Il pesce salterà fuori dal barile?

Ci sono verità scomode persino da pensare quando si parla di crisi, di lavoro e redditività. Una di queste riguarda il sottile confine tra la congiuntura economica e la competenza professionale e rimanda alla domanda che molti di noi si pongono quando si trovano di fronte a situazioni occupazionali difficili o a prospettive societarie cupe: è colpa solo del mercato o anche di chi amministra la baracca?
In altre parole, il disastro di molte aziende è interamente da attribuire a cause esogene o c’è una responsabilità interna?
Per mia minima esperienza non ho esitazioni. Dietro molti fallimenti attuali – intesi in senso lato, e non esclusivamente giuridico – ci sono scarsa professionalità, menefreghismo, pochezza intellettuale. Poi c’è la crisi, certo. Ma quella fa parte di un altro sistema di rischio, meno masochista.
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Un portatablet da 990 euro

Vorrei conoscere qualcuno che ha acquistato il porta iPad di Hermes, 990 euro (tablet escluso naturalmente). Capisco le ragioni dell’estetica e quelle del buon gusto, però mi sfugge perché una persona dovrebbe comprare una custodia che costa molto di più dello strumento, già costoso, che dovrebbe contenere.

L’esperimento

Ho trascorso un periodo relativamente lungo in una località di mare nella quale ho portato anche i miei strumenti professionali: un computer e un iPad. E in questo periodo ho provato a gestire la mia vita in modo diverso dal solito: lavorare quando si è in continua tentazione vacanziera è una costante prova di resistenza.
La notizia è che credo di avercela fatta.
Il nostro sistema di relazioni, di convenzioni, di schemi rigidi, prevede il riposo come alternativa netta al lavoro. In realtà – e questo è stato l’esperimento che ho condotto su me stesso – si può diluire il dovere nel piacere a patto di rinunciare a un po’ di quest’ultimo. Al posto di una settimana di completo relax, se ne possono fare tre di parziale relax.
Badate, è una scelta che non è priva di controindicazioni. Ci sarà sempre un momento in cui invidierete gli altri, i vacanzieri veri, quelli che hanno optato per la linea tradizionale, e questo rischierà di pesare sul vostro rendimento. Non dovrete cedere alle tentazioni di allungare gli spazi di riposo a discapito dei momenti dedicati ai committenti. La missione è essere diversi pur garantendo ai vostri datori di lavoro il normale rendimento.
Alla fine della giornata non sarete proprio riposatissimi come tutti gli altri, ma di certo sarete più felici di quelli che hanno esaurito la vacanza prima di voi e che vi mandano sms di nostalgia dall’ufficio.

Soldi sudati

di Daniela Groppuso

Il fascino della strada sbagliata

Da molti anni, quando mi sposto in auto per le vacanze, uso il navigatore. Ultimamente mi è capitato di provare anche l’app Mappe dell’iPad e l’ho trovata molto divertente (in verità l’ha provata mia moglie che riesce tranquillamente a leggere mentre l’auto è in movimento).
Quello che mi chiedo è quanto il divertimento per un oggetto che ti toglie un pensiero (quello di dover stare attento a svincoli e traverse) sfoci in un atteggiamento passivo, di pigrizia e intorpidimento mentale.
Ricordo decine di casi in cui sbagliando strada, ho scoperto nuovi posti, ho apprezzato panorami che non mi aspettavo, mi sono imbattuto in suggestive locande, e così via.
Non voglio fare il solito pippone sulla tecnologia che raffredda le nostre esperienze o su quanto erano belli i tempi in cui la vita era analogica al cento per cento. Sono il primo che si rompe le scatole quando imbocca la traversa sbagliata.
Però penso che di tanto in tanto potremmo usare questo strumento in maniera meno nevrotica, ad esempio chiedendogli di proporci l’itinerario più suggestivo anziché quello più breve. Oppure indugiando un po’ sulle mappe digitali alla ricerca di luoghi poco noti.
Insomma se ormai è difficile sbagliare strada, regaliamoci l’illusione di non vivere in un mondo dove tutto è deciso da un preziosissimo e odiosissimo microchip.

Cinque pagine di Scalfari

Ho scaricato solo ieri R7 il settimanale di Repubblica solo per il tablet. Mi ha colpito l’editoriale di Eugenio Scalfari, cinque pagine. Colpito e affondato. Ho chiuso e sono passato ad altro.

Kindle vs iPad

Nel nuovo spot del Kindle si prende in giro l’iPad per il prezzo e soprattutto per il fatto che quest’ultimo è difficilmente utilizzabile sotto il sole.

Grazie a Rosa Maria Di Natale.

Un due tre prova

La prima pagina di Repubblica Palermo stamattina sul mio iPad.

La prima volta

Sulla mia agenda ho segnato una data, quella di venerdì scorso (23 luglio). E’ il giorno in cui ho fatto il mio primo abbonamento a un giornale che non è di carta: nello specifico la Repubblica, edizione per iPad.

Ricordo ancora la prima volta in cui acquistai un cd: Van Halen. Dopo averlo fatto girare per un paio di giorni consecutivi nel lettore (col rischio di sterminare la famiglia), lo riposi sopra la colonna di ellepi, nello studio di mio padre.
Oggi i vinili non li ho più (li vendetti negli anni Ottanta in preda a una dissennata smania di far spazio), il lettore è ancora al suo posto, i cd sono diventati centinaia e lo studio di mio padre è diventata la camera da letto mia e di mia moglie.
I cambiamenti epocali sono quelli di cui non ci si rende conto subito. Sui cd c’erano mille dubbi: resisteranno al tempo? Garantiranno la stessa fedeltà? Ci saranno assortimenti adeguati?
Ne comprai uno per curiosità. Poi un altro, e un altro ancora…
Finì come finì. E non mi pare che sia andata male. Se non altro nell’ex studio di mio padre si dorme benissimo.

Ciambelle senza buco

Non mi chiedete dettagli tecnici. È già molto che riesca a spiegarmi con poche, misurate parole. Di fatto il famigerato iPad, dal quale vi scrivo, non è in grado di riprodurre molti filmati e di garantirvi, ad esempio, lo streaming di Raiuno (durante la semifinale della coppa del mondo per giunta).