Dare del demente a chi non lo è (o chissà)

Gasparri Twitter Il problema non è Gasparri che mi dà del demente (stare agli antipodi intellettuali di uno come lui è un traguardo umano e professionale), ma Gasparri che si fa la ricerchina su Twitter per vedere cosa si dice di lui e delle sue gesta. Vale la pena di ricordare che questo signore è vicepresidente del Senato e che la sua concezione di politica sembra essere modellata sul sistema dialettico dei social: caricare, mirare, fuoco. Fuoco in tv quando sputazza sentenze nelle tribune politiche nelle quali tende a spadroneggiare come un boss di paese, fuoco sui social quando si inventa (lui o chi per lui) passati remoti che non esistono, fuoco di passione insana quando c’è da aggredire, mordere, divorare. Insomma l’uomo giusto per il ringhio giusto. Perfetto per la nuova coalizione virtuale venuta fuori dal referendum: ai nuovi barbari serviva proprio uno spalatore di melma di esperienza.

Un buon motivo per mettere Gasparri alla porta

Gasparri tweetNon sarà per un’eventuale bega giudiziaria, poiché il garantismo impone prudenze che sono spesso digeribili come le pietre. Non sarà per incapacità tecnicamente manifesta, poiché ai parlamentari non viene richiesta alcuna perizia. Non sarà nemmeno per capriccio, poiché la democrazia non è un sentimento (pur suscitandone molti, drammaticamente diversi).
Potrebbe essere per Twitter, sì.
Se si cercasse un buon motivo, universalmente valido, per mettere alla porta il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri, lo si troverebbe nelle sue scorribande sul popolare social network. Il tweet su Greta e Vanessa in cui l’incauto politico mescola il peggio del ciarpame internettiano col meglio della sua lungimiranza politica, che com’è noto è pari alla sua purezza intellettuale, è un’occasione preziosa per le forze democratiche di questo Paese per depurarsi.
Sapevamo che per governare, come per svolgere molti lavori, occorre sporcarsi le mani. Ciò che non sapevamo, sino all’avvenuto decollo del Gasparri pensiero, è che a certuni il fango stimola, eccita, accende.  Però in Italia abbiamo bisogno di politica, non di mud wrestling.

Gasparri, Twitter e la nudità democratica

Uno dei (pochi) vantaggi dei social network è quello che chiamo nudità democratica. Preso un essere umano dotato di dita e tastiera, gli si dà la possibilità di dire la sua su ogni questione, di interagire con ogni altro suo simile e di farlo (o poterlo fare) in qualsiasi ora e contesto. E soprattutto senza filtro.
Questo meccanismo innesca una reazione a catena che è tanto più dirompente quanto il solco tra i colloquianti è ampio. Tipo: due lumpen che si scazzano tra di loro dà noia persino al più onanista del social fighting. Stesso effetto tra due calciatori (spesso omologabili ai lumpen per ricchezza di argomentazioni e finezza verbale). Ma se mettete un parlamentare, tipo il vicepresidente del Senato Gasparri, e la fan di un rapper tipo Fedez, il gioco è fatto.
Il social denuda democraticamente il potente che altrimenti resterebbe coperto da una coltre di addetti stampa, portavoce, consiglieri e consigliori. Niente filtro e cazzi suoi.
Chi è causa del suo tweet pianga se stesso.

Gli impegni di Gasparri

“L’autovettura oggetto della contravvenzione era temporaneamente sprovvista dell’autorizzazione al transito, che non mi è stato possibile rinnovare tempestivamente a causa di continui e ripetuti impegni in diverse parti d’Italia correlati al mio mandato istituzionale”.

Con questa surreale motivazione il senatore Maurizio Gasparri ha chiesto, su carta intestata del Senato, ai vigili urbani di Roma di annullare tutte le contravvenzioni collegate all’auto di sua moglie.
Davanti a notizie come questa cresce in me la consapevolezza che un giorno per togliersi dai piedi gente del genere non servirà la Norimberga evocata da Grillo: basterà tirare lo sciacquone.

Grazie a Giuseppe Giglio.

Aspettando il 6 aprile

Dal 6 aprile scopriremo se un manipolo di giudici vuol far passare il gossip attraverso il setaccio della storia o viceversa. O se, più semplicemente, vuole incastrare un malfattore. Bisognerà aspettare quindi.
Quel che è certo è invece che l’attualità (che è la madre della storia) ci costringe a scrivere capitoli di una farsa con protagonisti grotteschi che non meriterebbero neanche il ruolo di comparse, se solo il merito valesse nel giudizio finale.
Renzo Bossi assediato dai cronisti che lo interrogano sui destini della nazione.
Nicole Minetti intervistata dalla prima televisione al mondo, la Cnn, che la qualifica come l’igienista dentale di S.B. e nulla di più. Per fortuna.
Signore e signorine del Pdl chiamate a raccolta per testimoniare in tv, tutte imbellettate, l’onestà virile e intellettuale del premier.
Maurizio Gasparri che invoca il processo breve e maledice il giudizio immediato, perché c’è brevità e brevità.
L’inopinato ministro Angelino Alfano che ha confuso il suo ruolo di Guardasigilli con quello di guardiacaccia o peggio di guardia del castello.
Che pena!