Cavolo a merenda (o a Sanremo?)

pfm

L’attimino fuggente

di Giacomo Cacciatore

Nessuno potrà negare che una regola di vita del bravo cerimoniere, organizzatore di serate in compagnia o di menù da cena in piedi, sia innanzitutto il buonsenso negli accoppiamenti. Chi si impegna a creare una situazione conviviale valuterà, prima ancora del tono che intende dare alla serata, la prevalenza del “materiale” umano e mangereccio che ha a disposizione. Sarà tale prevalenza a definire lo spirito dell’evento. Chiamando in soccorso una punta di snobismo necessario (che confina con la ragionevolezza e le migliori intenzioni), sceglierà dunque di riunire vecchi compagni di scuola dalla battuta grassa con nuovi amici capaci di reggere botta. Chi ha una scorta di caviale varierà il menù con un’aggiunta di ostriche, mentre chi si ritrova con pane e olive si butterà sulla bruschetta e il vino corposo. Certo, nulla impedisce di mettere alla stessa tavola fois gras e broccoli, preti e mignotte, ma solo se si ha in animo di vivacizzare la riunione. Il contrasto dovrebbe essere supportato dalla consapevolezza dell’effetto che si vuole ottenere: altrimenti fa rima con disastro, e – parlando del cerimoniere – con impiastro. Il contrasto voluto e ricercato può essere una forma d’arte. Quello che ci sfugge di mano, invece, porta a un pessimo risultato: stridore, imbarazzo generale. Le affinità elettive in minoranza sprofonderanno nella costernazione. Quelle in maggioranza si chiuderanno a riccio. E l’ospitalità offerta dal padrone di casa sarà a dir poco ricordata  come goffa. Inopportuna. E’ la sensazione che ho provato ieri sera quando sul palco di Sanremo sono saliti i musicisti della Pfm a rimescolare le carte ammuffite della “kermesse” canora. Un piatto di caviale tra vassoi di ceci bolliti e bucce di fave, accolto da un applauso in piedi, che mi è sembrato quasi liberatorio, speranzoso, persino rabbioso, e che per un istante ha denudato il festival di Sanremo mostrandone lo stato di salute, l’assoluta ignoranza delle proprie condizioni. La storia di un minuto ha fatto sfigurare ore, anni di brutto spettacolo.  Un pugno di musicisti ha annichilito un’accozzaglia di ugole allo sbando. I cerimonieri l’hanno scambiato per un trionfo. Si sbagliano. E’ stata una zappata sui piedi.