La spending review applicata alla grammatica

 

Come non si scrive

L’esempio che vi sottopongo mi sembra cruciale per dare un’idea della realtà del web in Italia.
C’è un sito, l’Huffington Post, che propone un’ampia varietà di contenuti.
C’è la voglia di imitare un format americano di grande successo.
C’è il vezzo di portare testimonianze che dovrebbero risaltare non per il valore della testimonianza stessa, ma per la figura che la propone.
C’è un gran lavoro di Seo, con una perfetta indicizzazione.
Manca solo una cosa: la qualità del testo.
Perché l’ortografia e la solidità degli argomenti non sono un bug di sistema.
Ecco, leggete questo pezzo della columnist dell’Huffington Post Italia, Anna Kanakis, e ditemi se non è da manuale. Per come non si scrive.

Perseverare è diabolico

Foto da diPalermo.it

I cartelloni pubblicitari del circo Città di Roma, in questi giorni a Palermo, contengono uno strafalcione poderoso. Il bello è che già nel 2008 ci eravamo occupati di questo caso: stesso circo, stesso manifesto, stesso errore.
Non sono bastati tre anni per togliere un apostrofo di troppo. Ma abbiamo fiducia…

Mai più casual

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di Raffaella Catalano

Ricevo questa mail pubblicitaria:
“La nostra società, commercializza e confeziona olio extra vergine di oliva, olio di alta qualità,proveniente dalle olive coltivate e raccolte nella Regione Sicilia, olive, da noi selezionate , e raccolte nel periodo di ottobre e novembre di hanno solare, ottenendo un prodotto di poca resa ma di altissima qualità organolettica, avendo un acidità bassa che consente di usare l’olio sia per i piatti freddi che per i piatti caldi, e un prodotto che si può usare sia per frittura essendo di baso contenuto di colesterolo”.
Segue una descrizione per punti delle caratteristiche del servizio offerto, di cui vi riporto solo alcune voci:
·        spedizione in tutta Italia, spese esluse.
·        consegna entro 7 giorni da l’ordine
·        pagamento contrasegno,
·        campione gratuito per assagio

A tutti gli strafalcioni che avete letto, si aggiungono quelli meno evidenti ma non meno gravi: la punteggiatura, che definirei come minimo “casual”, gli spazi mancanti o in eccesso e le numerose ripetizioni.
Questo per dire a cosa servirebbe il lavoro di un editor o anche solo di un correttore di bozze. E non per tirare acqua al mio mulino, ma perché credo che dovrebbero informarsi soprattutto le aziende e dotarsi di un professionista del settore. Di boiate così ne leggo ogni giorno (e forse sarà capitato anche a voi) sulle confezioni e sulle etichette di infiniti prodotti di industrie anche notissime: pasta, cosmetici, jeans, passate di pomodoro. Per non parlare di siti, riviste, dépliant, volantini promozionali, progetti d’architettura, insegne e quant’altro.
Non sono un’esperta di marketing, ma credo che per vendere bene un prodotto lo si debba presentare in modo adeguato e che per essere credibili sia fondamentale comunicare correttamente. Pensare che una piccola o grande azienda sconosca l’italiano o lo prenda sottogamba mi fa rabbrividire. E a volte sghignazzare.