Il prete pedofilo

Il mensile S racconta una storia da brividi.

La sveltina di Bertone

Il cardinale Bertone ha risolto un problema millenario con una sveltina dialettica: la pedofilia non c’entra niente col celibato, ma ha a che fare con l’omosessualità.
La dichiarazione è troppo bassa persino per il più scalcinato dei Bar dello sport: il calcio e la Formula Uno sono una cosa seria in confronto a Bertone, che pure ha un cognome automobilistico.
Sul tema della pedofilia, la Chiesa dovrebbe stare molto attenta in quanto sorvegliata speciale. Eppure l’arroganza medioevale con la quale il Vaticano gestisce le proprie debolezze/nefandezze è il segnale inequivocabile di un cortocircuito democratico: nelle nostre lande la presunzione di innocenza cancella ogni evidenza di colpevolezza per ricchi, politici e porporati, mentre accade esattamente il contrario per volontari, benefattori e coraggiosi.

Scusate se divago per quattro righe, ma vedere Bertone e tutti gli altri parrucconi che discettano nel nome di Dio e assistere, nel contempo, alla demolizione di Emergency in Afghanistan mi blocca la digestione (per non dire altro).

C’è in Italia un appiattimento dell’elettroencefalogramma pubblico. In un qualunque altro Paese, tipo la Francia, le frasi di un Bertone avrebbero suscitato una riposta ufficiale: dello stato laico, della comunità scientifica, degli intellettuali. Una cosa misurata, tipo: “Ma che cazzo sta dicendo? Torni al silenzio della sua comunità omertosa e non s’immischi nella vita delle persone civili”.
Invece poco o niente.
Alla fine qualche parroco di buona volontà si è arrangiato a dire che, in fondo, non sono molti i casi di preti pedofili rispetto alla stragrande maggioranza di preti onesti.
Una Chiesa davvero illuminata dal Signore non sarebbe mai arrivata a tanto, perché si sarebbe mostrata contrita, pentita e umiliata persino da un solo caso, uno solo, di pedofilia. Ripeto: un solo caso sarebbe dovuto bastare per scatenare una cerimonia di pentimento globale, un continuo sbattere di ginocchia sul terreno dalle chiese di Lima alla parrocchia di Canicattì, dalle cattedrali della Norvegia alle missioni dello Zimbawe.
Perdonaci o Signore.
E giù con le rotule.
Perdonaci o Signore.
Ancora rotule.

Non c’è percentuale di rischio accettabile per un reato ignobile come la pedofilia, commesso nel modo più ignobile dal più ignobile degli infedeli. Anche lo zero virgola zero zero zero zero uno periodico è una cifra pesante sulle spalle di un Papa che meriterebbe una mozione di sfiducia (il termine deriva alla parola fede, guarda un po’) e invece sta lì a blaterare di tutto ciò che non lo riguarda, come un vecchio portinaio rimbambito che non risponde più neanche al citofono e si impiccia nei fatti di tutti i condomini.

Che il Principale, quello vero, ci ascolti.
Lode a lui.

Un post volgare

Questo post, pur nella sua brevità, contiene un’espressione volgare. Vi prego di scusarmi, ma non sono riuscito ad aggirarla.

Papa Benedetto XVI ha tuonato contro la pillola abortiva, incitando i cattolici a non rispettare una legge dello Stato italiano e ricordando che “la lotta dei cristiani consisteva e consiste non nell’uso della violenza…”.  Le affermazioni del Pontefice sono aggredibili per almeno due motivi.
1)    La sua ingerenza nella liceità delle leggi italiane è legittima quanto quella di un qualunque inquilino di Palazzo Chigi nella scrittura di un’enciclica o in un qualunque estratto conto dello Ior.
2)    Il riferimento alla biblica (ops!) non violenza dei cristiani dovrebbe essere più specifico: c’è o no una prescrizione storica per le Crociate e l’Inquisizione?
Infine un dettaglio che fa transitare le considerazioni del Papa dallo status di contestabili a quello di detestabili. Nelle sue propalazioni di ieri, Benedetto XVI non ha mai fatto riferimento allo scandalo dei preti pedofili che vede coinvolti lui, Paolo VI e diversi papaveri vaticani.
Insomma, senza troppe metafore, questo Papa si cura dei cazzi degli altri, ma non dei propri.