L’occasione sprecata

Chissà quante ne leggerete su quella che doveva essere la resa dei conti e che è invece si è spenta come un’occasione sprecata. E allora cerchiamo di usare la sintesi per elencare i difetti della puntata di “Servizio pubblico” su e con Silvio Berlusconi.

Uso smodato della rassegna stampa e poca fantasia.
Due intervistatrici fuori luogo e fuori forma.
Assoluta impreparazione per smontare i luoghi comuni del Cavaliere.
Autoreferenzialità imbarazzante con citazioni di antiche puntate come se fossero la Bibbia.
Ritmo zero.
Finto aplomb e vero imbarazzo.
Implacabile tendenza all’autogol.

Celentano cantante e basta

Da più parti, a sinistra, viene invocato periodicamente il ritorno in tv di Adriano Celentano (ieri ne ha parlato anche Santoro, che è uno dei big sponsor del rientro del molleggiato).
A me Celentano piace, e molto, come cantante. E non credo che la sua vena artistica abbia subito alcuna costrizione da parte dei recenti governi. Se poi devo esprimermi sulle performance televisive del Celentano opinionista, allora sarò categorico: non è roba sua. I silenzi in tv non hanno mai raccontato nulla (a parte i radicali imbavagliati di vent’anni fa), men che meno i suoi. Il chiacchiericcio sull’ecologia e sulla pulizia della politica vale quanto il dibattito dopo la moviola: inutile recensire il latte versato, meglio darsi da fare e pulire i fornelli. Continua a leggere Celentano cantante e basta

La maschera di bronzo

C’è qualcosa di strabiliante nella maschera di bronzo che il segretario politico del Tg1, Angusto Minzolini (e non c’è refuso), indossa prima di ogni editoriale.
Ieri si è arrivati alla vetta dell’immaginifico, alla linea Maginot della democrazia televisiva.
In un momento in cui il governo Berlusconi prende bastonate dalla Lega, cioé dal suo principale alleato, e in cui è (finalmente) minato alle fondamenta da uno scandalo a prova di gossip, quello di Bisignani e della P4, il direttore del principale telegiornale nazionale non trova di meglio da fare che blaterare contro l’opposizione, cioé contro la componente più insignificante dell’arco costituzionale italiano, e contro quelle stesse intercettazioni che hanno portato alla luce un gigantesco sistema di malaffare.
Non una sola parola sui traffici, sulle odiose raccomandazioni, sugli agguati agli oppositori, sui clientelismi che le nuove inchieste giudiziarie stanno svelando. Perché questa indagine – se leggete le carte – ha tutto tranne che un sapore politico: ministri, sottosegretari, capitani d’azienda, burocrati parlano con questo Bisignani e si condannano da soli. Non c’è una sola parola, nelle intercettazioni, che lasci spazio alla buona fede di questi signori.
Ma tutto questo Angusto Minzolini finge di non saperlo e, indossata la sua maschera di bronzo, continua ad appestare il Tg1 con le sue controdeduzioni da lingua felpata.
Per me, che sono un abbonato Rai, il vero scandalo del servizio pubblico è il direttore di telegiornale che ogni giorno bara, non il conduttore di un programma di approfondimento (Michele Santoro) che una volta alla settimana dà la sua lettura dei fatti.

Col rimedio in tasca (altrui)

C’è un conduttore televisivo che fa il pieno di ascolti nella tv pubblica anche se è arrogante e antipatico e non piace al governo però fa guadagnare molti milioni di euro alla Rai e anzi dà il meglio di sé quando è più attaccato dalla sua stessa azienda, e logica imporrebbe che se proprio non si potesse fare a meno di criticarlo gli si blindasse il contratto in modo da godere per più tempo possibile dei vantaggi economici che procura, e invece l’azienda pubblica se ne libera con un sospiro di sollievo come se rinunciare a un programma di punta fosse un motivo di vanto e nessuno dei burocrati della succitata azienda si preoccupa del danno economico perché si è già trovato il rimedio che come al solito era ben nascosto nelle tasche degli italiani, compensare il mancato introito con un aumento del canone Rai.

Vai Masi, vai…

Il fatto che  Masi vada a combinare guai lontano dalla Rai è una notizia che dovrebbe riempire di gioia innanzitutto gli elettori di centrodestra. Perché i danni peggiori l’ormai ex direttore generale della radiotelevisione pubblica (pubblica?) li ha causati al sistema nervoso dei simpatizzanti del suo stesso schieramento, quel Pdl che Masi ha ciecamente e ridicolmente servito. Non c’è nulla di più scocciante che vedere affidate le proprie legittime istanze agli sconsiderati: mi metto nei panni di un estimatore del Pdl.
Masi si è impegnato, con ammirevole imperizia, a perorare cause importanti, come quella del contraddittorio in tv, con metodi da Corrida (non la manifestazione spagnola, ma il programma televisivo italiano). Un dilettante allo sbaraglio con stipendio a sei zeri.
Quando ha balbettato in diretta con Santoro, conduttore sgradito alla coalizione di cui Masi è umiliato (e umiliante) alfiere, gli ha regalato il trionfo dell’Auditel. Qualcuno avrebbe potuto pensare che tutto era architettato per portare acqua al mulino della Rai e avrebbe peccato di ottimismo perché un’altra telefonata,  stavolta fantozzianamente bavosa, a un’altra trasmissione – L’isola dei famosi di Simona Ventura – ha invece segnato un declino di ascolti.
Insomma Masi scimmiotta il suo idolo, il Gran Telefonista per eccellenza, senza riuscire a ottenere lo stesso profitto. Promette scintille ai poveri elettori di centrodestra e produce solo flatulenze mediatiche. Che fanno ridere sì, ma alla fine che sollievo quando si cambia aria…

Auditel, buone notizie

I dati Auditel di febbraio ci dicono che Canale 5 è in netto calo e che crescono Raidue, Raitre e La7. Raiuno è in piena emorragia di telespettatori, nonostante febbraio sia il mese di Sanremo.
Su Raidue pesa l’effetto Santoro, dato che è la prima serata quella che segna il maggior incremento. Raitre e La7  vedono premiata la loro programmazione attenta.
Secondo me, sono tutte buone notizie che fanno il paio con il tonfo dell’Isola dei famosi, di cui parlavamo qualche giorno fa.
Una televisione con meno reality, più fiction e più approfondimenti spingerebbe molti di noi a riconciliarci col telecomando.

Rai, equilibri ed equilibrismi

Il nuovo piano per “democraticizzare” la Rai prevede la rotazione dei conduttori, una prima serata a quello di sinistra, una a quello di destra, uno a quello di centro e così via.
Il concetto che passa è quello dell’equilibrio, ma in realtà dovrebbe essere quello dell’equilibrismo. Da abbonato Rai non me ne frega niente della patente politica del giornalista o del presentatore. A me interessa la qualità di un programma, nient’altro.  Vedere in tv gente moderata che non sa che caspita dire davanti a una telecamera (basta fare un po’ di zapping nel pomeriggio) è umiliante. A certi trombonazzi della politica importa solo che sia rispettata la par condicio, ma se poi si uccide la professionalità non accade nulla di grave. C’era un famoso giornale, specializzato in figure ridicole, che più di una volta attaccava i suoi articoli con la replica a un’accusa che ancora il lettore non conosceva. Ecco, la Rai di domani sarà così: piena di anti-Santoro che infarciranno il palinsesto di anti-Annozero e che non diranno nulla di particolare, ma lo faranno con grande equilibrio.

Le regole di Masi

Il direttore generale della Rai Mauro Masi ieri ha telefonato in diretta a Simona Ventura per dire che non si dissocia dall’Isola dei famosi, perché a differenza di Annozero rispetta le regole aziendali.
Ieri l’Isola dei famosi ha avuto 3.101.000 spettatori, col 12,36% di share.
La puntata “incriminata” di Annozero invece ha avuto 7.087.000 spettatori, col 25,72% di share.
Nelle regole aziendali di Masi evidentemente non c’è il buon profitto e il culto del risultato.

Grazie alla Contessa.

LSD, Lodiamo Silvio Dominante

Vediamo di chiarirci le idee. C’è un’emergenza in questo Paese e tutti sappiano come si chiama, quanti anni ha e quali sono i suoi vizi(etti). Eppure in Parlamento un ministro sino a ieri non troppo presente ha animato una discussione sulla casa a Montecarlo del presidente della Camera al quale non è stato sinora contestato alcun reato, mentre nessuno si è rischiato a mettere sul tappeto come si deve la situazione di un premier plurindagato per reati gravissimi.
In tv c’è un patto tacito per edulcorare le vicende scomode del suddetto premier e diluire i fatti, quelli veri, con le cazzate, anch’esse purtroppo vere. L’altra sera l’ineffabile Emilio Fede, mentre venivano resi noti i verbali che lo vedevano coinvolto nel Rubygate, anche come presunto truffatore del premier, discettava di economia e cronache insulse.
Poi arriva un folle come Michele Santoro che tocca il record di ascolti facendo quello che gli altri non fanno, cioè parlare di ciò di cui tutti parlano ovunque fuorché in televisione, e cosa accade? Che il direttore della Rai, cioè colui il quale dovrebbe essere più soddisfatto per il brillante risultato, si dissocia pubblicamente da Santoro durante la trasmissione del Santoro medesimo.
A Pirandello verrebbero le vertigini.
L’Italia di oggi – mi pare che il succo sia questo – è una nazione lisergica: tutto è falsato, non c’è un solo rapporto causa-effetto che vada in porto in modo consono.
Il premier puttaniere e concussore è un eroe perché uno a casa sua può far prostituire chi vuole e, se telefona per far liberare una minorenne non proprio onestissima dicendo il falso, lo fa per bontà d’animo… padre, figlio e spirito santo.
Il direttore biascicante della Rai recita, davanti a milioni di telespettatori, una dissociazione da una trasmissione che se davvero fosse illegale dovrebbe far chiudere con uno schiocco di dita. Nessuno gli ha ancora detto che, alla Rai come nel tinello di casa, più della poltrona valgono i coglioni.
Mentre il conduttore tv si diverte, con abilità, a fare il capopopolo, noi tutti aspettiamo di riprendere conoscenza, schiavi come siamo, ogni giorno, di una nuova dose di intercettazioni orgiastiche.

P.S.
Oggi ho pagato il canone Rai e sono in grado di dire che uno come Masi andrebbe cacciato via a calci nel sedere per manifesta incapacità. Un abbonato ha sempre il posto in prima fila anche per fischiare.

Punite Santoro, non me

C’è un solo motivo per cui la punizione di togliere Michele Santoro dalla tv per due settimane è oggettivamente ingiusta. Il bersaglio. Io ad esempio.
In tv vedo praticamente solo Annozero (più Report, più ogni tanto Fazio). Se mi levano Santoro, che si può amare o odiare senza troppo spreco di sentimenti, mi levano un prodotto che pago. E siccome non ho fatto niente per meritarmi una simile ingiustizia aderisco all’appello che ieri il conduttore di Annozero ha fatto in apertura di programma quando ha chiamato i telespettatori a pronunciarsi contro il provvedimento.
Se Santoro ha sbagliato, gli prendano una multa, lo crocifiggano in sala mensa, lo frustino con cuoio della D’Addario, ma non mi taglino la programmazione che mi spetta. E’ come se al ristorante, dopo aver pagato in anticipo il conto (che è già una bella enormità), mi sflilassero da sotto il naso la portata principale ancora intonsa.
Al limite lo condannino a un surrogato di lavori forzati: tre puntate alla settimana, sulla rete uno, con il traino del Tg di Minzolini.
Una mission impossible. Per la vicinanza a Minzolini.