Cammarata e il delitto perfetto

diego cammarata palermo

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

Si dice: non esiste il delitto perfetto, esistono investigatori distratti. Eppure a leggere le motivazioni della sentenza emessa dalla quarta sezione della Corte d’Appello di Palermo sul crac dell’Amia, c’è da rimanere a bocca aperta. Il delitto perfetto esiste ed è stato consumato una decina di anni fa sotto gli occhi di tanti testimoni quanti sono gli abitanti di questa città.
L’ex presidente dell’Amia Enzo Galioto e l’ex direttore generale Orazio Colimberti pur essendo ritenuti responsabili di un falso in bilancio da 61 milioni di euro – “artefici in prima persona”, scrivono i giudici – se la sono fatta franca. E chi ha reso possibile tutto ciò? I giudici non hanno dubbi: l’ex sindaco Diego Cammarata, che nominò e riconfermò quei dirigenti, che li coprì nelle loro malefatte –  “Il Comune condivise totalmente le scelte operate dagli imputati”, è scritto nella sentenza – e che li mise al riparo dalla legge rifiutandosi di presentare querela e evitando così il prolungamento dei tempi di prescrizione.
Se fosse un libro potrebbe essere qualcosa di simile ad “Assassinio sull’Orient Express” di Agatha Christie. Nel romanzo un uomo viene ucciso sul treno che viaggia da Istanbul a Londra. Hercule Poirot indaga e scopre che i colpevoli sono tutti i dodici occupanti del vagone e che, soprattutto, la vittima meritava una sorte così atroce. E’ per questo che alla fine l’investigatore decide di sposare un’altra verità, più comoda e forse giusta, attribuendo il delitto a una mano sconosciuta che non verrà mai identificata. Una versione più pura e meno bavosa di quel luogo comune che oggi rimbalza nelle bocche di molti inquisiti: tutti colpevoli, nessun colpevole. Continua a leggere Cammarata e il delitto perfetto

Due anni e la noia

Due anni fa scrivevamo in queste pagine della vicenda Amia e del senatore Enzo Galioto. Oggi questo signore è stato condannato per falso in bilancio e false comunicazioni sociali e se la farà franca perché come avevamo previsto, sempre due anni fa, colui il quale doveva denunciarlo come parte lesa era un suo compare di partito e, peggio ancora, era anche colui che lo aveva piazzato in quel posto chiave. Quindi niente denuncia e vai con la prescrizione.
Il dramma è che un tempo cresceva l’indignazione, oggi sale solo la noia.

Domande (di moda)

domande

Grazie a “la Repubblica” le domande sono tornate di moda. Ed è un segno di decadenza morale che si debba inquadrare come trend qualcosa che dovrebbe essere naturale.
Chiedere è umano, non farlo è umanamente preoccupante.
Comunque, ecco le mie domande. Fatene quel che volete.

  1. Com’è possibile che un dittatore venga in Italia a dare lezioni di storia e di democrazia?
  2. Su quali basi una facoltà universitaria ha proposto per quel dittatore una laurea honoris causa in giurisprudenza?
  3. Perché a Niccolò Ghedini devo pagare lo stipendio di parlamentare quando ha già quello che gli versa il presidente del Consiglio (che a sua volta è pagato da me)?
  4. Perché il logo per promuovere l’Italia nel mondo non è scritto in italiano?
  5. Quale mente insana può ritenere che una legge che imbavaglia i giornali sia fatta nel nome del popolo?
  6. Quali sono, se ci sono, le ragioni intelligibili del senatore Enzo Galioto sulle ruberie dell’Amia di Palermo?
  7. Come si fa a spiegare a un amministratore pubblico/esponente politico che quando un privato cittadino gli rivolge una domanda, lui è tenuto a rispondere per il semplice fatto che chi gli sta parlando è il suo datore di lavoro?