Legittimo turbamento

Credevo di averle viste tutte, ma mi sbagliavo. L’arroganza del sistema berlusconiano, nella fattispecie incarnato nei legali del premier, ha raggiunto oggi una nuova vetta di non invidiabile primato.
L’abbandono dell’aula, nella quale si celebra l’appello del processo per i diritti tv, degli avvocati difensori dell’ex premier è infatti un atto di disprezzo nei confronti della legge e dei suoi rappresentanti. E poco c’è da discutere su codici e norme.
Il legittimo impedimento invocato per sospendere il processo durante la campagna elettorale è solo l’ennesimo, ridicolo, pretesto per diluire i tempi del giudizio nei confronti di un uomo che per troppo tempo si è sentito al di sopra di ogni giudizio.
A Berlusconi non gliel’ha imposto il medico di impegnarsi in una nuova campagna elettorale quindi non si capisce perché le sue pendenze legali debbano risentire di impegni non inderogabili.
Agli avvocati-dipendenti-compagni di partito-colleghi di parlamento del padrone si può solo dare un’indicazione semplice e terra terra: legittimo impedimento non significa che tutto si blocca se uno ha altro da fare.
E’ più chiaro così?

Il metodo Ghedini

Secondo l’editto del tiranno della Rai (il nome non si fa perché quello di Masi è probabilmente una copertura) Fazio e Saviano per poter parlare di politica dovrebbero invitare tutti i politici. Ciò significa che non basta chiamare Fini per la destra, e Bersani per la sinistra, o viceversa, per garantire il pluralismo, il contraddittorio e tutte le menate di cui Vespa, Minzolini, la D’Urso (la D’Urso?) e tutti i canali Mediaset se ne fregano abbondantemente.
Il nuovo ordine di scuderia – o di stalla –  è: mettere i bastoni tra le ruote, proibire, impedire, rompere i coglioni sino allo sfinimento.
Il metodo Ghedini insomma. Solo che Ghedini, almeno sino a ora, lo abbiamo visto sbavare sul teleschermo.
Il dramma è  che domani, dati i chiari di luna di questo governo, il de cuius rischiamo di ritrovarcelo da questa parte del televisore, con un telecomando in mano. Il nostro.

Portami tua sorella

corriere

Siamo passati alla fase due: quella goliardica.

Da Corriere.it.

Niccolò e Dario

Separati alla nascita

di Abbattiamo i termosifoni

ghedinidario-argento

Niccolò Ghedini e Dario Argento.

Domande (di moda)

domande

Grazie a “la Repubblica” le domande sono tornate di moda. Ed è un segno di decadenza morale che si debba inquadrare come trend qualcosa che dovrebbe essere naturale.
Chiedere è umano, non farlo è umanamente preoccupante.
Comunque, ecco le mie domande. Fatene quel che volete.

  1. Com’è possibile che un dittatore venga in Italia a dare lezioni di storia e di democrazia?
  2. Su quali basi una facoltà universitaria ha proposto per quel dittatore una laurea honoris causa in giurisprudenza?
  3. Perché a Niccolò Ghedini devo pagare lo stipendio di parlamentare quando ha già quello che gli versa il presidente del Consiglio (che a sua volta è pagato da me)?
  4. Perché il logo per promuovere l’Italia nel mondo non è scritto in italiano?
  5. Quale mente insana può ritenere che una legge che imbavaglia i giornali sia fatta nel nome del popolo?
  6. Quali sono, se ci sono, le ragioni intelligibili del senatore Enzo Galioto sulle ruberie dell’Amia di Palermo?
  7. Come si fa a spiegare a un amministratore pubblico/esponente politico che quando un privato cittadino gli rivolge una domanda, lui è tenuto a rispondere per il semplice fatto che chi gli sta parlando è il suo datore di lavoro?