Il giorno in cui morì il commercio

Oggi su la Repubblica.

L’ultimo negozio è morto perché a causa della nuova TaSC (Tassa Saracinesche Chiuse), il titolare pur di risparmiare aveva lasciato tutto aperto anche di notte: e siccome vendeva abiti usati, la merce più richiesta al giorno d’oggi, l’indomani mattina non ha trovato più nulla e ha dato fuoco al locale per riscaldarsi. Palermo, anno 2019, è inverno meteorologico e sociale. Strade semideserte e un’infinita sequela di locali vuoti, vetrine rotte, insegne cadenti. Lì dove c’era un bar, ora c’è una comune di ex impiegati di banca. Nello scheletro di quella che era una boutique di lusso, quattro vecchi giocano a scopa seduti su poltroncine di similpelle che un tempo accoglievano culi à la page. Su un marciapiede di via Ruggiero Settimo un clochard cerca di vendere quel bracciale d’oro che è l’ultimo legame alla vita di un tempo, quando lui era un gioielliere e il mondo girava nel verso giusto: fa freddo, deve comprarsi una coperta e il bracciale non scalda nemmeno con la forza della nostalgia. Continua a leggere Il giorno in cui morì il commercio

Vivere a Paninolandia

Prima vivevo nel centro storico di Palermo. Ci ho abitato per dieci anni. Ogni giorno, quando uscivo da casa, passavo davanti alla bottega di un orologiaio. Poi giravo l’angolo e c’era il negozio di un antiquario. E ancora, dalle mie parti c’erano negozi di abbigliamento (piccoli, con proprietari in carne ed ossa mica colossi incorporei di multinazionali), il barbiere, il parrucchiere, il salumiere e via dicendo, fino al negozio che vendeva computer.
Nel giro di tre anni – siamo alla fine dei ’90 – la maggior parte di questi negozi ha chiuso. Al loro posto sono sorte paninerie, rosticcerie, pizzerie, bar-pub, friggitorie.
Stessa cosa accade nella zona in cui abito adesso. Con una differenza. Adesso chiudono anche le paninerie, per far spazio a nuove paninerie. L’evoluzione della specie commerciale non ammette eccezioni. Il nuovo divora il vecchio senza inglobarne l’esperienza, che anzi sputa via come se fosse roba velenosa. Al posto dei panini imbottiti ora ci sono fritture prefritte e pizzette liofilizzate che vengono messe in forno non per cuocere, ma per essere rianimate.
Palermo è un’immensa Paninolandia.