Tranquilli, Mora, Fede e la Minetti non sono assassini

Uno dei ritornelli preferiti del coro adorante dei berlusconiani, dopo la condanna di Lele Mora, Emilio Fede e Nicole Minetti, è: invece di condannare quei poveri disgraziati, perché i giudici non si preoccupano dei veri delinquenti che magari tornano liberi troppo presto?
La domanda nasconde – e nemmeno troppo – una certa ignoranza giacché la giustizia non si amministra coi “piuttosto”. L’uso, anzi l’abuso di termini di paragone esasperati quando si è a corto di argomenti è drammaticamente deprimente perché ci ricorda che viviamo in un paese dove la libertà di espressione – nel caso specifico il poter di liberamente una cazzata – viene confusa con la libertà di plasmare realtà ad hoc.
Il problema è che su questo equivoco si sono costruite, negli ultimi 20 anni, carriere politiche, programmi di governo e qualche fortuna privata.

Verissimo, anzi falsissimo

Sabato pomeriggio in un programma di Canale 5 che, ironia della sorte, si chiama Verissimo è andata in onda la finta intervista a Lele Mora. L’ex agente delle dive, bancarottiere reo confesso con sentenza di condanna passata in giudicato e soprattutto coinvolto nello scandalo Ruby, è stato presentato come un uomo dimesso che sì ha fatto qualche marachella ma che è nei guai solo per l’invidia di qualcuno.
Se non ci fossero di mezzo giornalisti professionisti pagati per imbastire queste scenette da avanspettacolo (anche se l’avanspettacolo è una cosa seria) ci sarebbe da alzare le spalle e rifugiarsi dietro l’amara constatazione che sempre della televisione di Berlusconi si tratta. Se la conduttrice di Verissimo, Silvia Toffanin, non fosse la nuora di Berlusconi ci sarebbe da stupirsi. Se Lele Mora non fosse indagato per favoreggiamento della prostituzione insieme con Berlusconi ci sarebbe da rimanere allibiti. E se nella scheda introduttiva e nell’intera intervista (a parte un lieve accenno della costernata Toffanin) non si fosse mai fatto cenno al processo che si svolge a Milano sulla vicenda della “nipote di Mubarak” ci sarebbe da urlare.
Invece è così. Naturalmente così. E non c’è da stupirsi se nessuno si stupisce più. I telespettatori si sorbiscono la pantomima del pover’uomo dimagrito e piegato da una giustizia cattiva. L’ordine dei giornalisti non batte ciglio davanti alla spudorata messinscena di Silvia Toffanin. I giornali preferiscono occuparsi d’altro, delle ragadi politiche di Bersani o della ruga di espressione di Renzi.
Tutti incantati davanti a quell’ometto che in tv, parafrasando Corona, sussurra:”Una volta non perdonavo, ora perdono tutti”. E che ha deciso di non farsi più chiamare Lele, ma Gabriele.
Come l’arcangelo.

P.S.
L’altra ospite del programma era Barbara D’Urso, teste della difesa di Silvio Berlusconi al processo Ruby.

Il passato di Ruby

Voglio tornare a essere la vecchia Ruby, poter andare a mangiare una pizza, uscire con le mie amiche, andare al cinema e condurre una vita normale.

La frase è stata pronunciata da quella Ruby lì, in una conferenza stampa indetta dal viennese Richard Lugner che l’ha invitata in Austria al Ballo delle debuttanti. Il luogo comune del si stava meglio quando si stava peggio, del com’era verde la mia valle, del fermate il mondo voglio scendere, funziona quando c’è un principio di genuinità a governare un ragionamento.
Nel caso di Ruby Rubacuori, una che ha costruito tutta la sua esistenza sull’occasione e sulla reiterazione del reato, le cose possono essere lette in altro modo. La volontà di riavere una vita normale potrebbe essere frutto della paura: quando gli eventi si mettono male, pure un senzatetto rimpiange il suo posto all’addiaccio.
Il volersi riciclare come persona ordinaria (“spero che la gente mi giudichi per quello che sono veramente”, dice in un altro passaggio della conferenza stampa) comporta il rischio che la gente la prenda sul serio e che cominci a snocciolare quel che sa veramente su questa ragazza: i suoi precedenti penali, il suo mestiere, le sue contraddizioni, il suo talento inesistente.
Invocare la ggente è sempre un’arma a doppio taglio quando non si ha un passato blindato.

P.S.
Ieri sera Lele Mora ha annunciato le nozze di Ruby per il 17 marzo. Sarà lui stesso ad accompagnarla all’altare. Aspetto di saperne di più sul prete.

The Arcore’s nights

Piccolo suggerimento: chiudete lo spot pubblicitario per leggere i sottotitoli.

Grazie a Giuseppe Giglio.

I veri criminali sono single

Il presidente del Consiglio frequenta molte donne, quasi tutte di giovane età, organizza feste a casa sua, regala alle intervenute buste con migliaia di euro e cd di Apicella (molto più compromettenti dei soldi), si adopera per far liberare minorenni inguaiate con la giustizia, mente a ripetizione, premia attricette, starlette e igieniste dentali con un posto in politica, si fa svergognare da una moglie sui giornali, imperterrito continua a pagare prostitute che arrivano a casa sua con la scorta degli amici che gliele procurano, costruisce leggi che lo mettano al riparo dalla legge (quella vera), urla al complotto quando qualche magistrato ha qualcosa da ridire sui reati da lui commessi e in tutto questo pretende di amministrare la cosa pubblica con la serenità di una persona normale… Poi appare in tv, nelle sue tv, e a sua discolpa usa l’argomento più sorprendente: ho una relazione stabile.
Si sa, i veri criminali sono single.

Testimonial dei 10 comandamenti

  1. Non avrai altro Dio al di fuori di me, disse Berlusconi avvolto dalla luce (stroboscopica).
  2. Non nominare il nome di Dio invano, disse Sandro Bondi a Gianfranco Fini.
  3. Ricordati di santificare le feste, disse Lele Mora a Emilio Fede prima di dare il via alle danze.
  4. Onora il padre e la madre, disse Pietro Maso uscendo dal carcere.
  5. Non uccidere, disse Michele Miseri alla figlia Sabrina.
  6. Non commettere atti impuri, rispose Sabrina.
  7. Non rubare, disse una voce perduta in un’intercettazione inutilizzabile.
  8. Non dire falsa testimonianza, disse Marcello Dell’Utri colpendo con la punta del naso un occhio del giudice.
  9. Non desiderare la donna d’altri, disse Giampaolo Tarantini mettendo mano al portafoglio.
  10. Non desiderare la roba d’altri, disse Morgan mostrandosi generoso.

Questione di cognomi

C’è da compatirlo Fabrizio Corona. Moric sembra il cognome di un centravanti serbo, Mora è femminile singolare. Era confuso e ha scelto a scatola chiusa.