Se cade un Petruni

E’ accaduto ieri.  In tutti i collegamenti in diretta e con compulsività patologica, Susanna Petruni nella sua trivalente veste di inviata a Siena, di vicedirettore del Tg1, di berlusconista osservante (e purtroppo praticante), ci ha ricordato come la tragica morte del turista francese alla vigilia del Palio non sia la conseguenza di qualche magagna umana, dell’incuria pubblica o di un cedimento strutturale, ma di una strana maledizione.
Va bene la nota di colore, va meno bene l’inseguire la superstizione sino a farla diventare elemento fondante della cronaca.
Il male che viene dall’alto (anche se sotto forma di pezzo di cornicione) nella logica della trivalente Petruni, ha ragioni che vanno cercate nella cabala, nei colori dei gonfaloni, o chissà nei fondi di caffé.
Non c’è mai una ragione razionale, a certe latitudini di ragionamento, per le sventure di noi umani. Del resto il partito dell’amore, nei cui confronti la Petruni non nasconde devozione, ha vietato ogni legame di casualità con quel che normalmente accade. Se viene giù un palazzo o il mibtel, ci sarà un motivo: odio o sfiga. Mai una responsabilità personale.