante sia stato colpito con ogni tipo di arma e addirittura sepolto – hanno il fascino della favola noir.
Il terzo, La regina dei castelli di carta, ha nel finale un dibattito processuale che ogni scrittore di legal thriller dovrebbe leggere: i dialoghi tra parti (avvocati, giudici, testimoni, imputati) sono talmente serrati da togliere il fiato al lettore.

Il numero di pagine complessivo è intorno alle 2.200. Ma scorrono che è un piacere: basta aver voglia di divertirsi.