L’informazione politica di Barbara D’Urso

Il nuovo corso dei pomeriggi televisivi di Barbara D’Urso prevede uno spazio di approfondimento politico. Funziona così. La conduttrice mette insieme vari personaggi politici – il livello medio alto è Daniela Santanchè – di vari partiti e di varia estrazione (c’è il deputato, il consigliere comunale, il sindaco di un piccolo paese, eccetera). Poi dà la parola al pubblico, che è stato selezionato ed allevato come si fa coi leoni del circo, e si scatena la rabbia cieca. Il numero tipico è quello di un signore, che sino a qualche ora prima era un tranquillo pensionato, con la bava alla bocca che sbraita: “Siete tutti ladriii!”. Non c’è mai un’argomentazione, non c’è mai il tentativo di scalfire la corteccia del qualunquismo, qui e in tutte le opere della D’Urso. Nel siparietto popolar-politico va in onda un finto pluralismo di posizione che illude e deteriora gli spazi di libero pensiero. Perché la casalinga distratta che mescola la polenta mentre guarda “Pomeriggio 5” magari si convince che la spending review raccontata con l’effetto flou di Barbara D’Urso è un’invenzione degli anarchici e che il motto della modernità è “si stava meglio quando c’era lui”. Il pubblico in studio grida e suda, i politici in studio gridano e sudano per solidarietà, la conduttrice rasserena i finti animi con una finta equidistanza che è più irritante degli antichi pipponi di Emilio Fede. Il risultato è un can can di populismo mirabilmente in linea con la beatificazione accordata da Berlusconi che ha posizionato la D’Urso nell’olimpo del (suo tipo di) giornalismo.
La nuova informazione politica del regime di plexiglass arcoriano non passa più dai tg addomesticati, ma filtra subdola attraverso programmi di alleggerimento cogliendo di sorpresa i telespettatori più ingenui, più distratti, più deboli. Probabilmente dovremo rivedere il nostro concetto di fascia protetta.

Giovanni Floris, uno che ha studiato

Non è vero che Berlusconi è un giullare per natura. Lo diventa se qualcuno gli dà lo spunto, e se accade diventa imbattibile.
Ieri sera Giovanni Floris non gli ha concesso di dominare la scena coi suoi frizzi e lazzi e lo ha costretto a barcamenarsi con una realtà, la sua, angusta e precaria. Perché il bravo intervistatore, così come il bravo presentatore Insomma le occasioni per giocare alle slot machine gratis non mancano mai. di Frassica, è uno che ama i discorsi semplici e preferisce la banalità dell’aritmetica alle astrusità della filosofia.
Floris è stato bravo, come pochi altri. Anzi come nessuno prima d’ora.
Non aveva la banale supponenza della Annnunziata, né il sarcasmo forzato di Santoro. Non era fresco di arrotino come Travaglio né inconsistentemente iroso come la Costamagna.
E’ stato misurato, composto, intransigente e permissivo al tempo stesso.
Molti diranno che è la serietà personale che, in certi casi, prende il sopravvento. Può darsi. Di certo c’è che Giovanni Floris aveva un enorme vantaggio ieri sul suo interlocutore: era ben preparato.
E studiare dà ancora i suoi bei vantaggi.

Barbara D’Urso, le ginocchia del potere


Dell’uso spregiudicato che Berlusconi ha fatto delle sue televisioni è stato detto e non c’è novità nel vedere il Caimano fare capolino dal salotto di Domenica Live per sproloquiare di promesse, cene eleganti, zoccole, Imu, comunismo, Monti, pater familias e diritto internazionale.
Il dato fondamentale è invece la definitiva consacrazione di un personaggio che irrompe nell’harem politico-mediatico del Cavaliere col ruolo di scendiletto protagonista.
Barbara D’Urso è stata infatti, in un sol colpo, spalla, ventre, schiena, testa, ginocchia e fegato in un evento destinato a rimanere indelebile negli orrori della televisione italiana.
Aveva mille domande, lo ha detto lei, e non ne ha fatta nessuna.
Si è prostrata dinanzi alle noiosissime argomentazioni del padrone calpestando, ancor prima della dignità, le esigenze dei tempi televisivi. Perché quello della D’Urso non è stato soltanto un programma scorretto, ma un programma tecnicamente sbagliato.
Con un personaggio come Berlusconi se anche ci si vuole esercitare con il leccaculismo ci vogliono fior di professionisti della lingua (intesa come parte del corpo). La D’Urso voleva blandire, accarezzare, sedurre ostentandosi sedotta in partenza, ma si è mostrata sdraiata prima ancora di cominciare. E ciò ha intorpidito il Caimano che infatti, per buona parte del suo comizio, ha discettato di Casini, Monti, delle minchiate dell’Imu e ha annoiato persino il pubblico dei fanatici in studio.
Barbara D’Urso è rimasta imbalsamata davanti a lui. Creando assist indecenti e aprendo una voragine sul senso deontologico del suo ruolo. Giornalista? Conduttrice? Testimone giudiziaria? Amica di famiglia? Dipendente? Sostenitrice? In che veste si è presentata, ammiccante, davanti a qualche milione di telespettatori? In quali panni ha recitato questa tragedia grottesca?
E soprattutto, è giusto che una persona così compromessa gestisca un potere mediatico così ampio?
Davanti a tanti interrogativi, una sola certezza: Vespa è un moscerino al confronto.

Verissimo, anzi falsissimo

Sabato pomeriggio in un programma di Canale 5 che, ironia della sorte, si chiama Verissimo è andata in onda la finta intervista a Lele Mora. L’ex agente delle dive, bancarottiere reo confesso con sentenza di condanna passata in giudicato e soprattutto coinvolto nello scandalo Ruby, è stato presentato come un uomo dimesso che sì ha fatto qualche marachella ma che è nei guai solo per l’invidia di qualcuno.
Se non ci fossero di mezzo giornalisti professionisti pagati per imbastire queste scenette da avanspettacolo (anche se l’avanspettacolo è una cosa seria) ci sarebbe da alzare le spalle e rifugiarsi dietro l’amara constatazione che sempre della televisione di Berlusconi si tratta. Se la conduttrice di Verissimo, Silvia Toffanin, non fosse la nuora di Berlusconi ci sarebbe da stupirsi. Se Lele Mora non fosse indagato per favoreggiamento della prostituzione insieme con Berlusconi ci sarebbe da rimanere allibiti. E se nella scheda introduttiva e nell’intera intervista (a parte un lieve accenno della costernata Toffanin) non si fosse mai fatto cenno al processo che si svolge a Milano sulla vicenda della “nipote di Mubarak” ci sarebbe da urlare.
Invece è così. Naturalmente così. E non c’è da stupirsi se nessuno si stupisce più. I telespettatori si sorbiscono la pantomima del pover’uomo dimagrito e piegato da una giustizia cattiva. L’ordine dei giornalisti non batte ciglio davanti alla spudorata messinscena di Silvia Toffanin. I giornali preferiscono occuparsi d’altro, delle ragadi politiche di Bersani o della ruga di espressione di Renzi.
Tutti incantati davanti a quell’ometto che in tv, parafrasando Corona, sussurra:”Una volta non perdonavo, ora perdono tutti”. E che ha deciso di non farsi più chiamare Lele, ma Gabriele.
Come l’arcangelo.

P.S.
L’altra ospite del programma era Barbara D’Urso, teste della difesa di Silvio Berlusconi al processo Ruby.

Chi l’ha visto?

Il Corriere della Sera pubblica oggi un’imperdibile intervista a Barbara D’Urso che racconta nientedimenoche la sua infanzia, il suo primo bikini, il suo primo amore. E che, con la complicità della cronista, si chiede in modo quasi struggente che fine avrà fatto il suo primo fidanzatino Giampaolo Spalletta (che, lungimirante, si diede alla macchia dopo un paio di baci).

Perché Schettino è più odiato di un serial killer

L’intervista al comandante Francesco Schettino col relativo boicottaggio partito dal web è un caso che dovrebbe finire sui manuali di sociologia.
Che l’intervista sia stata pagata o no, che si sia trattato di scempiaggini propalate senza pudore o di una legittima autodifesa, resta l’enorme sproporzione tra l’odio che Schettino attira e il suo reale peso criminale. Siamo insomma davanti a un mostro in piena regola, più odiato di un serial killer.
E dire che i cattivi in tv esercitano sempre un fascino perverso. Non a caso le fasce pomeridiane dei palinsesti sono pieni di finti programmi giornalistici che esplorano le ferite più sanguinanti, ravanano nelle morbosità dei delitti più truculenti, e soprattutto intervistano frotte di assassini e presunti tali. Eppure nessuno si sogna di boicottare “La vita in diretta” o “Pomeriggio Cinque”.
Con Schettino è diverso.
Forse perché è un cattivo debole, forse perché è stato ridicolizzato dalla telefonata del “torni a bordo, cazzo”.
Sulla sua colpevolezza non ci sono dubbi, ma non è ciò che fa di lui il bersaglio ideale dell’opinione pubblica. E’ quel suo essere personaggio antipatico, come lo spaccone al quale improvvisamente cadono le brache, che lo condanna a essere più detestato di uno stupratore. Schettino è massacrato dalla stessa forza che prima ostentava e che adesso non ha più. Nulla è più forte della debolezza dell’ex forte.

La Minetti intervistata da lei medesima

Prendetevi un appunto per quando avrete un’oretta libera, magari insieme agli amici. Andate sul sito di Nicole Minetti e concedetevi una evasione dalla ragione. Troverete: un’esilarante intervista a lei, fatta presumibilmente da lei medesima, in cui a un certo punto è l’intervistata che rivolge domande all’intervistatore; un’emozionante galleria MULTIMEDIATICA; un sorprendente elenco di “attività svolte” tra cui spicca un epico “pensiero sulla giornata internazionale contro la violenza delle donne”.
Da non perdere.

 

Igiene dentale e igiene mentale

Nella ormai celebre intervista di Nicole Minetti pubblicata da Diva e Donna, a parte il lirismo di una citazione iniziale da parte dell’articolista di Cristina D’Avena, colpisce il gusto per il paradosso o, a seconda dei punti di vista, lo sprezzo della coerenza.
La consigliera regionale, travestita per l’occasione da ragazza acqua e sapone/casa e chiesa/famiglia e lavoro, dichiara:

Se fossi al suo posto (di un’ipotetica coetanea qualunque, ndr) anch’io forse penserei male della Minetti.

E’ l’unico rigurgito di realismo in righe e righe vergate con la melassa al posto dell’inchiostro.

Avrò il mio riscatto quando riuscirò a realizzare un progetto importante in politica.

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Cappellaro e cappellate

L’ultimo tormentone del web è questa intervista a Veronica Cappellaro, consigliere regionale del Lazio. Il video risale al 28 febbraio scorso e dà un’idea della solida preparazione di questa signorina che è anche presidente della Commissione Sport, Cultura e Spettacolo. Un timido giornalista le chiede qualcosa sui saldi, e lei? Lei legge la risposta. E pure male.
Ah, secondo voi di che partito è Veronica Cappellaro? E di chi sarebbe amica?

La Canalis su tutti i canali

In tv nelle ultime settimane c’è il caso imbarazzante di Elisabetta Canalis. Trascinata a forza davanti alle telecamere dalla produzione del film “A Natale mi sposo”, la bella ex velina passa da un programma all’altro biascicando qualcosa sulla pellicola che la vede nell’inopinata veste di attrice. Poi, quando l’intervistatore di turno cerca di cambiare argomento (quanti secondi di chiacchiera intellettualmente decente si possono dedicare a un cinepanettone?), la Canalis rischia di fare scena muta: di Clooney non si parla e di altro non si sa che dire.
Quando ancheggiava negli studi di “Striscia” lei faceva un figurone: ovvio, era quello il ruolo giusto. Senza offesa, una stangona bella e giovane fa sempre la sua figura quando deve interpretare il ruolo di stangona bella e giovane. Se invece la si promuove sul campo attrice o, peggio, donna di pensiero, la ragazza fa solo figure patetiche. Ovviamente mi guardo bene dal cadere nel luogo comune “bona uguale stupida”. Però nessuno mi può convincere sulla fiducia del contrario: una bona non è automaticamente una persona intellettualmente interessante.