Elogio della qualità

C’è stato un momento nella mia vita in cui ho scelto di dedicarmi alla qualità. Ed è stato abbastanza di recente. Dal lavoro alle amicizie, dai sentimenti al tempo libero, dal cazzeggio alle personali elucubrazioni, ho lavorato molto di forbici e cesello, ho snellito, coltivato, rinunciato e rimodulato.
Il concetto di vita di qualità è molto importante in un momento come quello che stiamo vivendo. Perché la crisi, le continue difficoltà e l’insoddisfazione tendono ad abbassare la soglia di attenzione: ci si accontenta troppo, si sceglie per necessità e non per il gusto di ottenere il meglio, si inseguono più i rimorsi che le idee. Invece è proprio la qualità l’unico antidoto contro il logorio della politica moderna, il rifugio dai bombardamenti di qualunquismo che hanno fatto piccola una società che era grande.
Mi spiego, non è che con i miei amici, parlo di filosofia orientale all’ora dell’aperitivo. No, però mi diverto a scambiare feedback, magari a inanellare stupidaggini ma con un certo impegno perché, come si dice, le cazzate sono una cosa seria. Il segreto è racchiuso in una parola sola: rispetto.
Se la qualità fosse una montagna da scalare, il rispetto sarebbe la corda fondamentale per l’ascensione.
In generale, il problema è quello di fare continuamente scelte senza caricarle di aspettative come se si trattasse di passaggi cruciali. Basta essere fedeli ai propri interessi, qualunque essi siano, e non tradirli mai. Se vi piace parlare di fumetti e vi propongono di andare a cena con qualcuno che i fumetti li odia, magari troverete più piacevole restare a casa. Se un pensiero storto vi disturba, potrete sempre farvi una birra e alzare la musica. Se c’è un’alternativa – e c’è quasi sempre – c’è una soluzione. E se c’è una soluzione la qualità è garantita.

Clienti, non cretini

L'illustrazione è di Gianni Allegra
L'illustrazione è di Gianni Allegra

I giornali che celebrano i conti in attivo di un giornale mi sembrano zombie che festeggiano la morte definitiva di un collega. Non importa l’approdo, ciò che vale è il cambiamento di rotta, qualunque esso sia.
Pare che il Seattle Times abbia superato la crisi che lo attanagliava, riducendo un po’ l’organico e puntando definitivamente sulle notizie. Che, se ci pensate, sono provvedimenti scontati. Eppure lì si sono messi d’impegno (cronaca locale e inchieste con piglio investigativo) e i lettori hanno premiato la qualità.
Senza voler togliere fascino al mestiere di giornalista, va detto che sempre di commercio si tratta. Che siano notizie o pacchi di pasta, se sugli scaffali si mettono in vendita prodotti di buona qualità, con prezzo congruo, confezione giusta e adeguata promozione, è difficile che il cliente non faccia il suo mestiere: che è quello di scegliere il meglio per sé, senza svenarsi e senza avvertire la sensazione che qualcuno voglia fregarlo.
Eppure leggendo i giornali italiani, con qualche eccezione, sembra – ancora per metafora – di essere in qualche autogrill della bassa padana, dove trovi parmigiano e quarti di prosciutto talmente ben posizionati, illuminati, confezionati da non accorgerti che se li comprassi dal salumiere sotto casa risparmieresti denaro e guadagneresti salute.