Due parole su Arigliano

Due parole, in ritardo, su Nicola Arigliano.
Lo incontrai nella seconda metà degli anni ottanta, in occasione di un festival del jazz, credo organizzato dal Brass Group trapanese.
Io facevo il critico musicale e soprattutto suonavo come un indemoniato. Lui era un tutt’uno con lo swing e mangiava aglio e peperoncino con una disinvoltura che alimentava una sorta di leggenda. Trascorremmo due giorni insieme, durante i quali non mi chiamò mai col mio nome, ma con un soprannome che si era inventato per me: rock’n roll.
Qualcuno disse di lui che aveva un carattere un po’ spigoloso. Io lo ricordo come l’anziano più giovane con cui abbia mai discusso di scale pentatoniche, accordi di settima (lui ne era un tifoso e io, modestamente, pure) e pesto alla trapanese (altra passione comune).
Non so quanto abbiano influito sulla sua longevità gli antiossidanti dell’alimentazione e quanto quelli della musica. Di certo il risultato è stato unico.