Non è ancora morto, ma…

 

Nel suo ultimo giro di concerti, Phil Collins tiene fede al titolo della sua autobiografia “No, non sono ancora morto” a tal punto da intitolare il tour “Not Dead Yet”. L’ho visto la settimana scorsa a Londra e devo dire che se non è ancora morto, sta comunque maluccio. Un’ora e un quarto scarsa di esibizione, inchiodato a una sedia (Phil si muove, e poco, solo con un bastone), voce stentata. La classe comunque è immutata perché non esiste malattia che possa scalfire un’arte selvaggia come il rock.
Tuttavia se non fosse stato per i gruppi che hanno preceduto Collins, il prezzo del biglietto (oltre centosettanta euro a cranio per la priority e la zona di prato non troppo lontana dal palco) sarebbe stato da rapina. E invece Mike + The Mechanics, Blondie e i redivivi (e un po’ appesantiti) KC and the Sunshine Band hanno comunque imbastito uno spettacolo di oltre sei ore nella bella cornice di Hide Park.
Una nota a parte la merita il sistema di sicurezza inglese. Se c’era qualche poliziotto, era invisibile. Tra code, perquisizioni e filtri, non ho mai visto un esponente delle forze dell’ordine, né un’arma, né un militare. Solo organizzatori e maschere con la loro casacca gialla e la loro maniacale passione creativa per le code: l’Inghilterra è l’unico paese al mondo dove ho trovato gli ottimizzatori delle code, i coach delle code, i motivatori delle code…
Insomma o i poliziotti di Sua Maestà sono bravissimi oppure erano tutti di corta.

Quand’ero un giovane chitarrista

Da giovane ero un chitarrista rock di quelli scatenati. Nel 1981, con un gruppo chiamato Focke Wulf, pubblicai un 45 giri. Era un disco di suoni ruvidi, al limite dell’ascoltabile. La formazione era quella classica, basso, chitarra, tastiere e batteria: Maurizio Orlando (che si dava il cambio con Giovanni Caminita), io, Walter Catania e Marcello Sacco. Pazzi da catene.
Di quel disco ho perso le tracce per colpa del tempo, della distrazione e di qualche trasloco di troppo. Giorni fa ho ricevuto una e-mail dall’Inghilterra da Guido Ratti, titolare di un piccolo negozio di dischi, che iniziava così: “Ti scrivo da Londra dove abito e lavoro da circa 20 anni. Quando Berlusconi è andato al governo decisi di cambiare aria”.
Ratti mi informava che in una fiera di Utrecht aveva trovato il 45 giri dei Focke Wulf e che, facendo una rapida ricerca sul web, era arrivato a sino a me per chiedere notizie di quel reperto (non ho neanche una copia conservata). Ho dovuto ravanare nei ricordi per soddisfare la sua curiosità di appassionato, mascherando l’invidia nei confronti di una persona che vive di musica, tra la musica. Lui mi ha ricompensato col migliore regalo che potesse farmi: una foto con lui e il disco dei Focke Wulf.  Mi sono quasi commosso.

Le foto più grandi del mondo

Pare destinata a rimanere senza vincitore definitivo la competizione per la foto più grande del mondo sul web. Di mese in mese ne viene fuori sempre una nuova. Qui alcuni esempi: Londra, Dubai, Dresda, Parigi e Siviglia.

Hard Times

Pare che da quando il sito del Times di Londra è diventato a pagamento, abbia perso qualcosa come il novanta per cento dei suoi lettori.
Però io aspetterei a formulare un giudizio.
Diciamo che sono allarmato, ma non allarmista.

Intanto oggi Repubblica comunica che la sua versione iPad diventa a pagamento.

Via Ppr.