Un dubbio su True Detective, anzi due

true-detective-poster-16x9-1A bocce ferme e condividendo gran parte delle lodi a una serie come True Detective, è giusto che vi metta al corrente di un paio di perplessità sulla bella serie tv di Nic Pizzolatto. Senza nulla togliere a chi ancora non ha visto le ultime puntate (l’on demand consente ormai notevoli dilazioni di godimento televisivo), tutta l’architettura del finale si regge su due elementi fisici dell’assassino che convincono poco: le grandi cicatrici sul volto e le orecchie verdi evidenziate in un disegno che lo raffigurerebbe.
In generale la ricerca di una persona con quell’evidenza di cicatrici non è impossibile, quindi come elemento cinematografico mi pare deboluccio. Come può passare inosservato alla popolazione un tizio con una faccia devastata? Questo tipo di escamotage narrativo non regge neanche per un’ora, figuriamoci per otto episodi. Ma la vera debolezza è nell’indizio “orecchie verdi”. E qui parlo a chi ha visto tutta la serie: avete mai visto un imbianchino che si sporca le orecchie (tutt’e due) di vernice? Capisco le mani, la faccia, ma le orecchie… E’ come cercare di incastrare un cuoco assassino per l’impronta lasciata nel purè.
Insomma, True Detective è un bell’esempio di serie tv recitata, di grande prova attoriale (come si diceva una volta): Matthew McConaughey e Woody Harrelson sono due giganti. Sulla sceneggiatura tuttavia ho qualche riserva.
Comunque ne riparleremo al termine della seconda stagione.

Beppe Grillo, il silenzio non è d’oro

Grillo ha scelto di non concedere interviste. Il leader del Movimento 5 stelle ha una manifesta allergia nei confronti dei giornalisti, basta vedere l’insofferenza con cui li respinge quando se ne trova qualcuno tra i piedi. E’ una scelta che difficilmente può essere condivisibile, anche tra i suoi accoliti suppongo.
In campagna elettorale la comunicazione – quella vera, non quella ossequiosa delle Barbare D’Urso e delle altre pie imploranti come busta paga impone –  è fondamentale. Perché, oltre a diffondere idee e progetti, dà la possibilità agli elettori di tastare il polso del candidato, di metterlo alla prova, di verificarne la tenuta. Grillo dice: il nostro programma è tutto sul web. Sì ma, se solo fosse possibile, qualcuno dovrebbe chiedergli se lui comprerebbe mai un’auto vedendola solo sul catalogo.
Il mondo, nell’ottica del capo del Movimento 5 stelle, è tutto un complotto, tutto un magna magna. Chissà, magari è vero. E magari Grillo ha il lanternino per guidarci alla scoperta della verità. Però in un Paese che ha perso la fiducia chiedere un voto sulla fiducia è un passo ardito: per combattere un’epidemia bisogna dimostrare non soltanto di essere medici ma anche di avere i farmaci giusti.
La sensazione è che Grillo giochi molto col suo personaggio – interessante e ammaliante – e sottovaluti l’intelligenza dell’elettorato. Lo dimostra la sufficienza con la quale il comico si rivolge a chi osa fare una domanda. Caro Grillo, la sa una cosa? C’è un sacco di gente intelligente, furba e colta in quest’Italia di mezze calzette, gente che la voterebbe se solo lei si degnasse di darle conto, senza ridacchiare quando uno chiede. Solo che lei sta dimostrando di confondere il palco di un artista con quello di un politicante.
Le rivoluzioni hanno bisogno tanto di fede quanto di coraggio: la prima si coltiva in solitudine, il secondo si rafforza col confronto.
Grillo, mi duole molto dirlo, in questo momento rischia di andare a combattere con un esercito di automi.

C’è un supereroe che avanza

Se mi avessero detto che un giorno il sito ufficiale del Pd avrebbe avuto questa home page, avrei detto che quello sarebbe stato il giorno del giudizio (non per il partito, ma per l’umanità). Invece siamo tutti qui, più o meno sani e salvi, e il partito democratico celebra all’improvviso la leggerezza che non ha mai conosciuto. Le primarie dei Fantastici 5 ci consegnano un sorriso di compatimento e un dubbio: dato il riferimento al celebre fumetto della Marvel, chi è l’intruso? E di quali superpoteri dovrebbe essere dotato? Io suggerisco: tasche infinite.

Grazie a Giuseppe Giglio.

Diabolik in tv

Diabolik è stato uno dei fumetti della mia infanzia (con Alan Ford e il gruppo Tnt). L’idea di una serie tv a lui dedicata mi incuriosisce perché Mission Impossible potrebbe essere nulla al confronto. Vedremo.

Liberi di…?

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A proposito di Current TV

Quando nei giorni scorsi ho letto della mobilitazione per salvare Current TV dalla “censura” di Sky mi è subito passato un pensiero non in linea col sentire comune: mi pareva una delle cosiddette notizie troppo belle per essere vere . Non ho scritto niente perché mi sentivo colpevolmente influenzato da una diffidenza personale: appena vedo catene di Sant’Antonio e appelli fluviali su internet, come quelli che giravano a proposito di Current, mi viene l’orticaria.
Poi ho letto la replica di Sky (ad opera di Tom Mockridge) e ho smesso di grattarmi.

Purtroppo, Joel (Hyatt, socio di Al Gore in Current TV, ndr) ha deciso di non accettare la nostra offerta e ha chiesto invece di avere il doppio di quanto Current percepisce attualmente, una cifra che arriva ad essere vicina a 10 milioni di dollari. Si tratta di una richiesta decisamente troppo alta, specie in relazione alle recenti performance del canale. Al Gore ha diffuso dati assolutamente inesatti sull’audience del canale, sostenendo che un abbonato di Sky su due guarda Current una volta la settimana. La realtà, purtroppo, è assai diversa: i dati Auditel dicono che solo un abbonato di Sky su 25 ha guardato Current almeno per 10 minuti in una settimana nel corso del 2011. Lo share del canale è dello 0,03% su media giornaliera e dello 0,02% in prima serata con una media giornaliera di 2.959 telespettatori, come rilevato da Auditel nel 2011. Si tratta di dati in calo del 20% sulla media giornaliera e addirittura del 40% in prima serata, se comparati al 2010. Se il canale avesse raggiunto l’obiettivo di 4500 telespettatori medi giornalieri, concordato nel contratto, la partnership sarebbe stata rinnovata automaticamente per ulteriori due anni.

 

Il lungo incesto tra Inter e Milan

Visto sul Grande cocomero.

Il calcio privato

Pare che la Lega Calcio, l’organismo più resistente all’evoluzione millenaria dopo gli squali, le tartarughe e una rara specie di lepidottero che vive sul versante sudest della seconda discesa a sinistra della prima porzione orientale della Papuasia, abbia deciso di vietare ogni forma di testimonianza umana delle partite, eccezion fatta per Sky, Rai (“Quelli che il calcio”, cioè la trasmissione che meno si occupa di calcio tra le trasmissioni sportive) ed eventuali network milionari.


Ciò significa che tutte le tv private perderebbero trasmissioni di punta, audience e spunti commerciali.
Sono un abbonato Rai, sono anche abbonato a un network privato: insomma pago tutto quello che c’è da pagare per vedere poche ore di tv all’anno. Per il calcio pago qualcosa in più, anche se io vorrei andare allo stadio, ma mia moglie (tifosa pure lei) ha un debole per la tribuna cuscinata del divano di casa.
Però un campionato senza i salottini delle tv private, senza la passione di telecronisti nostrani che farebbero quel mestiere anche gratis, senza il tifo verace che i media blasonati ci negano, senza il sudore vero che è il contrario di quello che appare prima e dopo il superspot, un campionato così io non me lo immagino.
Quella che la Lega calcio ha in mente è una competizione che si allontana, istante dopo istante, dalla gente, dal substrato del tifoso. E’ un modello che è sempre più Balotelli (un giocatore che se ne infischia del pubblico pagante della sua squadra, cioé di chi gli dà lo stipendio) ed è sempre meno Miccoli (uno che sceglie di rimanere in una piccola società pur di mantenere il piccolo scettro di piccolo re, anche a discapito dei guadagni).
La Lega Calcio è l’organo infetto di un Paese malato, dove neanche il divertimento si discosta per un attimo dalla logica del profitto sempre e comunque, dove la monetizzazione parte col primo applauso dell’ultrà borchiato e termina con l’ultimo sorriso di plastica di Simona Ventura.
Se fossi in campo saprei io contro chi scagliare la pallonata definitiva.

Notizia: l’intervista è vera…

…e pure i sottotitoli.

Da SkyTg24 di domenica scorsa.

La Rai e il pizzo

Pago il canone Rai. Non siamo in molti.
Seguo i Mondiali di calcio. Siamo in molti.
Domandina semplice semplice: perché devo avere dalla tv di Stato un servizio inefficiente che si è obbligati a pagare (basta avere un televisore), e invidiare chi ha un servizio perfetto da parte di una tv privata e magari non paga un bel niente alla Rai?
Il succo è questo: oggi io non conto nulla nelle scelte del palinsesto della Rai, di cui pure sono cliente con quel che ne consegue, ma se verso qualche centinaio di euro in più posso avere sul mio televisore tutto quello che vorrei e che non ho. Se ci pensate bene è il principio del pizzo: la normale sorveglianza costa quanto costano le tasse (le forze dell’ordine sono nel bilancio dello Stato), se vuoi di più devi sganciare.
Ora, non mi sogno di accostare Sky a un mercato illegale di servizi, però credo che questa Rai, inefficiente e clientelare, vada messa sul mercato. In modo che io possa scegliere tra le varie offerte senza dover essere obbligato a pagare un servizio scadente.
Insomma – tanto per fare un esempio – a me e a molti altri non ce ne frega niente di avere ogni pomeriggio Monica Setta che ostenta il suo banale davanzale a tot migliaio di euro a puntata, a noi interessa che la Rai (che paghiamo in anticipo e in moneta sonante) sia presente degnamente nei due o tre fondamentali appuntamenti di cronaca annuali.
E i Mondiali di calcio fino a prova contraria sono un evento di una certa importanza.