L’argine contro l’imbarazzo

Non accettiamo ultimatum di nessuno, men che meno che da Renato Brunetta.

Non sono uno affascinato da Renzi, però quel che mi aspetto da un premier che vuole ricostruire un paese raso al suolo dalla corruzione e dalla protervia dei potenti è esattamente questo. Un muro contro i ricatti. Un argine contro l’imbarazzo di dover sottostare ai diktat di personaggi come Brunetta.
Ci piaccia o no, Matteo Renzi è in questo momento la sola strada percorribile in una giungla di ingovernabilità e di populismo. Ci piaccia o no, dobbiamo lasciarlo fare. Del resto in un passato mai troppo lontano (e purtroppo indimenticato) abbiamo dato fiducia a imbonitori, giocolieri, prestigiatori, ci siamo lasciati incantare come topi da pifferai in playback, abbiamo affidato il nostro destino a soubrette travestite da onorevoli e a onorevoli che non valevano manco mezza soubrette.
Ora mi piace credere – senza avere mezza certezza, per carità –  che finalmente ci sia qualcuno che va avanti seguendo fedelmente un programma in cui rischia il culo, il suo. Sino a qualche tempo fa era solo il nostro.

Sempre telefonate erano

E’ bastato guardare La7 stasera per avere conferma dell’insana attenzione che il Pdl militante ha nei confronti del ministro Cancellieri. Prima Renato Brunetta a Otto e mezzo e poi la Gelmini a Piazza pulita hanno svelato l’arcano che tanto arcano non era: ma sì, è chiaro che la telefonata dell’improvvido ministro per il caso Ligresti è esattamente sovrapponibile a quella di Berlusconi per il caso Ruby, hanno detto i due esponenti del centrodestra. Un ragionamento demolibile sotto vari aspetti (quello giuridico, quello di opportunità, quello politico, quello etico, quello legato alla mera plausibilità). Solo un ambito è rimasto inattaccabile, inscalfibile e indiscutibile: quello umoristico. Lo si è capito quando, al termine di un’escalation di scemenze su Mubarak, la misericordia e l’atto umanitario di un leader, l’inopinato ex ministro Gelmini ha pronunciato queste memorabili parole: “Ligresti o Ruby, in fondo sempre telefonate erano”. Purtroppo nessuno ha riso.

 

Brunetta, Fazio e un dubbio

Io ieri ho osato chiedere se fosse vero il contratto da più di 5 milioni di euro che Fabio Fazio ha firmato o sta per firmare. Fazio ha detto che non si fanno queste domande, perché è roba riservata, saperlo favorirebbe la concorrenza.
Ho risposto: la trasparenza è dovuta per legge, i denari sono legittimi, ma la Rai è degli italiani, che devono sapere. Fazio sostiene a questo punto che comunque il suo programma porta attivo alla Rai e si paga interamente da solo con la pubblicità, e mi invita a controllare. E allora? Quand’anche fosse vero, e non è vero, è il minimo sindacale: ‘’i programmi di intrattenimento e di infotainment di Viale Mazzini devono far guadagnare per permettere poi di confezionare trasmissioni di servizio pubblico”.

Renato Brunetta scrive così a Dagospia, cercando di rimediare alla figuraccia fatta ieri sera a “Che tempo che fa”. Il suo ragionamento consiste nel confondere i ruoli e nel tentare di diluire responsabilità che invece devono rimanere ben distinte. Perché una cosa è un contratto artistico e un’altra, ad esempio, è uno stipendio da parlamentare. Brunetta tende furbescamente a equipararli, senza aver il coraggio di dirlo esplicitamente, giacché sempre di soldi pubblici si tratta, ma il trucco viene fuori quando Fazio gli fa notare che il suo compenso (alto, per carità) porta comunque grandi introiti alla Rai. Il compenso di Brunetta invece che introiti o benefici porta agli italiani?

Magra consolazione

Sì, è vero, siamo nei guai. Il Paese ha il motore in panne e le ruote sgonfie. Però se può servire a tirarvi su, cliccate qui e guardate con chi avevamo a che fare esattamente un anno  fa.
Forse, anche se è magra, una consolazione può far crescere la speranza.

Umberto il caldo

Agosto è il mese in cui, in assoluto, si parla di più del tempo meteorologico. Il caldo (e le ferie) innescano spunti centripeti di citazioni, di esclamazioni, di semplice intercalare. La temperatura, se ci fate caso, è al centro della maggior parte delle discussioni e non perché manchino altri argomenti, ma per un motivo fisico: il caldo dilata, amplifica, innervosisce. Dev’essere così anche per Umberto Bossi che in questi giorni ne ha per tutti, soprattutto per i suoi compagni di governo tipo Brunetta. Solo che nel caso del ritronato leader dei leghisti non ci sono prove di un effetto opposto del freddo.

Un Brunetta piccolo piccolo

L’insulto ai precari da parte del ministro Brunetta è la cartina di tornasole dell’arroganza di una certa politica. Ho avuto modo di sperimentare personalmente la protervia del signore in questione quando, un paio d’anni fa, mi occupai dello spam che il tizio aveva fatto per pubblicizzare un suo libro. In un colloquio di cui conservo ancora la registrazione (e che prima o poi renderò pubblico, quando i tempi saranno maturi e il de cuius sarà depotenziato, che ci volete fare tengo famigghia), Brunetta si esibì in una serie di salti mortali imperfetti, come quelli del circense che fa finta di non avere rete di salvataggio ma che in realtà sta volteggiando nel tinello.
Mi colpì la spocchia di un piccolo uomo che sa di aver torto – e in quel caso aveva torto, come poi i fatti dimostrarono – ma che deve azzannare in virtù di una mandibola e, peggio ancora, di una dentiera non sue. Il rango di ministro per uno come Brunetta è un’occasione imperdibile: lasciarsi logorare dal potere è il vizio ideale per chi non sa ammettere i propri errori. Solo che – unica perfezione del destino – il potere passa, gli errori rimangono.

Chi calunnia Brunetta

L’escort Nadia Macrì, ontologicamente coinvolta in scandali berlusconiani, racconta di aver avuto una notte di sesso con Renato Brunetta in cambio di 300 euro e soprattuto afferma di aver cercato di rivederlo per instaurare un rapporto più continuo.
Guardare le foto per arrendersi all’evidenza: il ministro è stato calunniato.
Trecento euro? Per accollarsi uno come lui ce ne volevano almeno il quadruplo.

Toh, si rivede Brunetta

L’Espresso questa settimana si accorge di una notizia non proprio nuova. Però è meglio tardissimo che mai.

La sai l’ultima? Te la dice Brunetta

La proposta del ministro Renato Brunetta di togliere ai pensionati 500 euro al mese da dare ai giovani per farli andare via da casa dei genitori è un po’ come la battuta di buon barzellettiere (una volta c’era Gino Bramieri): ti viene raccontata l’ultima e tu sai che nel peggiore dei casi sarà la penultima.
Brunetta, che incarna la più alta densità di se stesso misurabile in tutto il pianeta, è uno che quando prende la mira non pensa alla possibilità di errore, figuriamoci ai danni collaterali. Si è fissato coi bamboccioni, rubando il bersaglio a un altro ministro di un altro schieramento politico e non gli interessa se il virus dell’onnnipotenza dichiarativa gli fa sparare una cazzata o se lo costringe a sparare se stesso, a mo’ di uomo cannone,  nella stratosfera del ridicolo (affollata peraltro di colleghi).
Eppure sarebbe bastato un po’ di buon senso per riportare il discorso in un ambito più consono: va ricordato che la detonazione di una simile proposta non è avvenuta nell’ambito istituzionale (lì detona ben altro e spesso più che tapparsi le orecchie bisogna turarsi il naso), ma a Domenica In.
Il buon senso, dunque. Cosa avrebbe suggerito al barzellettiere ministeriale?
Innanzitutto che storicamente le elargizioni a pioggia, quindi senza meriti, hanno dato i peggiori frutti: e noi al Sud ne sappiamo qualcosa. Poi che ricevere soldi per promettere di far qualcosa è quanto di più diseducativo si possa imporre ai giovani.
In un contesto storico ed economico in cui una vera disoccupazione, quella delle fabbriche e delle piccole imprese, convive con una falsa disoccupazione, quella delle caste e degli ordini professionali (primo tra tutti il mio, quello dei giornalisti), proporre un bonus ai ragazzi per affrancarsi dalla casa di famiglia e passare al monolocale pagato in nero è oltraggioso e demagogico.
Insomma, di fronte alla proposta-barzelletta del ministro della Funzione pubblica ci si può consolare considerando che di peggio ci sarebbe stata solo la distribuzione, porta a porta, dei pacchi di pasta. Anche se lì l’ego di Brunetta si sarebbe dovuto arrendere: con certi compagni di partito non ci si può mettere in competizione.

Ma lui dov’è?

brunetta ansaOcchio alla foto.

Grazie a Tony Siino.