Ai confini dell’irrealtà

In principio erano due italiani. Poi sono diventati due dell’est europeo. Ora sono due magrebini. Le notizie sui due assassini del barista cinese di Roma e della sua figlioletta sono degne di ampia citazione nell’almanacco delle schizofrenie giornalistiche di casa nostra.
Da una parte la macchina investigativa, coi suoi tempi, dall’altra il circo mediatico, con la sua fretta.
Ci sono giornalisti – personalmente ne conosco diversi – che leggono (?) il pensiero dell’investigatore, lo innestano (!) nell’aspettativa del lettore e fanno germinare una realtà che non scontenta nessuno, ad eccezione delle vittime (che notoriamente non chiedono rettifica).
Nel caso del delitto di Roma non sono in discussione l’incertezza degli identikit e le conseguenti difficoltà nella cattura dei colpevoli, ma la perentorietà con la quale cronisti e redattori imbastiscono versioni che, di minuto in minuto, si squagliano come il gelato al sole di agosto.
Non c’è nulla di strano a scrivere delle ipotesi investigative. L’importante è non sorpassarle a destra in termini di veridicità, con la presunzione di raccontare la storia prima ancora che essa nasca.
Ho il terrore che arrivi un giorno in cui la realtà sia plasmata sul suo resoconto: e ciò che temo – lo confesso – non è tanto l’ingiustizia, ma la noia.

Scazzi amari

Sarah Scazzi scompare da un paese sconosciuto chiamato Avetrana e di lei si perdono le tracce per un mese e mezzo, si pensa a una fuga, si arriva a incolpare Facebook, poi si scopre che ad ammazzarla è stato lo zio Michele che l’avrebbe anche violentata da morta, poiché da viva lei non gli si concedeva, e che viene arrestato mentre la madre della vittima in tv sta lanciando l’ennesimo appello per ritrovare sua figlia il cui corpo viene effettivamente rinvenuto in un pozzo oscuro come il crimine di un caso inestricabile in cui ci sono troppi testimoni sotto i riflettori, ognuno con la propria verità, come la figlia dell’assassino, Sabrina, che viene accusata di complicità nel delitto perchè avrebbe avuto nei confronti di Sarah un’invidia per questioni sentimentali o come una sua amica, Mariangela, che parla coi magistrati e inguaia Sabrina senza però chiudere il cerchio perché prima zio Michele confessa di avere ucciso da solo, poi si corregge  dicendo di aver ucciso insieme alla figlia Sabrina, infine rivela di averla solo aiutata, la figlia, e di non aver torto un capello alla povera Sarah, ma di averla solo seppellita (mentre in realtà l’unica certezza è che sta cercando di seppellire la figlia).

To be continued.