L’uomo squadra

Berlusconi

Le due squadre di calcio sono schierate sul campo. Da un lato ci sono undici giocatori, dall’altro ce n’è uno solo.
Gli undici sanno che perderanno. E senza mai dare un calcio al pallone.
Tutt’intorno non c’è nessuno, si gioca a porte chiuse. Il pubblico disturberebbe l’uomo che si è fatto moltitudine. Mancano pure arbitro e guardalinee: sono stati aboliti perché non c’erano più regole da (far) rispettare. Di conseguenza non c’è né fischio di inizio né fischio finale. La partita si svolge solo nella sua apparenza statica: gli atleti ben disposti sul prato, il pallone nuovo, le maglie linde, l’aria ferma come tutto il resto. Si rimane tutti così fino a quando l’uomo-moltitudine vuole, possono trascorrere minuti oppure ore.
Stop.
Ora fate finta che lo stadio sia il parlamento italiano, che la squadra di undici giocatori sia l’opposizione e che l’uomo-moltitudine sia Silvio Berlusconi. Gli arbitri ovviamente sono i magistrati, il pubblico siamo noi.
Che partita politica e che esercizio democratico sono mai possibili con un governo che usa la fiducia come il ladro il piede di porco? Che futuro si prospetta per chi ritiene che non ci siano regole migliori e regole peggiori, ma semplicemente regole da rispettare? Quando sarà possibile ripristinare uno stato di diritto in cui le leggi non si cambiano dall’oggi al domani se diventano scomode per qualcuno?
E soprattutto, quando inizierà la partita vera?