Prove di Libero dialetto

libero2

libero1

Libero.it sta pensando a una home page in dialetto?

Grazie a Raffaella Catalano.

Pensiamo al futuro

L'illustrazione è di Gianni Allegra
L'illustrazione è di Gianni Allegra

La questione è quella, ricorrente e inutile come l’appello all’unità dei cattolici, del dialetto nelle scuole. Ne abbiamo parlato ieri e voglio aggiungere un paio di considerazioni.
Detta brutalmente, a me del siciliano insegnato in una scuola media di Partinico o del piemontese insegnato in una scuola di Chivasso non me frega niente. Perché ho 46 anni, vivo nel 2009, lavoro in un’epoca in cui ti becchi un licenziamento come se fosse un raffreddore, voglio leggere quanta più roba possibile, e soprattutto non mi piace perdere tempo in discussioni inutili.
Le tradizioni sono meravigliose quando c’è l’occasione di ammirarle, valorizzarle, coltivarle. Quando i tempi sono difficili e le connessioni necessarie per campare sono complicate, le tradizioni possono tornare serenamente sugli scaffali. Anche perché ogni progetto pubblico ad esse collegato costa un botto di denari.
Rastrellando le idee utili ci si può accorgere che, oggi come oggi, non è più la storia l’unica chiave di lettura del presente. Il galoppo dell’innovazione ha cambiato i parametri dell’apprendimento. Per capire quel che accade in questo preciso momento bisogna guardare avanti: è finita l’epoca in cui ci si faceva strada col passato. E’, se vogliamo, una delle controindicazioni della globalizzazione: se si è tutti virtualmente più vicini, si è tutti meno diversi, si ha la necessità di parlare lingue comuni e non tutte fatte di parole.
Il futuro non c’entra nulla con ciuri ciuri o funiculì funiculà. Il futuro, e soprattutto il destino lavorativo, parlano le lingue più diffuse del pianeta: l’inglese, l’arabo, il cinese, il francese, lo spagnolo. Non il trentino, non il sardo, non il lombardo, non il siciliano.
Bossi e gli altri geni della politica dovrebbero capire che in un paese moderno non è possibile che un cittadino italiano laureato conosca meno lingue di un qualunque straniero immigrato (clandestino e non). A scuola, sin dalla prima elementare, bisognerebbe insegnare la lingua italiana – che è una sola e meravigliosa – e almeno una lingua straniera. Senza altri bla bla e, scusate, senza ulteriori cazzate.

Ma sui dialetti la Lega non ha torto

L'illustrazione è di Gianni Allegra
L'illustrazione è di Gianni Allegra

di Roberto Puglisi

Se uno toglie il superfluo, il polemico, l’inutile, magari riconoscerà che l’idea leghista di insegnare il dialetto a scuola tanto malvagia non è. E non lo è perché l’identità regionale non deve essere per forza una pistola puntata contro l’unità nazionale. Capisco l’obiezione diabolica, ciò che dicono i vari Bossi e Calderoli si fa fatica a considerarlo un semplice contributo al dibattito accademico, fornito con sincero spirito di collaborazione. E questo perché è sempre meglio non fidarsi degli zecchini d’oro promessi dal gatto e dalla volpe. Ma se la cittadinanza è un elemento di civiltà sovranazionale, perché ognuno può diventare cittadino del mondo o di un luogo senza per forza l’obbligo della culla, l’appartenenza alla terra si iscrive a visceri e sentimenti diversi. Possiamo negarlo finché si vuole, il legame. Esiste comunque. E a far parte di una Nazione – senza che questo implichi per forza parate militari o discorsi al balcone – si impara da piccoli, mangiandone e bevendo i frutti della terra. Che insegnano la peculiarità di ogni discendenza (il dialetto) in un disegno (lingua) più grande. E’ un passaggio obbligato. Non possiamo dirci italiani, se non impariamo a dirci siciliani. Se non consideriamo che il locale e il generale non devono sfinirsi e  lottare per sempre, se di mezzo c’è il filtro dell’intelligenza. Perfino il Carroccio e la Coppola, il “Minga” e il “Cu è” possono andare a braccetto, fino ad amalgamarsi – senza sperdersi – nello stesso riflesso unitario.

Sottotitoli

zaia_montalbano

Da Gianfalco.

Al ministro Luca Zaia piacerebbe che le fiction della Rai fossero in dialetto, o coi sottotitoli.