Oggi su la Repubblica.
L’ultimo negozio è morto perché a causa della nuova TaSC (Tassa Saracinesche Chiuse), il titolare pur di risparmiare aveva lasciato tutto aperto anche di notte: e siccome vendeva abiti usati, la merce più richiesta al giorno d’oggi, l’indomani mattina non ha trovato più nulla e ha dato fuoco al locale per riscaldarsi. Palermo, anno 2019, è inverno meteorologico e sociale. Strade semideserte e un’infinita sequela di locali vuoti, vetrine rotte, insegne cadenti. Lì dove c’era un bar, ora c’è una comune di ex impiegati di banca. Nello scheletro di quella che era una boutique di lusso, quattro vecchi giocano a scopa seduti su poltroncine di similpelle che un tempo accoglievano culi à la page. Su un marciapiede di via Ruggiero Settimo un clochard cerca di vendere quel bracciale d’oro che è l’ultimo legame alla vita di un tempo, quando lui era un gioielliere e il mondo girava nel verso giusto: fa freddo, deve comprarsi una coperta e il bracciale non scalda nemmeno con la forza della nostalgia. Continua a leggere Il giorno in cui morì il commercio