Lost, i passeggeri non erano tutti morti sin dall’inizio

No, non è vero che i passeggeri del volo Oceanic 815, ovvero i mitici protagonisti di Lost, erano tutti morti sin dall’inizio. Le risposte cruciali sul controverso finale della celebre serie televisiva, di cui abbiamo già parlato, sono arrivate qualche giorno fa durante una reunion per il decennale del capolavoro di  Lost.  Due autori, Carlton Cuse e Damon Lindelof, hanno raccontato molti retroscena dell’opera e soprattutto hanno affrontato il nodo del finale e delle sue possibili interpretazioni. Ecco, grazie a Linkiesta, uno stralcio delle loro dichiarazioni .

 No, no… I passeggeri non erano morti fin dall’inizio.

 Lost è una serie su delle persone che stanno su un’isola in mezzo al nulla ma, metaforicamente, è anche una serie su delle persone che sono perse e che stanno cercando una redenzione, un significato e un senso alle loro vite. Più parlavamo del finale di Lost più ci rendevamo conto che doveva essere qualcosa di spirituale. Doveva parlare del viaggio di queste persone e del loro destino. Non era una singola idea, erano una serie di conversazioni che ci portavamo dietro. Io e Demon facevamo colazione nel mio ufficio ogni giorno e facevamo delle lunghe conversazioni sulla natura della serie, sul destino, su cosa significano tutte le nostre storie e su come siamo tutti qui ad aiutarci gli uni con gli altri nelle nostre vite. Volevamo che la serie riflettesse le cose in cui credevamo, i nostri desideri, le nostre speranze e i nostri sogni.

Una delle teorie che gli spettatori si sono tirati dietro più a lungo era l’idea che Lost fosse una specie di purgatorio. Noi continuavamo a dire: ‘Non è un purgatorio. Tutte queste cose stanno davvero succedendo, queste persone sono davvero sull’isola, stanno vivendo queste cose. Non faremo come ne Il Sesto Senso’. Ma comunque gli spettatori percepivano Lost in quel modo. E anche noi. Sentivamo che la serie dovesse essere metatestuale in questo senso. Noi sceneggiatori abbiamo la tendenza a diventare molto pretenziosi quando siamo tra di noi e abbiamo iniziato a dire: ‘Ovviamente ci sono tutti questi misteri riguardo alla serie. Non sarebbe bellissimo se nell’episodio finale di Lost rispondessimo a delle domande che la serie non ha mai sollevato? Ad esempio — non so — quale è il significato della vita e cosa succede quando moriamo?’. Tutto questo succedeva tra la terza e la quarta stagione mentre stavamo iniziando a pensare al finale. Sapevamo che la stagione quattro sarebbe stata fatta coi flashforward (i salti in avanti), sapevamo che la stagione cinque sarebbe stata con l’isola che si spostava nello spazio e nel tempo, ma non sapevamo cosa avremmo fatto con la stagione sei. Avevamo finito i flashback e avevamo finito con i flashforward. Volevamo che la stagione fosse ambientata nel presente. Cosa fare? Abbiamo avuto l’idea di inserire una realtà alternativa basata sul fatto che Juliet fa esplodere la bomba e crea un mondo in cui il volo Oceanic 815 non è mai caduto sull’isola e che, in realtà, è una parabola sull’aldilà.

Lo gioia dopo la tempesta

Dopo la delusione della notte romana, ma con la gioia del risveglio milanese, mi prendo qualche giorno di riposo al di là delle Alpi.
Comportatevi bene.

Una noia mondiale


Credo che questi mondiali di poco calcio e di molti sbadigli possano essere archiviati senza rimpianti.
Una finale noiosa ha certificato lo stato di salute del football mondiale, una specie di animale con uno stomaco ipertrofico e le zampe corte.
Qual è la morale? Vincono le pochissime squadre che scommettono sui giovani, e non è poi una grande scoperta. Solo il nostro Lippi aveva la presunzione non dico di vincere ma di giocare con una formazione in avanzato stato di decomposizione.
Mi pare, ma posso sbagliare, che il calcio planetario sia in overdose di tecnica e di strategia: insomma è sempre meno sport e, quel che è peggio, è sempre meno giocato sul campo. Gli schemi prevalgono sull’inventiva, la moltiplicazione di telecamere ci dice tutto su ogni singolo filo d’erba ma non può regalare allo spettacolo la fantasia che non c’è.
Persino in Olanda-Spagna, cioè nella finale della coppa del mondo (la partita più importante degli ultimi quattro anni) ci si è dovuti arrendere al black-out del divertimento, fatta eccezione per qualche sussulto sotto porta o qualche calcione olandese sul petto degli avversari.
E quando alla fine è arrivato il gol della Spagna, gran parte del mondo ha gioito. Perché finalmente era finita.