Coronavino

Faccio parte della generazione cresciuta con la pubblicità del “brandy che crea l’atmosfera” e che si domanda ancora com’è che con la Vecchia Romagna Etichetta Nera (che oltre a creare l’atmosfera consumava il fegato) finivi sulla vetrina di Carosello e con un grammo di marijuana finivi in commissariato. Siamo figli di molti errori, a partire da una mela, un albero e un serpente, roba che poteva essere l’incipit di una barzelletta e invece diventò il principio dell’umanità o giù di lì.

Ora, in questo mondo in cui per concederti due passi sotto casa devi avere un cane o un figlioletto perché senza sei un pericoloso criminale (più che se li avessi e li picchiassi), si scopre che il vino non è un bene necessario.

In vita mia ho sempre diffidato degli astemi militanti, cioè quelli che non si limitano a stare lontano dagli alcolici ma professano orgogliosi i motivi della loro scelta pretendendo di fare proseliti. Ciò significa che ognuno ha i suoi difetti, e il non bere vino è per me questione pregiudiziale quando scelgo una persona con cui andare a cena, ma anche che la più irritante delle presunzioni è quella da eleggere come manifesto. Il vino piace o meno, ma il piacer meno non può essere né motivo di orgoglio né elemento di discriminazione a mezzo decreto.

Il vino c’era quando il migliore di noi, uno che la sapeva lunga, spartì l’ultimo pasto con il mascalzone che lo avrebbe tradito prima del dessert. C’era quando gli artisti che avrebbero preso la fantasia del mondo sulle loro spalle scelsero di intrappolare un’idea su carta, tela o marmo. C’era quando la storia si accontentò di un paio di firme per deviare il suo corso. C’era al primo appuntamento di due innamorati e all’ultimo pasto del condannato. C’era ieri che sembrava un’altra vita e c’è oggi che non vediamo ancora un’altra vita.

Vietarlo incidentalmente non considerandolo degno di un’uscita regolamentata – allineati al supermercato come pedine su una scacchiera sperando che non sbuchi un alfiere in mascherina a mangiarci – è una carognata infame come solo certi burocrati possono immaginare. È una ragione in più per difendersi dalla presunzione di chi non sa, non vuole sapere, vuole calpestare chi sa. E per scolpire nel muro dell’eternità il vecchio adagio: bevo per rendere gli altri interessanti.

Divieto di kebab

kebabIn Lombardia non si potrà più mangiare per strada un gelato, un trancio di pizza o – nel nome del Padre, del figlio… – alimenti rivoluzionari come il kebab.
Ecco, in esclusiva, i prossimi provvedimenti della giunta Formigoni.
Vietato fumare con la mano sinistra (fumare fa male, farlo con la mano sinistra sarà considerato un atto da bolscevichi).
Vietato camminare sul marciapiede se si è bassi di statura (altrimenti i tornelli per il controllo dello shopping potrebbero essere facilmente aggirati, dal provvedimento saranno esclusi i membri di governo).
Vietato incontrarsi in luoghi pubblici senza un’autorizzazione del Ministero degli Interni (l’accusa di adunata sediziosa scatterà anche quando si incrocierà uno sconosciuto).
Vietato bisbigliare (anche le frasi più intime dovranno essere scandite con voce chiara e tonante, possibilmente sull’attenti e guardando verso nord).
Vietato pensare ai fatti propri quando si passa davanti a una chiesa (per incoraggiare una sana riflessione cristiana verranno distribuite dai parroci ostie da asporto, quelle sì, potranno essere consumate per strada).