Grillo, i soliti attacchi e i soliti sospetti

Italian showman Beppe Grillo gestures as

Solito format, soliti attacchi contro Napolitano, contro il presidente della Camera Boldrini, contro il Pd e Renzi, contro i sindacati e la politica, contro Berlusconi.

Così l’inviata del Tg1 ha riassunto oggi nell’edizione delle 13,30 gran parte della missione palermitana di Beppe Grillo che ieri sera ha parlato in piazza Politeama. Non ne faccio una questione politica – una volta ho votato per il Movimento 5 Stelle, molte altre volte ne ho scritto criticamente qui e sui giornali – ma prettamente giornalistica. Non c’è nulla di male nel descrivere sbrigativamente un comizio, basta avere la coscienza a posto. C’è invece qualcosa di irritante nel imporre il doppiopesismo di un’informazione che ha la memoria corta.
Mi spiego.
Negli ultimi vent’anni abbiamo avuto un tale al governo – o da quelle parti – che ripeteva ogni giorno la stessa solfa: contro i giudici, contro i comunisti, contro Napolitano o chi per lui. Mai che il Tg1 si sia limitato a una descrizione sbrigativa del verbo berlusconiano, mai che abbia riassunto il veleno del leader di Forza Italia come “il solito veleno”, o magari “il solito format”. Mai.
Ora, per quanto mi riguarda, Grillo può gridare e sbagliare quanto vuole, il mio compito di elettore è censire le buone proposte nel suo programma, se ce ne sono, e decidere di conseguenza. Ma la Rai e il Tg1, che negli ultimi decenni hanno dato prova di esibirsi come equilibristi su un filo di lana (quindi di sfidare le leggi della logica) quando si trattava di diffondere il verbo di uno che lanciava “soliti attacchi” contro tutti quelli che si mettevano in mezzo tra lui e il suo tornaconto, non può sbagliare. Da spettatore pagante oggi esigo la stessa minuziosa pelosità nel raccontare le gesta del potente di turno. Altrimenti sarò legittimato a pensare che è facile fare gli spiritosi con Grillo perché – con tutti i difetti che ha – non spartisce, non traccheggia, non lottizza, non corrompe: basta essere dei gran codardi.

E se il problema del Tg1…

Ieri sera il Tg1 delle 20 ha dedicato poco meno di una breve al no del Senato all’arresto del pidiellino Sergio De Gregorio. La notizia meritava ben altro rilievo e non per pulsioni forcaiole né per tendenze giustizialiste, ma solo per il semplice fatto che il verdetto di Palazzo Madama ribaltava quello della giunta per le autorizzazioni a procedere.
Un tempo c’erano da maledire Augusto Minzolini e il suo mahatma Silvio Berlusconi. Oggi non ci sono più né l’uno né l’altro – nel senso che questi signori non hanno più posizioni dominanti –  eppure l’informazione continua ad avere dei bug clamorosi.
Non vorrei che guardando la luna ci fossimo distratti dai lampioni fulminati che oscurano la via. Che pensando sempre a un Grande Disegno non badassimo agli irritanti scarabocchi.
Facciamocela questa domanda cruciale (senza avere certezze): e se al Tg1 la vera emergenza non fosse l’invadenza dei partiti ma la professionalità dei giornalisti?

Vade retro, pettegoli!

“Perché non vi diamo queste notizie. L’ultimo pettegolezzo del momento, le famose cene o feste nelle residenze private del premier Berlusconi, Palazzo Grazioli e Villa Certosa. Dentro questa storia piena di allusioni, rancori personali, non c’è ancora una notizia certa né un’ipotesi di reato”.

Augusto Minzolini, editoriale del 22 giugno 2009.

Per chi volesse approfondire l’argomento, consiglio la lettura del “libro bianco” sul Tg1 da giugno 2009 a marzo 2011 a cura del comitato di redazione della testata.

L’alluvione salva Minzolini

Il Tg1 di ieri sera ha parlato di Berlusconi solo alle 20,15, dopo quasi venti minuti di alluvione di postumi di alluvione di riflessioni sull’alluvione e di seguiti sul post-post alluvione. Insomma, la pioggia e le esondazioni hanno salvato il prode Augusto Minzolini che, di diritto e al netto del suo editoriale, ha declassato le notizie sulla crisi del Pdl e sul conseguente destino di questo Paese ad argomento di secondo piano. Peccato che tutti i più importanti organi di informazione del mondo diano ben altro rilievo ai capricci berlusconiani e alle reazioni delle borse mondiali alle voci, ai sussurri di dimissioni.
Poi Giuliano Ferrara, non contento della bufala diffusa poche ore prima quando aveva dato per imminenti le dimissioni di Berlusconi, ha regalato la più insulsa lezione che ci si potesse aspettare da un ascaro a buon mercato: è bene che trionfi la “politica del lieto fine”, ha detto a Qui radio Londra. E’ chiaro a tutti, anche a chi non vede Ferrara, quale possa essere il lieto fine auspicato dall’elefantino.
Insomma una serata preziosa per gli aspiranti giornalisti: è bastato stare davanti alla tv mezz’ora per imparare come non si fa il mestiere. Se fossi un editore ne farei una dispensa da vendere a caro prezzo.

Miss, mia cara miss

Miss Italia è in crisi, perde telespettatori quasi come il Tg1 di Minzolini. E Patrizia Mirigliani, quest’entità metafisica che si affaccia sulle nostre vite una volta all’anno al pari di una zucca di Halloween, punta il dito contro la Rai che non garantisce ospiti adeguati come fa invece col festival di Sanremo. Continua a leggere Miss, mia cara miss

Meraviglie del Tg1 d’estate

Il Tg1 estivo di Augusto Minzolini è una miniera di emozioni. E laddove la cronaca si ferma, ci pensano i giornalisti a sorprenderci con un guizzo, una trovata geniale.
Ieri è stata una giornata memorabile con due perle che, da sole, valgono il costo dell’abbonamento Rai di un anno.
Edizione delle 13,30, si parla – pensate un po’ – del caldo. La cronista testimonia il ruolo indispensabile del servizio Pronto Nonno, che dà assistenza agli anziani sciroccati di Roma, e chiede a un’operatrice (senza fare domanda):  “Ed ora una storia particolare di questi giorni”. Continua a leggere Meraviglie del Tg1 d’estate

La maschera di bronzo

C’è qualcosa di strabiliante nella maschera di bronzo che il segretario politico del Tg1, Angusto Minzolini (e non c’è refuso), indossa prima di ogni editoriale.
Ieri si è arrivati alla vetta dell’immaginifico, alla linea Maginot della democrazia televisiva.
In un momento in cui il governo Berlusconi prende bastonate dalla Lega, cioé dal suo principale alleato, e in cui è (finalmente) minato alle fondamenta da uno scandalo a prova di gossip, quello di Bisignani e della P4, il direttore del principale telegiornale nazionale non trova di meglio da fare che blaterare contro l’opposizione, cioé contro la componente più insignificante dell’arco costituzionale italiano, e contro quelle stesse intercettazioni che hanno portato alla luce un gigantesco sistema di malaffare.
Non una sola parola sui traffici, sulle odiose raccomandazioni, sugli agguati agli oppositori, sui clientelismi che le nuove inchieste giudiziarie stanno svelando. Perché questa indagine – se leggete le carte – ha tutto tranne che un sapore politico: ministri, sottosegretari, capitani d’azienda, burocrati parlano con questo Bisignani e si condannano da soli. Non c’è una sola parola, nelle intercettazioni, che lasci spazio alla buona fede di questi signori.
Ma tutto questo Angusto Minzolini finge di non saperlo e, indossata la sua maschera di bronzo, continua ad appestare il Tg1 con le sue controdeduzioni da lingua felpata.
Per me, che sono un abbonato Rai, il vero scandalo del servizio pubblico è il direttore di telegiornale che ogni giorno bara, non il conduttore di un programma di approfondimento (Michele Santoro) che una volta alla settimana dà la sua lettura dei fatti.

Facciamo un esperimento

Provate a guardare i telegiornali con un occhio diverso. Incasellate i servizi e le notizie che vi vengono somministrati in un elenco che prevede due sole colonne: agitazione e serenità. Non lasciatevi distrarre dal contenuto oggettivo del servizio (cioè non superate la distinzione tra cronaca bianca e cronaca nera, ad esempio), ma andate direttamente alle vostre sensazioni.
E’ molto probabile che, alla fine, troverete più ristoro in un arresto che in una recensione cinematografica perché è la sensazione che conta, non il mero contenuto. L’effetto tranquillizzante del male diffuso sconfitto dalle forze del bene è infinitamente più efficace del dubbio instillato dal male con nome e cognome incalzato dalle truppe malmesse del bene. L’arresto di un vecchio che insidia i bambini ai giardinetti si insinua nell’archivio delle emozioni in modo più rapido e istintivo rispetto all’inchiesta su un presidente del consiglio che corrompe chiunque possa essergli utile.
La rassicurazione della cronaca sta nella consapevolezza che ci sarà sempre – così si spera – un lieto fine. La verità della cronaca sta invece nella rassegnazione di un’attesa per un lieto fine che magari non arriverà mai.
I telegiornali degli ultimi tempi – specie quello di Minzolini – sono pieni di quel tipo di rassicurazioni.  Provate per sbalordirvi.

Nessuno tocchi l’elefantino

Vedo il programma di Giuliano Ferrara, non mi piace, ma sono felice che ci sia (il programma, più che Ferrara). Perché la pretestuosità delle polemiche alimentate da un Pdl a corto di argomenti (che non riguardino barzellette, after hour e vizi privati) è messa a nudo dalla messa in onda di “Qui Radio Londra”, dopo il tg delle 20 su Raiuno. Ogni sera Ferrara attacca magistrati (ieri sera Fabio De Pasquale), opposizione e non allineati senza che nessuno batta ciglio. E il bello è che così deve essere, è giusto che sia.
La democrazia vera si misura tra i picchi delle opinioni, non nelle pianure nebbiose della censura. Non si può invocare il contraddittorio come ingrediente fondamentale del giusto processo alla verità, quando in realtà è solo un condimento del verosimile: le idee non si imbrigliano per decreto legge.
Insomma, le apparizioni quotidiane di Giuliano Ferrara sono la legittimazione di qualunque altro opinionista la pensi in modo diverso da lui.
Nessuno tocchi l’elefantino.

I numeri del Tg1

I numeri sono molto utili per raccontare la realtà. Quella del Tg1 ad esempio.

Durata in minuti del servizio sulle proteste del popolo viola ad Arcore: 0,43

Del servizio sull’altolà di Napolitano al decreto su federalismo: 1,15

Del servizio sul probabile omicidio delle sorelline Alessia e Livia: 1,21

Del servizio sulla richiesta di giudizio immediato per Silvio Berlusconi: 1,27

Dell’intervento in studio di Giuliano Ferrara contro il gruppo l’Espresso e a favore di Berlusconi: 5,45