Clooney e un film indeciso

Ieri ho visto “Le idi di marzo” di George Clooney. Dichiaro subito il mio voto,  6 meno.
Il film, che arriva con squilli di tromba e rulli di tamburi per le nomination ai Golden Globe, è un po’ lento, ma non è questo il suo difetto (se fosse la velocità il requisito fondamentale, “Vacanze di Natale” sarebbe stato candidato all’Oscar).
In realtà “Le idi di marzo” è un’opera indecisa. Viene presentata come un thriller, pur non avendo nulla di thriller. E’ ambientata nei territori della politica e non racconta nulla di nuovo. Il meccanismo narrativo ha un perno (di cui non posso dire, per non svelare il finale) che uno spettatore medio può smontare dopo i primi venti minuti: nel senso che si capisce dove si andrà a parare.  Inoltre non c’è azione, non c’è sorpresa.
Allora, direte voi, perché un sei meno e non un tre?
Perché è girato bene, con cura molto americana.
Ma nulla di più.

L’oro di Eli

 

Tutti quanti viviamo momenti brutti. E, se ci fate caso, nei periodi di difficoltà è come se qualcuno ci avesse messo in tasca un’invisibile calamita che attira i guai e le seccature più ferrose. C’è chi la chiama sfiga, e chi invoca la legge di Murphy.
Poi c’è la solita eccezione che ti fa girare i bottoni. Per la povera Elisabetta Canalis mollata davanti agli occhi del mondo da George Clooney non esiste la calamita, la sfiga ha una consonante di troppo e Murphy potrebbe essere una marca di vestiti sportivi. Prima, quando stava con George, per una sfilata di moda prendeva 10 mila euro, ora ne prende 50 mila. Per un’intervista televisiva bastano 40 mila euro. Per la partecipazione a un cinepanettone 300 mila. Una foto con un nuovo partner vale fino a 200 mila euro. E uno scatto di nuovo con Clooney fino a 500 mila.

Esiste una calamita che attira l’oro?

La Canalis su tutti i canali

In tv nelle ultime settimane c’è il caso imbarazzante di Elisabetta Canalis. Trascinata a forza davanti alle telecamere dalla produzione del film “A Natale mi sposo”, la bella ex velina passa da un programma all’altro biascicando qualcosa sulla pellicola che la vede nell’inopinata veste di attrice. Poi, quando l’intervistatore di turno cerca di cambiare argomento (quanti secondi di chiacchiera intellettualmente decente si possono dedicare a un cinepanettone?), la Canalis rischia di fare scena muta: di Clooney non si parla e di altro non si sa che dire.
Quando ancheggiava negli studi di “Striscia” lei faceva un figurone: ovvio, era quello il ruolo giusto. Senza offesa, una stangona bella e giovane fa sempre la sua figura quando deve interpretare il ruolo di stangona bella e giovane. Se invece la si promuove sul campo attrice o, peggio, donna di pensiero, la ragazza fa solo figure patetiche. Ovviamente mi guardo bene dal cadere nel luogo comune “bona uguale stupida”. Però nessuno mi può convincere sulla fiducia del contrario: una bona non è automaticamente una persona intellettualmente interessante.

Il quarto vizio capitale

 

L’attimino fuggente
di Giacomo Cacciatore

Su “Vanity Fair” Elisabetta Canalis parla finalmente (finalmente?) del suo rapporto con George Clooney. E ne approfitta anche per rispondere alle critiche sul suo esordio da attrice negli Stati Uniti – in un telefilm intitolato “Leverage” – sollevate da un blog americano e prontamente riprese dai giornali italiani. Proprio ai connazionali la bella sarda si rivolge, tacciandoli di inveterata (indovinate che?) invidia.
Non che mi aspettassi originalità, ma qualche riferimento in più a campagne d’odio che sfigurano il tenue azzurro-cielo dell’amore, quello sì. Non disperiamo. Ci siamo quasi. Prima o poi anche Elisabetta saprà mettersi al passo con i tempi.

Pensiero stupendo

canalis corriere dello sport

Da Corrieredellosport.it.