Ragionare sui fatti

Così la commissione del premio Mario Francese a proposito della menzione speciale per l’informazione online assegnata a diPalermo.
Piccola rivoluzione: l’ordine dei giornalisti premia un blog, anzi un superblog, che non è una testata giornalistica. I tempi cambiano e qualcuno, finalmente, se ne accorge.

Il nemico giurato della lingua italiana

di Tony Gaudesi

Assurdo, grottesco, vergognoso…
Anche saccheggiando tutti gli aggettivi tendenti al ribasso del nostro vocabolario non si riuscirebbe a fotografare alla perfezione l’ennesima italica boiata: il premio “Spettacolo cultura e società”,  assegnato  nei giorni scorsi a Luca Giurato nell’ambito dell’Amalfi media award 2010.
Un riconoscimento dall’Alto Patronato (quello del Presidente della Repubblica), ma evidentemente dal basso profilo, se arriva a  gratificare chi quotidianamente ostenta la stessa frequentazione con grammatica e sintassi di uno Zulu con il Galateo.
E siccome la brutte notizie, come i carabinieri, viaggiano sempre in coppia, ecco impigliata nella Rete la seconda mediatica bastonata: il nostro fuoriclasse  della parola era stato insignito appena qualche mese prima del premio culturale e giornalistico Civiltà De Marsì, per i suoi cinquant’anni di giornalismo.
E’ vero che chi parla in maniche di camicia, spesso riesce anche a scrivere in giacca e cravatta, ma riesce difficile credere che il capocannoniere degli strafalcioni via etere, il Terminator di congiuntivi e perfino indicativi, possa essere Mister Hyde e dottor Jekill, ascia e fioretto, trattore e cabriolet, capace di  pubblici scivoloni e carbonare virtù,  riuscendo,  a riflettori spenti, a martellare pezzi corretti e persino brandelli di prosa alata sulla tastiera del suo pc.
Per il nemico-Giurato della lingua di Dante era già forse un premio eccessivo la tessera dell’Ordine, che  non credo possa gonfiarsi il petto di annoverarlo tra gli iscritti. Se la tessera di giornalista fosse una patente a punti, quella di Giurato sarebbe in rosso perenne. E, invece, ecco fioccare i premi e le conduzioni  Rai per un giornalista che, evidentemente, si ostinano a considerare di prima fascia e non, come sarebbe forse più opportuno, da fascia protetta.

Avanti così

“Angeli e orchi”, il libro scritto da Nicolò Angileri e Raffaella Catalano, ed edito da Dario Flaccovio nel 2009, ha vinto il premio “Racalmare Scuola – Leonardo Sciascia”.
Del resto mica ve lo avevo consigliato a caso.

Guarda che Luna

A Filippo Luna che sa muoversi con sensibilità e intelligenza fra differenti modalità di spettacoli, e che nel monologo “Le mille bolle blu” raggiunge una perfetta sintesi scenico-attorale di emozione e disincanto.

Così l’Associazione Nazionale dei Critici di Teatro che ha deciso di premiare quest’anno Filippo Luna, per Le mille bolle blu.
Applausi.

Qualità

Hanno premiato Minzolini. Meritatamente.

Grazie a Raffaella Catalano.

Vaffanculo le ferie

Apprendo solo adesso del premio “Talento che verrà” consegnato due giorni fa a Noemi Letizia in provincia di Salerno.
Perché non c’ero?

Un premio per imparare

fratellanza
di Raffaella Catalano

La cerimonia ha uno stile tra Hollywood e Bollywood. Ma si svolge a Palermo, al Teatro Ranchibile dell’istituto Don Bosco. Sul palco dei salesiani c’è un trono d’oro su cui siede la regina della festa, in abito rosso con collo di finto ermellino, guanti bianchi, corona e scettro. Intorno, dieci principesse, tutte belle, giovani, in lungo e supercolorate, in attesa di sapere chi sarà l’eletta del 2009 in un concorso che somiglia a Miss Italia, anche se la prescelta sarà una filippina. Sono quasi tutti filippini, al Ranchibile, a partire dal presentatore, Armand – il capo di questa comunità asiatica a Palermo – che è anche un cantante famoso, non solo nel suo paese e nella nostra città.
I siculi presenti sono pochi. Ma buoni, a quanto pare. Tant’è che sono lì per ricevere il premio per il “Miglior datore di lavoro dell’anno”. Uomini e donne che annoverano dei filippini tra i loro impiegati regolari: in casa, nelle aziende di famiglia, in campagna o in un negozio. Hanno tutti addosso un fiore verde ricoperto di brillantini: le signore in testa, i signori appuntato sulla giacca. Quel fiore consegnato all’ingresso distingue i candidati al premio dai loro parenti e accompagnatori.
Dopo una preghiera, qualche canzone, un paio di video con la storia di famiglie filippine ormai radicate da anni a Palermo – il tutto rigorosamente in lingua tagalog e altri idiomi asiatici – si balla e poi si fa una sosta per il rinfresco. A metà della serata partono le interviste, stavolta in italiano, a chi tra i presenti stranieri conosce e apprezza i datori di lavoro siculi candidati al premio, per ricostruire la storia della loro disponibilità, del loro altruismo, della loro sensibilità e delle altre qualità umane che li avvicinano, secondo i loro impiegati, più a dei benefattori che a dei datori di lavoro in senso stretto. Una specie di agiografia trionfale, insomma.
Il rito culmina con la consegna di una targa d’argento e di diversi altri premi a corollario.
E poi di nuovo canti, balli, drink e stuzzichini, fino all’elezione della “princess” filippina edizione 2009, al calar della notte.
Folclore? Pacchianeria? No, non direi.
Chiedetevi quando mai avete visto un datore di lavoro nostrano celebrare un suo dipendente, anche se impeccabile. E quando mai avete visto un impiegato nostrano celebrare il suo datore di lavoro, pur se magnanimo.
Questo non è colore locale asiatico. Questa è civiltà. E in tempo di scontri e di razzismi idioti è una grande lezione di vita.