Non leggere più romanzi?

Qualche settimana fa nella sua rubrica settimanale su The Believer, Nick Hornby ha dichiarato la sua difficoltà (estrema) nel leggere romanzi.

Io ci provo a trovare nuove opere di narrativa, giuro, ma è come cercare di spingere un carrello della spesa scassato per i corridoi di un supermercato.

Hornby lega, seppur ironicamente, questo problema al raggiungimento dei sessant’anni di età. L’articolo mi ha colpito perché io di anni ne ho qualcuno di meno, ma effettivamente avverto un mutamento nei miei interessi di lettura. Torniamo allo scrittore britannico, che argomenta.

Un brutto libro, per dire, sulla storia delle ferrovie indiane finirà comunque per dirvi qualcosa sulle ferrovie, l’India e la storia. Leggere un brutto romanzo mentre vi state avvicinando all’età della pensione, invece, è come prendere il tempo che vi è rimasto a disposizione e gettarlo in un caminetto acceso.

L’insofferenza è un tema strettamente legato all’età che avanza. Più si cresce meno si è disposti a sopportare gli effetti collaterali della crescita. C’è un momento in cui il piacere di esibire la vostra esperienza si è tramutato in irritazione nei confronti di chi non vi ascolta. Ecco, un romanzo sbagliato è come un interlocutore distratto. Chi non sa niente di libri crede che il rapporto tra lettura e lettore sia univoco quando basta aver leggiucchiato qualcosa più di una timeline di Facebook per sapere che un libro non solo dà, ma anche (e soprattutto) chiede.
Non sono arrivato all’insofferenza snob, magari giustificata sì, di Hornby, ma da qualche anno mi sono misurato con una diversa disposizione nei confronti della narrativa. Prima ero onnivoro, poi sono diventato intollerante ad alcuni temi e/o autori: come la pizza che uno adora e che d’improvviso diventa indigesta. Allora mi sono inventato strade alternative, soprattutto per arginare uno strisciante senso di colpa. Amo la montagna e mi sono messo a leggere storie di montagna; amo viaggiare e mi sono messo a leggere i classici dei grandi viaggiatori; amo la psicologia applicata al mio Doc e allora mi sono messo a leggere saggi di psicologia for dummies. Certo, ci sono le eccezioni. Ma hanno a che fare col sentimento, i libri sono meglio degli amici: ci dicono quello che è giusto non cercare senza infingimenti senza ipocrisie senza risolini, perché in fondo lasciarsi trovare è l’emozione più profonda che premia chi sfoglia con la mente aperta.
E qui, davanti a pagine inesplorate, l’età non ha età.

Fumare controvento e altri riti inutili

“Dio ama i poveri…”
“È per questo che ne ha fatti tanti”.

La citazione è tratta da “L’elenco telefonico di Atlantide” di Tullio Avoledo, un gran bel libro che lessi nel momento in cui mi parve un gran bel libro.
E il tema è proprio questo.
Noi non siamo solo quello che leggiamo (semicit.), ma siamo anche quando lo leggiamo. Nello specifico io non sono un bulimico della lettura, anzi. Uso la lettura, purtroppo, in modo opposto e contrario rispetto ad altro, al cibo ad esempio.
Se sono felice mangio meno e leggo di più. E viceversa. Questo per dire che per quanto riguarda i libri esiste uno scacchiere temporale relativo per ciascuno di noi. Che non segue cronologie legate all’età anagrafica, ma piuttosto la luce dei nostri occhi, il taglio delle ombre di un’epoca.
Ci sono libri che potevate leggere solo in quel momento preciso, quando avevate un sabato sera inutilmente libero, tutto per voi, quando eravate padroni del mondo e invece vi sentivate poveri affittuari di un angolo di weekend. E ci sono libri che avete letto quando credevate di essere ispirati, quando per sfogliare un paio di pagine cercavate uno spazio nell’agenda, quando vi aspettavate di distillare da quelle parole un insegnamento determinante.
Credo poco all’ispirazione della lettura, per me quella vale solo a malapena per la scrittura. Credo piuttosto in un magico accordo che è anche un minimo elisir di lunga vita: leggere e/o scrivere è un punto che ha precise coordinate di luogo e di tempo.
Il libro che mi ha cambiato la vita lo lessi in un’appassionante missione sciistica, in cui il mio primo pensiero era portare le ossa sane a casa ogni sera. Ero concentrato in una personale impresa sportiva eppure quel libro, che pure era un saggio quindi mica un romanzone ruffiano, mi deconcentrava a tal punto da rimettermi in armonia col mondo. Era il tassello nel legno tenero di una maturità abbozzata, insospettabilmente solido.
Altri libri – non scrivo i titoli perché è il concetto generale che voglio rappresentare – mi hanno arricchito, mi sono rimasti dentro, mi hanno divertito o sconvolto perché le loro pagine erano scalini sui quali inerpicarsi in quel momento.
Ricordo a memoria incipit di romanzi non memorabili, ho dimenticato le trame di pietre miliari della letteratura. Ci sono narrazioni nelle quali mi sono immerso solo perché chi me le leggeva – sono stato un feticista della lettura ad alta voce – era una determinata persona e non un’altra.
Leggere e/o scrivere è un vizio. E come ogni vizio risente dei riti. C’è chi adora fumare controvento, io quando fumavo non accendevo mai una sigaretta se l’aria non era immobile. Un vizio che ha le sue controindicazioni: se non hai il  quando giusto magari ti ritrovi intossicato di parole inutili che possono essere più dannose del catrame nei polmoni.
Insomma di ogni libro che ho letto magari non ricordo il titolo, la trama, però ricordo quando l’ho letto. È un puzzle di sensazioni che si ricompone a ogni passo di memoria. Un atto che dà comunque ristoro perché quel che le anime semplici chiamano soddisfazione, gli altri chiamano consolazione.

Leggere e scrivere/3

Tuttora non riesco a decidere se sia più divertente leggere o scrivere.

Rex Stout

La lettura è una difesa contro le offese della vita.

Cesare Pavese

Leggere e scrivere/2

Quelli che scrivono chiaramente hanno lettori, quelli che scrivono in modo oscuro hanno commentatori.

Albert Camus

Leggere e scrivere/1

La persona, sia un gentiluomo o una signora, che non provi piacere per un buon romanzo deve essere intollerabilmente stupida.

Jane Austen