Uno che non sa nulla neanche del suo cellulare

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Non è la frase udita o non udita, forse pronunciata dal medico amico, sulla Borsellino che “va fatta fuori come il padre”. Non è il continuo ricorso a temi forti come quello di un’omosessualità ostentata che parrebbe scudo contro mille polemiche e invece è pretesto per sviare, distrarre, abbindolare. Non è nemmeno la coerenza malmessa di uno che promette non per mantenere, ma per farsi mantenere, di uno che non riesce a percorrere un tratto di strada in compagnia, poichè suscita istinti di fuga in chiunque condivida i suoi passi. Non è per tutto questo che Rosario Crocetta, malgovernatore siciliano, deve dimettersi con serena irrimediabilità e non inventarsi (o inventarci) un’autosospensione che sa di codardia istituzionale. Deve andare via perché è un presidente vulnerabile, fragile delle sue incertezze, inattendibile persino quando parla delle cose che dovrebbe conoscere bene: i suoi amici, i conti del suo governo, la ricezione del suo cellulare.

Crocetta ha gestito un sistema di consensi basato sulla sua antimafiosità e sulla sua omosessualità, e lo ha gestito con un’intransigenza irritante: ha cercato di convincerci che ogni attacco nei suoi confronti veniva orchestrato da mafiosi o da omofobi e non lo ha mai sfiorato l’idea che il sesso è un suo chiodo fisso e non nostro (a parte qualche vergognosa cialtronata combinata da giornali degni della spazzatura) e che la mafia teme più chi lavora in silenzio di chi sbraita dalla poltrona.

Che cambi amici, casacca, città, mestiere a questo punto è irrilevante. L’importante è che ci liberi dalla sua dilagante debolezza.