Come Ken Follett

Ken FollettSono in vacanza e leggo Ken Follett, i pochi libri che non ho letto di Ken Follett. Ebbene sì, cedo senza ritegno al fascino del re della narrativa di consumo, una sorta di McDonald’s della letteratura. E so anche perché. Perché ogni tanto è bello immergersi in storie al limite del plausibile dove ragazzini pilotano aerei nei cieli della Seconda Guerra Mondiale, dove gli innamoramenti si raccontano in sette righe e un tramonto in cento. Tutti, più o meno segretamente, sogniamo una nuova caratteristica da mettere in coda a quelle inanellate da Italo Calvino nelle sue Lezioni Americane: la facilità. Ecco, tutto è facile nelle storie di Ken Follett, anche la difficoltà. Ed è questo che le rende pericolosamente irresistibili.

Cose da portare in un eremo

Rivellino
Foto di Daniela Groppuso

Siccome – come sta scritto nella breve bio di questa homepage – il sottoscritto ogni tanto scrive un libro, ho l’impellenza di arrivare alla parola fine di un benedetto manoscritto che da qualche tempo occupa uno spazio sempre più ampio nel mio settore sensi di colpa. La storia è ben incardinata, mancano soltanto le pagine necessarie per chiuderla felicemente e consegnarla all’editore.
Insomma mi servirebbe un mese, un mese solo, di eremitaggio per fare il mio sporco lavoro. Se avessi tempo e soldi mi ritirerei in un’isoletta, o in una casetta di montagna, in un posto comunque lontano dalle distrazioni della città.
E, a parte i generi di prima necessità e il computer per scrivere, porterei con me le seguenti cose:

Il caricabatterie del telefonino per ricordarmi che il telefonino l’ho lasciato a casa ed è inutile cercarlo.
Una bottiglia di Sassicaia del 2006.
La fotografia in cui, giovane e coi capelli lunghi, mi arrampico sulla “Diretta” di Monte Pellegrino.
Il dizionario della lingua italiana (nell’eremo non c’è internet).
Un paio di romanzoni scacciapensieri alla Ken Follet o alla Stephen King da farmi leggere la sera da mia moglie (nell’eremo non c’è televisore).
L’orologio di mio nonno Gerlando.
La ricetta della pasta coi broccoli di mia madre.
L’iPod ben carico.
Le scarpe da running.
Un coltello Eliss, perché in cucina non si affetta con coltelli qualunque.
La meravigliosa maglietta verde di cotone sdrucito che rubai a mio fratello diciannove anni fa.
Due cuscini alti.
Il plaid rosso che ci ha regalato Mara.
Due dei bicchieri Riedel che ci ha regalato Antonella.
Il Timex che mi ha accompagnato in mille avventure.
Lo zaino lurido che di quelle mille avventure porta i segni.
Il biglietto di ritorno.