Berlusconi, la mafia e il Natale

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Gira voce che il superlatitante Matteo Messina Denaro potrebbe essere catturato presto. I segugi delle forze dell’ordine che sono alle sue calcagna da anni pare siano pronti a lanciarsi nell’attacco finale.
Di certo la mafia è in grande difficoltà dopo gli ultimi arresti. Caduto Gianni Nicchi (un idiota che alla freschezza della gioventù ha preferito il rantolo acido del crimine), Palermo non è più rappresentata nelle alte sfere dell’organizzazione criminale e la diaspora dei superstiti simboleggia ben più di un’incrinatura per un sodalizio criminale che sulla questione territoriale si gioca la faccia (sporca). La roccaforte fisica e simbolica resta il Trapanese, terra di latitanti (Matteo Messina Denaro è di Castelvetrano) e di latitanze (mafiosi di ogni provincia vi hanno trovato ospitalità in passato).
Il mostro ferito
Adesso ci si interroga su quale sarà la strategia di Cosa Nostra. E’ probabile che i mafiosi proseguano l’attività di sommersione intrapresa dopo la stagione delle stragi, perché per azioni eclatanti ci vogliono uomini e consensi che, a quanto sembra, scarseggiano.
E’ quindi un buon momento per affondare la lama nelle carni del mostro ferito.
Lo è anche per uscire dal clima pericoloso in cui ci si è invischiati dopo le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza. Il quale ha riproposto, seppur con una coloritura diversa, lo stesso quadro a tinte fosche che nel maggio 2002 la procura di Caltanissetta aveva messo da parte perché vago e senza i riscontri necessari per proseguire il suo iter giudiziario.
Dovrei aprire una lunga parentesi per spiegare perché non mi convince affatto la tesi di un Berlusconi stragista, ma qui dico soltanto che esistono mille ottime ragioni per far fuori politicamente questo premier. E quelle propalate da un killer mafioso sono le meno convincenti.
La decenza nazionale
C’è anche un motivo di decenza nazionale che dovrebbe spingerci a guardare altri versanti. E’ infatti umiliante che il dibattito politico di una nazione civile ruoti da una settimana attorno al verbo di Gaspare Spatuzza, uno che dovrebbe essere spremuto come un limone e poi confinato ai margini del mondo.
Corruzione a go go, protervia politica, incostituzionalità esistenziale, menzogna a 360 gradi, priapismo mediatco… Contro Berlusconi c’è ben altro prima di una inconsistente (le parole di un “pentito” da sole non valgono nulla) e strategicamente insulsa accusa di mafia. Non parliamo di strage, poi.
Insomma auguriamoci che Matteo Messina Denaro finisca in gabbia. Auguriamoci che Berlusconi se ne torni a casa per via ordinaria: fine del consenso e niente alibi.
Auguriamoci di poter festeggiare presto. E non solo il Natale.

Lo sconto per i furbi

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L’ultima trovata di cui si discute è lo scudo fiscale: il condono per gli evasori pentiti.  Tutti lì, i riccastri-furbastri, a farsi i conti di quanto risparmierebbero facendo rientrare in Italia i patrimoni occultati all’estero e sfuggiti alle indagini della polizia tributaria.
Personalmente trovo odiosa questa forma di condono, ancor più delle altre. Perché mette nero su bianco l’abietta discriminazione tra furbi e onesti e – questo è il guaio – dà un vantaggio ai primi che, a questo punto, attendono speranzosi un decreto legge che li autorizzi a esibire il gesto dell’ombrello a ogni posto di blocco, frontiera, confine, dogana, stazione di controllo, persino casello autostradale.
Il vantaggio della disonestà, in un Paese come l’Italia, sta nel fatto che alla lunga il crimine se proprio non rende, almeno procura uno sconto.  Lo stupido che paga le tasse, tutte, e che vorrebbe strozzare il commercialista onesto (o fesso) che gli ha compilato una lista dalla quale non può sfuggire, ha un’unica via d’uscita per scampare alla depressione: comprare un salvadanaio di terracotta e riempirlo a poco a poco di monete. Dopo averlo sistemato sullo scaffale del caveau di una banca svizzera.