Dire grazie a chi lo merita

La campagna del radicale Marco Cappato che con l’associazione Luca Coscioni porta avanti la battaglia per una morte dignitosa è anticamente bella.
Anticamente perché in un’era di mobilitazioni da mouse, con migliaia di rivoluzionari da tinello che non alzano il culo dalla sedia manco per affacciarsi alla finestra e respirare un po’ di realtà, uno che va in Procura per autodenunciarsi per il reato di aiuto al suicidio (rischiando una paccata di anni di carcere), dopo aver accompagnato un uomo in Svizzera per il suo ultimo viaggio, compie un gesto di antica importanza. Di coraggio radicale, se volete: autentico, che si tocca con mano, che commuove. E che dimostra che per accarezzare il cuore dei vivi non servono i finti videoclip coreani sul giovane mendicante che diventa una star della medicina e guarisce aggratis chi gli aveva dato l’elemosina.
Bella perché è una campagna drammaticamente meravigliosa. Forte e amorevolmente crudele come solo la storia dei radicali ha saputo metterne su.
Insomma Marco Cappato indagato è il migliore motivo per guardare al futuro con ottimismo analogico. Se proprio qualcosa il fantasmagorico popolo del web volesse fare per mettere a buon profitto l’impegni di Cappato, dell’associazione Coscioni e di quei galantuomini che lottano per un ideale scomodo e anticamente bello,
potrebbe limitarsi a leggere, imparare, rileggere e riflettere. Senza lasciarsi trascinare da un hashtag, ma solo da un’eventuale anarchica emozione.

Prima della fine

Non riesco ad avere un’idea precisa sul suicidio assistito perché se da un lato mi colpisce che uno, un giorno, decida che vuole morire e va a concludere la faccenda come se decidesse di operarsi di appendicite, dall’altro ho ancora impressi nella memoria certi numeri dei nostri politici e dei nostri preti sull’eutanasia e sull’accanimento terapeutico.
E quando non si hanno le idee chiare forse la scelta migliore è quella di misurare il tasso di libertà che la nostra posizione taglierebbe o incrementerebbe se fossimo chiamati a decidere.
Una scelta consapevole, in simili questioni personali, non può trovare appiglio né ostacolo nei pronunciamenti di massa. Ci si può semplicemente uniformare o dissentire.
Se sono contro il suicidio assistito, cerco un ospedale per curarmi e non una clinica svizzera. Non sarà una legge scritta da tromboni incipriati a influenzarmi.
Se invece i miei giorni diventeranno insopportabili vorrò valutare tutte le possibilità. Tutte tranne quella che qualcuno mi imponga di vivere in un corpo che non voglio più.