Segnali di fumo

Ieri il divieto di fumo nei locali pubblici in Italia ha compiuto cinque anni. E cinque anni fa lo giudicai una gran rottura di scatole. Mi dissi: vorrà dire che andrò meno al ristorante e sfumacchierò con maggior soddisfazione sul balcone di casa. Considerazione fallace, come non di rado capita nelle vite delle persone che devono imparare a crescere.
Ora che sono cresciuto, e non soltanto dal punto di vista anagrafico, non benedico quel provvedimento solo perché era troppo blando.
La libertà di fumare è, in realtà, una falsa libertà. E non per gli altri quanto per se stessi.
Solo smettendo o provando a smettere ci si rende conto del fastidio che ci si è imposti nel dover affermare che la sigaretta è un vizio privato e che quindi non può essere imbrigliato in una categoria di danno comune.
“L’aria è di tutti” ho sentito dire una volta a una signora che brandiva una Marlboro in un bar di New York, mentre gli astanti la guardavano con disprezzo nonostante si trovassero tutti all’aperto, in una terrazza di un hotel. No, l’aria non è di tutti. E’ di chi non la ammorba e soprattutto di chi ha i mezzi per gustarsela: un paio di polmoni sani, ad esempio.
Per questo ho scritto questo post ecumenico, forte del mio insulso record di astensione dal fumo: domani sono sette mesi.