Come racconta oggi Riccardo Nuti del M5S, il premier Letta aveva promesso: per i posti chiave dei ministeri “le persone incaricate saranno di indubbia competenza”.
E passi che noi siciliani saremo rappresentati da uno che in passato ha avuto problemi di cocaina e da un altro che ha avuto qualche questione giudiziario. La vera rivelazione della natura specialistica e intellettuale di questo governo è Michaela Biancofiore, una che ha più simpatie per un criminale come Benito Mussolini che per un qualunque cittadino omosessuale: e infatti l’hanno messa alle Pari Opportunità. Ora però persino il placido Letta ha capito di aver preso un granchio e ha spostato la gentile ancella berlusconiana alla Pubblica Amministrazione.
E l’indubbia competenza?
La Biancofiore era sottovalutata dov’era prima, quindi le sue qualità professionali risaltano meglio nella nuova collocazione? O è competente qui e là? Se la primavera è la stagione dei fiori, la Biancofiore sboccia in tutte le stagioni?
Ho 50 anni e, scherzi a parte, cose del genere non le ho viste neanche quando c’erano la Dc, il Psi, i socialdemocratici e le cooperative comuniste. Comincio a provare nostalgia per le convergenze paralelle.
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Felice e contento
Il matrimonio esiste perchè due idioti si mettono insieme e per loro diletto fanno un bambino, altrimenti non sono contenti. Ma due uomini che non fanno figli che cazzo si devono mantenere l’un l’altro? Uno ha 70 anni, trova uno di 30, ha una pensione dello stato come insegnante, poi muore e la deve dare al trentenne per altri 40 anni? Ma siamo matti? Il trentenne lo amava? Perchè deve prendere i soldi dallo Stato? Lo prenda nel culo e sia felice e contento.
Vittorio Sgarbi alla Zanzara.
Ognuno parli di ciò che sa
Il problema di Antonio Cassano non è la frase sugli omosessuali né la sguaiataggine mentale di uno che di mestiere ha sempre tirato calci a un pallone, ma il circo nel quale si esibisce.
Il mondo del calcio si occupa sempre meno di calcio e sempre più di altro. E dire che quel mondo era nato come realtà parallela per distrarsi dal resto, cioè per non pensare ad altro. Invece le nefandezze dalle quali fuggivamo per quei benedetti novanta minuti a settimana (prima si giocava come si andava a messa, una volta ogni sette giorni) ora ce le ritroviamo ogni giorno, dentro e fuori dai campi da gioco, prima e dopo il fischio d’inizio, con o senza scie giudiziarie.
Antonio Cassano è un campione nel suo sport, il che non fa di lui automaticamente un maestro di pensiero. Ha tutti i numeri per parlare di dribbling e falli in area, ma non ha gli strumenti culturali per discettare d’altro. E’ notoriamente un ignorante quindi non gli si può piazzare davanti alla bocca un microfono in eurovisione e farlo rispondere a ruota libera. E’ questo l’errore che si commette nel circo del calcio: far ruggire chi non è tigre, far danzare chi non è ballerino.
Non è la moratoria proposta da Monti la soluzione più idonea per raddrizzare le gambe storte di un mostro miliardario, ma forse un passo (indietro) di prudenza.
Ognuno parli di ciò che sa, il resto è tassativamente vietato. Per contratto.
La piaga, il dito e il pregiudizio
“Io ho il diabete. Non mi offendo se qualcuno mi dice che sono malato, è la realtà. Bene, per quale motivo gli omosessuali si offendono se qualcuno, correttamente, parla di patologia?”.
Il criminologo e psichiatra Francesco Bruno prende il suo pregiudizio, ne fa una piaga e ci ficca dentro il dito pur di creare un caso.
Bruno è infatti un personaggio che vive di ospitate televisive, commenti salottieri, baggianate catodiche. Non è un polemista, ma un frutto di polemiche. Dove c’è una chiacchiera perduta, lì c’è lui appeso all’ultima sillaba prima della pausa pubblicitaria. Dove si discute di sangue e sesso, di prove e provini, lì c’è lui, strabordante di saccenza. Che siano crimini o frittelle, Bruno ha sempre una rincorsa pronta pur di spiccare il salto oltre l’asta della logica comune. E immancabilmente usa lo stesso metodo: prende un (pre)giudizio, ne fa una piaga e ci ficca dentro il dito.
Quel che ne scaturisce non è dolore, ma imbarazzo. Per lui, per le sue tesi paradossali, per un presenzialismo che sa di starlette inceronata. Ma questo Francesco Bruno non lo sa.