Perché The Young Pope non mi è piaciuto

Jude law the young popeChi non ha ancora visto The Young Pope e ha intenzione di vederlo faccia attenzione, questo post contiene spoiler.
Chi lo ha già visto invece può concedersi una riflessione sul seguente tema: Paolo Sorrentino ha realizzato un capolavoro o no? Perché a leggere i commenti sul web e sui giornali, le due principali correnti di pensiero riguardo a questa serie tv sono: 1) noia mortale; 2) opera imperdibile.
Io provo a esplorare brevemente una terza via. The Young Pope è appassionante come appassionante può essere l’espressività di Jude Law: bravissimo, mister primo piano, ma algido e orgogliosamente divo.
Il primo episodio mi ha incuriosito, il secondo mi ha annoiato, dal terzo al sesto sono andato avanti sonnecchiando, il settimo mi è piaciuto molto, l’ottavo e il nono mi hanno riacceso la curiosità, e il decimo mi ha deluso mortalmente. Ecco, è proprio l’ultima puntata che, a mio parere, incrina tutto il progetto di Sorrentino. Un finale che sembra scritto frettolosamente con un discorso alle folle, finalmente a volto scoperto, che è l’equivalente di un temino delle medie, una presunta morte quasi del tutto ingiustificata e l’ascesa in cielo più didascalica da quando è stato inventato Google Earth. Insomma un’occasione perduta, tra sorrentinate (anche simpatiche), belle idee musicali, eccessi un po’ annunciati e dialoghi che riescono a essere talvolta intensi e talvolta incredibilmente banali. Voto: 6 meno.

Roma goes to Hollywood

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Poche parole su “La grande bellezza” di Paolo Sorrentino, dato che non dirle sarebbe omissione e dirne molte sarebbe sbrodolamento in ritardo.
Il soggetto è discreto, ma è la sceneggiatura a essere eccezionale. Servillo si muove con consueta leggiadria nei ruoli più pesanti: riluce nel buio senza abbagliare, ed è un ulteriore segno di grandezza.
I movimenti della macchina da presa 2013/32886/ giochi da casino gratis /SCO dell’ 11 novembre 2013 – Revoca della convenzione di concessione n. scandiscono bene il trascorrere delle emozioni, tra salotti affollati e atmosfere decadenti. E il modello romano che ne viene fuori è piacevolmente irritante, verosimile come la folla di mantenuti che riempie la nostra politica.
Ecco, se una cosa mi è rimasta di tutto il film, è il piacere di assistere a un’opera confezionata con grande cura dei dettagli. Il che nel panorama del cinema italiano, denso di idee senza confezione e di confezioni vuote di idee, è davvero incredibile.
Specchio dei tempi: il simbolo dell’Italia, della città eterna, della genialità mediterranea, è un film tipicamente hollywoodiano.