Dal “resistere” al cubo, al lapidario “vaffanculo”

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

Ci sono due modi per cercare di capire come il “Movimento 5 stelle”, che ha la ruvidezza della protesta e la profondità dell’opinione, possa aver attecchito in modo così esemplare in una terra come la Sicilia, nella quale il voto di scambio – sia reale che simbolico – è sempre stato il perno di ogni competizione elettorale.
Il primo consiste nello scattare una fotografia dell’attuale situazione sociale ed economica e nell’analizzarne, con una lente d’ingrandimento, alcuni dettagli. Nella grana dell’immagine sono evidenti molti spazi vuoti: è il vuoto delle promesse che non possono più essere fatte, il vuoto di credibilità della politica isolana, il vuoto di motivazione strategica dei partiti. Nel voto di scambio è fondamentale la merce che passa di mano e se questa manca, viene meno la garanzia sulle speranze a buon mercato. Il movimento di Grillo ha riempito questi buchi, ponendosi non come alternativa – che sarebbe stato un tipico ragionamento politico, di quelli classici insomma – ma fisicamente come mastice, che ha chiuso, sigillato gli spazi vuoti.

Viva Palermo con quel che ne consegue

Ieri dopo quattro anni Palermo ha ritrovato un sindaco nel giorno della più importante festa della città. Un sindaco che ha lanciato, dal carro della Santuzza, quelle poche parole incatenate che suggellano un rito secolare. Le tradizioni sono il cemento della civiltà e per troppo tempo sono state negate alla mia città. Ne scrissi qualche tempo fa e mi sembra ieri. Solo che per fortuna non lo è. Ieri c’era un sindaco in carne e ossa e non un fantasma.

Ebbene sì, lo ha proprio detto

O Pierluigi Bersani è smemorato (ma tanto, eh) o crede che la Sicilia sia terra di smemorati (ma tanti, eh).

Un uomo corre da solo

Della Rete (maiuscola), che da semplice movimento era diventato imponente soggetto politico, non è rimasto un solo nodo utile, solo pesci morti. Eppure noi c’eravamo, gentile professore, noi eravamo quella marea silenziosa che inondava le strade per seguirla nei cortei antimafia. Noi la sorreggevamo nel duello cruento con una parte dell’estabilishment cittadino (imprenditori, giornalisti, magistrati) che brandiva un garantismo peloso quantomeno sospetto (per non parlare d’altro). Noi facevamo il tifo per lei come se fosse un campione sportivo, l’ascoltavamo come un mahatma.
Lei ha creduto di poter continuare a correre da solo. E ha sbagliato per nobiltà d’animo e triste presunzione.

All’indomani della bruciante vittoria di Diego Cammarata a Palermo, nel maggio del 2007, scrissi questa lettera aperta a Leoluca Orlando. Oggi politicamente gli scenari sono cambiati, ma Orlando è sempre lo stesso solista. Se la politica fosse una gara di braccio di ferro lui sarebbe un campione pressoché imbattuto. Invece è un gioco di squadra e i muscoli di uno solo non bastano.
Non prendetela come una dichiarazione di voto – ancora non ho deciso – ma come un auspicio. Che venga un sindaco che sappia farsi moltitudine.

La pancia di Palermo

A me sembra che come nel ’93 Orlando nell’immaginario collettivo rappresenti qualcosa di importante per questa città. Tra l’altro la cosa interessante è che per una volta Palermo è unita nella sua élite un po’ snob e nella sua profonda anima o pancia popolare. Questo vuol dire che quando si sfasciano gli apparati dei partiti, come credo sia avvenuto in queste elezioni, i cittadini seguono una loro idea politica o pre-politica se vogliamo, che è quella del «grande personaggio», del grande notabile che Orlando è.

Lo storico Salvatore Lupo sul Manifesto spiega la diversità tra la politica italiana e quella siciliana. Molto interessante.

Let’s tweet again / 5

Su Twitter, ieri (short version).

Let’s tweet again / 1

Da Twitter, ieri.

Dopo il sorbitolo, il nitrito di sodio. Per seguire la cronaca da oggi serve una laurea in chimica.

Emilio Fede : “C’è una manovra per farmi lasciare il tg4”. Speriamo che sia sufficientemente spericolata.

Hitler testimonial di uno shampoo. Dalla pulizia etnica a quella dei capelli.

Oggi in televisione ho visto un tale che si faceva chiamare Divino e l’unico miracolo era che nessuno lo mandava a fare in culo.

A Palermo gli operai Gesip chiedono aiuto a Orlando. Che con l’interprete di aramaico s’impegna a risolvere il loro problema.

Invecchiare

Mi sono reso conto di essere invecchiato l’altro giorno quando, dopo anni di meraviglioso isolamento, sono andato a una affollatissima conferenza stampa (quella di Leoluca Orlando). In mezzo a centinaia di giornalisti e/o reggitori di microfono non ho riconosciuto che pochi colleghi coi quali, quasi con spirito di autodifesa, ho cercato di fare gruppo.
Quasi subito uno dei giovani cronisti d’assalto ha preso la parola e ha fatto la seguente domanda a Orlando: “Qual è il suo programma?”.
Chiedere a un candidato sindaco qual è il programma equivale ad annullare la conferenza stampa, perché quello comincerà a parlare e non la finirà più. E così è stato: Orlando ha detto di tutto e di più, impiegando in modo sapiente il poco tempo che c’era a disposizione. E non rispondendo alle domande vere, quelle rimaste nella testa di molti intervistatori.
Ecco, quando penso a giornalisti come l’autore della domanda di cui sopra (che non ha ancora capito l’errore commesso perché evidentemente nessuno gli ha mai spiegato l’abc del mestiere) mi rendo conto di essere invecchiato. Felicemente.

La coerenza di Orlando

via @ale_canni su Twitter.

Lo sceneggiatore di se stesso

Ha suscitato un discreto interesse l’intervista di diPalermo a Leoluca Orlando. Oggi Gustavo Petruzzella fa le pulci all’ex sindaco di Palermo che definisce come il  grande sceneggiatore di se stesso. Ne viene fuori una lettura molto interessante.