Leghista in mare

leghista in mare

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

“Tutto bene, siamo tornati”, scrive su Facebook il leghista Angelo Ciocca, postando una foto di lui con cinque aspiranti naufraghi, disoccupati e rintronati.
(…)
Ciocca è stato il protagonista di una provocazione mancata che però non ha mancato l’obiettivo. Il candidato alle europee della Lega Nord era salpato l’altro ieri da Lampedusa, assieme a cinque disoccupati, alla volta della Tunisia per contestare le “politiche passive di clandestinità” dell’Europa. Con lo slogan “mare vostro” tentava insomma di scardinare, con la consueta sobrietà leghista, il concetto ormai democraticamente desueto di accoglienza degli immigrati. Ma dopo poche ore di navigazione il “mare vostro” si è incazzato e ha costretto l’imbarcazione battente bandiera padana a tornare da dov’era partita. Missione fallita? No di certo. Il fallimento è infatti solo apparente giacché il merito, del tutto involontario, di Ciocca è quello di aver dimostrato che il mare è di tutti e la disperazione di pochi. La ricerca di un porto sicuro, anche come metafora, deve essere garantita a chiunque e non soltanto a un politico che riesce a far parlare di sé persino nel giorno di silenzio della campagna elettorale. Pensate a un Ciocca affamato, e non pasciuto come appare nelle foto, respinto a cannonate mentre vomita le budella. Pensate a un Ciocca infreddolito, e non infagottato nel Gore-tex, che torna nella sua landa di fame e non nell’hotel dove lo attendono doccia e risottino alla marinara. Ecco, pensate a un Ciocca di questi e ringraziatelo per avervi ricordato senza volerlo a cosa serve un’operazione umanitaria.

Non sentirsi soli

Ieri ho scritto su Twitter:

I leghisti che manifestano per un Paese migliore sono penosi. E’ come il lupo che fa lo sciopero della fame a favore dei vegetariani.

Oggi Michele Serra nella sua Amaca batte sullo stesso tasto, con un indiscutibile miglior risultato.

Calderoli e Borghezio, buona la prima

Meraviglie della politica italiana. L’eurodeputato leghista Mario Borghezio giustifica alcune idee dello stragista norvegese su Islam e immigrati. E chi gli fa la cazziata? Il collega di partito e ministro per la semplificazione Roberto Calderoli, uno che fino a qualche anno fa girava con le magliette anti-islam e dichiarava in pubblico che l’Islam non è una civiltà.
Sono sempre più convinto che alla Lega Nord non abbiano addetti stampa, ma sceneggiatori.

 

Il “pacifista” Bossi

Non so se avete notato che l’unico politico italiano di peso ad opporsi all’attacco contro Gheddafi è stato Umberto Bossi. E non vi sarà sfuggita la coincidenza tutta italica tra l’atto “pacifista” del ministro (le virgolette sono d’obbligo trattando di uno che nei suoi comizi ha sempre parlato di mitra, pallottole e fucili) e il suo essere stato promotore delle ronde padane.
Insomma la più pressante azione anti-bellica nel nostro Paese l’ha fatta uno al quale la violenza non fa proprio schifo.

Chi sta con Borghezio?

Per il parlamentare della Lega Nord Mario Borghezio, l’Abruzzo “è un peso morto come per noi tutto il Sud”.
E’ in quel “noi” l’elemento che dovrebbe scatenare indignazione.
Noi che nel 1976 siamo stati fermati in possesso di una cartolina firmata “Ordine Nuovo” e indirizzata “al bastardo Luciano Violante” (magistrato che conduceva inchieste contro l’eversione nera)?
Noi che in quella cartolina avevamo disegnato alcune svastiche,  scritto “Viva Hitler” e – quel che è peggio – avevamo segnato la seguente frase: “1, 10, 100, 1.000 Occorsio”, laddove Vittorio Occorsio, era un magistrato ucciso pochi giorni prima?
Noi che nel 2005 siamo stati condannati in via definitiva per aver dato alle fiamme dei pagliericci nei pressi di alcuni immigrati che dormivano sotto un ponte di Torino?
Noi che nel 2008 siamo stati trascinati via a forza dalla polizia di Colonia per aver preso parte a un congresso non autorizzato contro l’Islam?
Noi che abbiamo detto: ai clandestini bastardi gli diamo il mille per mille di calci in culo con la legge Bossi-Fini?
O che abbiamo detto: non capisco tutta questa agitazione per la condanna di Saddam, quando nessun presidente della Repubblica ha ancora chiesto scusa alla famiglia Mussolini?
O che abbiamo detto: non bisogna aver paura di rischiare, bisogna fare i nomi perché devono essere scolpiti i nomi di, di… queste facce di merda (riferito ai magistrati Forleo e Papalia)?
Insomma, noi chi?

Bombe non intelligenti

I coglioni che mettono le bombe davanti alle sedi della Lega, al netto delle reponsabilità penali, dovrebbero essere citati per i danni causati da un ulteriore rafforzamento di un partito politico che crede nell’esistenza della Padania e nell’effetto afrodisiaco delle parole del suo leader.

Maroni, vieni via…

C’è un equivoco di fondo dietro la partecipazione, imposta quasi per decreto, del ministro degli Interni Roberto Maroni alla trasmissione “Vieni via con me”.  Il diritto di replica è di una parte chiamata in causa, di una parte debole, non di un rappresentante del governo, di un potere forte che sta al di sopra dell’accusa.
Questo è il passaggio fondamentale per capire che quando un esponente di primo piano dello Stato impone la propria presenza in un programma televisivo, per giunta della rete pubblica, si è alla frutta (avariata).
Se un privato cittadino si sente offeso, calunniato, ingiustamente tirato in ballo, deve avere tutti i supporti di legge affinché gli si forniscano gli appigli per un replica che abbia audience adeguata. Quando un rappresentante della Repubblica ha bisogno di forzature da dittatura centroafricana per riuscire a biascicare quattro parole in tv, è segno che si è fatta un po’ di confusione:  un ministro non è un esponente di partito o se lo è – coi tempi che corrono – deve fare in modo da mimetizzarsi in modo che tutti lo possano scambiare per un persona perbene; il luogo deputato per le opinioni sono i mass media, e i rappresentanti politici non possono interferire; nello specifico esibire un fazzoletto verde nel taschino impone una reazione a ciò che quel simbolo rappresenta (divisione, Padania, ronde, celodurismo, tricolori nel cesso, eccetera), che sia una pernacchia o una dignitosa alzata di spalle sarà la sorte a deciderlo. Confido nelle pernacchie.

SPQR

Sia
potato
questo
ramo

Stolto
parlamentare,
quasi
raglia

Sentire
parlare
questo,
raccapriccia

E tutto sommato…

Sono
pazienti
questi
romani

L’era del Trota

Un sindaco di una sperduta cittadina di una landa che non esiste e che qualcuno si ostina a chiamare Padania (la Neverland dei più ignoranti tra i nordisti) ha riempito una scuola di simboli leghisti. Il che equivale a mettere le mutande di Valeria Marini sugli scaffali della biblioteca comunale o a esporre un ciuffo di peli di Antonio Zequila al museo civico: una solenne cazzata, senza possibilità di discussione.
Se vivessimo in un paese coi normali sistemi di vigilanza del buon senso funzionanti, quel sindaco sarebbe stato rimosso (o meglio internato) ad opera dei suoi stessi compagni di partito. Persino Craxi mandò a quel paese Fabrizio Cicchitto quando lo scovò nelle liste della P2, a conferma che il potere è cieco solo quando vuole chiudere gli occhi.
Oggi invece il destino di una nazione è deciso da un manipolo di deputati che vestono di verde anche nell’intimità, scambiano l’acqua limacciosa di un fiume per acqua benedetta (e se la bevono pure), parlano una lingua che confina più con l’analfabetismo che con un qualsiasi dialetto, idolatrano un tale che abbaia trisillabi senza concetto.
Sapete perché quel sindaco non lo rimuove nessuno? Perché ogni meccanismo di ribellione e di autocontrollo democratico prevede un livello minimo di cultura. E noi, che un tempo rimpiangevamo l’era del Cinghiale bianco, siamo appena entrati nell’era della Trota.
Anzi, come ignoranza impone, del Trota.

Amarcord

Via Vincenzo Caico FF