Battisti, che ci canti?

Ieri sera Cesare Battisti a “Le iene”, con la sua cantilena da o gege o gege, ha parlato come un furbo, in stile mafioso, a un popolo di presunti imbecilli, con argomenti da analfabeta e ragionamenti da terrorista. In pochi minuti insomma è riuscito inconsapevolmente a smontare quello che secondo lui e i suoi accoliti sarebbe un immane complotto.
Dice, infatti, Battisti di non essere mai stato ascoltato dai giudici che lo hanno condannato. Certo, se non fosse scappato lo avrebbero sentito, eccome. Da lì una valanga di minchiate: non ho mai sparato, mai ucciso, c’erano tanti di quelli che facevano la lotta armata e giusto a me devono incolpare… Se fossero dialoghi di uno dei suoi romanzi, scommetto che lo stesso Battisti li disconoscerebbe per mancanza di plausibilità. Ma uno che spara e ammazza e che poi senza nemmeno lavarsi le mani accarezza la tastiera di un computer per scrivere libri non può fermarsi davanti a simili sottigliezze. L’arte è invenzione, creatività, volo… per l’estero, sola andata.

Date a Cesare quel che è di Battisti

Da anni cerco qualcuno o qualcosa che mi convinca del fatto che, in fondo, è giusto liberare un assassino.
Al momento però fin quando  non mi verrà puntata una pistola alla schiena – vivendo in Italia e non in Brasile – nessuno riuscirà a estorcermi una folle intenzione: resto dell’idea che un delitto è un delitto a qualunque latitudine. Insomma, tra gli ideologi di una sinistra complottista e i parenti delle vittime scelgo quest’ultimi.

A Cesare quel che è di Cesare

Quello che sta accadendo per il caso di Cesare Battisti è un tipico esempio di ubriacatura da superficialità collettiva. Che produce errori da una parte e dall’altra, col risultato di estremizzare sempre più le posizioni.
Infatti se andate a vedere chi sono i protagonisti più agguerriti dello scontro vi accorgerete che non c’è spazio per un moderato ragionamento tra i finto-giustizialisti più agguerriti e gli pseudo-intellettuali più radicali. I primi brandiscono la clava di una linea dura che riguarda tutti tranne che il loro capo (uno che le leggi se le fa fare su misura, come gli abiti). Gli altri si agitano sui sentieri del ragionamento evitando di fare i conti con le strettoie del diritto.
Quel che, mi pare, manchi è quel pizzico di logica che, come sempre, riconcilia i furori con la ragione.
Battisti ha condanne in contumacia all’ergastolo per quattro omicidi. In almeno un paio di casi – a dire degli innocentisti – c’è qualche ombra nella ricostruzione giudiziaria. Attenzione: siamo davanti a sentenze definitive, quindi vagliate da decine di giudici.
Due considerazioni.
Se anche in un caso – il delitto Torreggiani –  ci fossero dubbi sul reale coinvolgimento del condannato, rimarrebbero gli altri omicidi a giustificare la pena da scontare.
Se anche in un caso – il delitto Torreggiani o qualsiasi degli altri – si fosse verificato un errore giudiziario, bassissima (se non inesistente) sarebbe la possibilità di una ripetizione ossessiva dello stesso errore.
La tesi degli innocentisti porta, senza mai nominarla apertamente, alla congiura. A una sorta di ordine di Stato per incastrare Cesare Battisti. Tesi sconclusionata data la caratura del personaggio. Se proprio si fosse voluto prendere un capro espiatorio non si sarebbe scelto un delinquentello rapinatore conclamato. Si sarebbe puntato decisamente più in alto.
La tesi dei giustizialisti è viziata da un peccato originale: quello di un doppiopesismo ridicolo, con una legge che deve essere dura per alcuni e impalpabile per pochi altri.
In realtà – ne avevamo parlato un paio d’anni fa – ci sarebbe solo da mandare ognuno al proprio posto: Battisti in galera, perché, se anche fosse un perseguitato, di quattro omicidi ne avrebbe commesso almeno uno (e non parliamo di bruscolini); gli intellettuali (o pseudotali) fuori dall’arena; i politicanti fuori dalle scatole.
Insomma ci sarebbe da dare a Cesare quel che è di Cesare.

Una giornata uggiosa (per lui)

Ieri Cesare Battisti ha dovuto incassare il primo sì per la sua estradizione in Italia.