Confusi e infelici

Ricevo dalla Commissione Pari opportunità dell’Assostampa Sicilia una mail in cui mi si contesta il post pubblicato sui miei social che vedete qui sopra.

Gentile collega,
Abbiamo rilevato la pubblicazione di un post su Instagram e Facebook che condivide la foto del fondoschiena di Nicole Minetti. Il commento a corredo, “Una vita oltre la politica. Anzi dietro”, ha scatenato una sequela di commenti offensivi e che scadono nel trash.
In un’epoca in cui l’attenzione sulla lotta contro la violenza sulle donne è massima, la nostra Commissione ha valutato di scriverti per chiederti di porre maggiore attenzione nell’uso dei social, in quanto giornalista, editorialista, scrittore, portavoce del più grande teatro della città, per evitare commenti che alludano a una cultura ancora fortemente maschilista. Proprio sui social network un contenuto su quattro offende le donne o le prende di mira. Ti invitiamo a non alimentare questa deriva.
Grazie per l’attenzione, la Commissione Pari Opportunità di Assostampa Sicilia

Delegate provinciali Lina Bruno,Graziella Lombardo, Romina Marceca, Maria Torrisi

Si dissociano la Presidente Ina Modica e la Vicepresidente Cristina Graziano

Di seguito la mia breve risposta.

Gentili colleghe,
io i social li conosco e li studio da molti anni, come forse non sapete. Non è non condividendo con ironia (che, capisco, non è un linguaggio universale) che si isolano i selvaggi e gli incolti. E’ come se a qualcuno di voi chiedessi di non scrivere di delitti per non incrementare la violenza. 
In quanto “giornalista, editorialista, scrittore, portavoce del più grande teatro della città” so bene la differenza che passa tra la violenza sulle donne e un commento tipo il mio che proprio le donne le vorrebbe mettere in guardia dal Minettismo.
Vi risparmio altri dettagli a supporto della mia tesi per non tediarvi. Mi fanno pensare le due dissociazioni in calce a questa mail, che mi riservo di rendere pubblica.

Un saluto

Insomma la Commissione Pari Opportunità dell’Assostampa Sicilia, probabilmente per certificare la sua esistenza in vita, mi invita a essere più attento su un tema al quale presto ogni giorno la massima attenzione. Evidentemente si può sempre migliorare e mi impegno in tal senso (però scegliendomi i maestri). Tuttavia anche io ho un invito da fare alle mie illustri colleghe di cui sopra: attenzione, a ragionare per luoghi comuni si perde il senso di una logica comune. Il mio post aveva l’evidente obiettivo di stigmatizzare un certo modo di usare il corpo per far carriera, quindi conteneva un messaggio molto più preciso di quelle quattro parole incatenate (“…una cultura ancora fortemente maschilista…”) che volevano dare un indirizzo e che invece, messe così a caso in un contesto in cui non c’entravano un bel nulla, rappresentano una grande, pericolosa, confusione. Strategica, professionale, mentale.  

Forche, forconi e forchette

movimento forconi

Ho ascoltato/letto le rivendicazioni del cosiddetto movimento dei Forconi. Meno tasse, più aiuti alle imprese, più tutela dei lavoratori. Praticamente quello che chiede ogni cittadino onesto di questa nazione, se non è evasore o comunque un latitante.
Che ci si debba inventare un movimento, un embrione di partito o una culla rivoluzionaria per portare avanti istanze talmente legittime da risultare banali, è un segno dei tempi. Infatti, rincoglioniti da vent’anni di fiction berlusconiana, ci ritroviamo tutti un po’ smarriti quando un contadino, un camionista o una casalinga si mobilitano per ragioni elementari come un pasto da garantire ai figli ancor prima che ai coccodrilli di Montecitorio. Il problema, cari miei, è che ci siamo persi per strada, tra gli stipendi del Trota e le note spese di Lusi, tra le competenze della Minetti e il curriculum della Carfagna. Siamo stati colpevolmente distratti perché gli scandali, passata la fiammata, alla fine annoiano come l’ennesimo panorama descritto da Wilbur Smith.
Io non ho un’epidermica simpatia per i Forconi, non mi piacciono quelli che per combattere una battaglia di libertà per i cittadini rompono i coglioni innanzitutto ai cittadini. E riconosco che le loro ragioni sono giuste, ma hanno un problema di locomozione: pretendono di muoversi bloccando il movimento, in una sorta di ossimoro sociale.
Al netto delle emergenze e del blabla politico tipo l’incoronazione di Renzi, celebrata come se fosse un giubileo della Fortuna Collettiva, questo è forse quello che ci meritiamo per non aver mai indetto delle primarie del buonsenso, dell’onestà, della coerenza.

Tranquilli, Mora, Fede e la Minetti non sono assassini

Uno dei ritornelli preferiti del coro adorante dei berlusconiani, dopo la condanna di Lele Mora, Emilio Fede e Nicole Minetti, è: invece di condannare quei poveri disgraziati, perché i giudici non si preoccupano dei veri delinquenti che magari tornano liberi troppo presto?
La domanda nasconde – e nemmeno troppo – una certa ignoranza giacché la giustizia non si amministra coi “piuttosto”. L’uso, anzi l’abuso di termini di paragone esasperati quando si è a corto di argomenti è drammaticamente deprimente perché ci ricorda che viviamo in un paese dove la libertà di espressione – nel caso specifico il poter di liberamente una cazzata – viene confusa con la libertà di plasmare realtà ad hoc.
Il problema è che su questo equivoco si sono costruite, negli ultimi 20 anni, carriere politiche, programmi di governo e qualche fortuna privata.

Sapone per mani pulite

La Minetti si faceva rimborsare il libro Mignottocrazia.
Renzo Bossi le Red Bull.
Un consigliere, i proiettili da caccia.
Un altro, hamburger e patatine per i figli.
Un altro ancora, le sigarette.

L’ennesimo scandalo che coinvolge la giunta regionale lombarda ci dà un’ulteriore chiave di lettura della malapolitica. La cattiva gestione dei fondi si mescola col cattivo gusto.
Non si rubacchia più per arricchirsi, ma semplicemente per dar sfogo a quella perversa soddisfazione di fottere il prossimo nelle infime cose. Un libretto, una lattina, un cheesburger  e via, con lo scontrino untuoso tra le mani da allegare al modulo di risarcimento.
Mani pulite? Oggi oltre alle manette il sapone, per favore.

Nicole Minetti, la forma e le forme

Dice di averlo fatto per sostenere l’economia del paese. Nicole Minetti ha sfilato in costume – molto ridotto, ed è stato un bel vedere – a Milano, ha occupato le prime posizioni delle top news, e ritiene di aver dato una mano al made in Italy.
Dopo il presidente operaio, la consigliera smutandata. E non cadiamo nei moralismi, che i moralismi hanno segnato sino ad oggi la vittoria dei calpestatori professionisti della morale.
Nicole Minetti che sfila con le chiappe al vento è la nemesi del gioco di potere Berlusconiano. Una giovincella con un passato (nascosto) che è l’opposto del suo appeal (esibito) è stata promossa a icona politica dove il passato nulla conta rispetto all’appeal. Di che meravigliarsi?
Una consigliera regionale che si spoglia e che, anche grazie alla sua carenatura, si lascia dietro una scia di sguardi allibiti non sarebbe un fatto stratosferico se a quella passerella la signorina fosse approdata dopo alcuni passi fisiologici. Ma quando a una festa in costume pubblica si arriva per via di altre decine di feste in costume private, proprio in onore di colui che di quel passaggio è unico artefice, allora bisogna rassegnarsi.
Prima nella vita pubblica si chiedeva quantomeno il rispetto della forma, oggi ci si limita alle forme.

Trasparenze

 

Si amano, eccome

Travolgente amore da due mesi tra Fabrizio Corona e Nicole Minetti. Non hanno nemmeno avuto il tempo di commettere un reato.

Dopo il presidente operaio, il presidente toro

La Minetti? Si deve dimettere. E’ un’ingrata. Ha detto in un’intercettazione che Silvio ha il culo flaccido, invece lui il sedere ce l’ha sodo e tosto. E sembra un toro. Davvero, un toro.

Sabina Began a Radio24.

 

Con impegno e orgoglio

Nel frattempo, ovviamente, sto valutando con i miei legali ogni iniziativa da intraprendere contro chi vuole distruggere la mia figura di donna e il ruolo di politico che ricopro con impegno e orgoglio da sempre.

Nicole Minetti smentisce di voler girare un film porno.

Grazie alla Contessa.

 

Come non si scrive

Dunque per cominciare, presupponendo che davvero si tratti d’amore, non sarebbe un amore galeotto anche se lui, di mestiere, insegue reati e cattivoni in quanto pubblico ministero: li avrebbero visti, esisterebbe più di un testimone.
Sarebbe, questo sì, un amore invidiato, considerate la sua bellezza, le sue forme, ma prim’ancora, per una volta tanto scrivetelo, sbuffano gli amici, la sua travolgente personalità, la sua prorompente simpatia.

Andrea Galli sul Corriere della Sera scrive un pezzo memorabile. Della serie: per non dimenticare come non si deve mai scrivere un articolo (molte le analogie con la vicenda dei calzini del giudice Leonardo Mesiano).