Il mestiere di un prete

ersilio_tonini
Del cardinale Ersilio Tonini ho un ricordo nitido.
Anni Novanta, a Palermo un piccolo prete di frontiera, di quelli dritti e un po’ ingenui, di quelli che non avrebbero mai fatto carriera, era finito nei guai perché la polizia aveva scoperto un suo rapporto epistolare con un mafioso latitante: il boss preso da una crisi mistica parlava con lui di Dio, delle Scritture, e il prete cercava di convincerlo a costituirsi con parole semplici e oggettivamente inequivocabili. La polizia voleva affibbiargli forse responsabilità che francamente non aveva, ma erano tempi difficili sul fronte della lotta alla mafia e i nervi saltavano facilmente.
La Chiesa palermitana, allora retta da uno che chiamava i giornali per imporre di pubblicare una sua particolare foto (in cui si riconosceva ecumenicamente fotogenico), aveva “venduto” il piccolo prete all’opinione pubblica bollandolo come uno da cui i buoni cristiani avrebbero dovuto stare alla larga.
Cercavo un controcanto a queste posizioni che giudicavo grette e pericolose e, consigliato da un collega, chiamai Tonini per chiedergli se voleva dire qualcosa in merito. Lui fu schietto e immediato, come nel suo stile: “Io, prete, vado da chiunque abbia bisogno di Dio e della sua parola. E non me ne frega niente di chi sia la persona che chiede il mio aiuto, l’importante è che io sia lì ad aiutarlo”.
Ecco, anche questo era Ersilio Tonini.